22.05.2025 - NAPALM DEATH + CROWBAR + FULL OF HELL + BRAT @ Hall - Padova

Pubblicato il 27/02/2025 da

Report di Denis Bonetti
Fotografie di Enrico Dal Boni

“Campaign For Musical Destruction” non è un nome di un tour qualsiasi, ma ormai una vera e propria tradizione che i Napalm Death portano avanti da tempo immemore, con i nomi coinvolti, nel corso degli anni, davvero di numero e prestigio elevato.
Negli anni più recenti inoltre, l’ormai storica iniziativa ha acquisito un valore aggiunto, a nostro avviso, ovvero la ricerca gli opener ‘giusti’.; nell’ultima decade, infatti, negli slot bassi si sono alternati nomi come Power Trip, Primitive Man, Wormrot, Iron Reagan, tutte piccole realtà che sono poi spesso cresciute a dismisura o che hanno comunque sempre mostrato qualità musicali notevoli.
Incuriositi stavolta principalmente dagli americani Brat e dai veterani Crowbar, che non vedevamo da tempo, abbiamo deciso di partecipare alla tappa italiana in quel di Padova, sicuri tanto della resa sonora dei Full Of Hell quanto del buono stato di forma dei Napalm Death, come abbiamo avuto modo di constatare varie volte anche durante il 2024.

Si comincia molto presto all’Hall di Padova, locale con una capienza di circa mille persone che già alle sei e mezza mostra un certo movimento. I primi a salire sul palco sono i BRAT, nuova death metal band da New Orleans con alcune caratteristiche interessanti: un batterista decisamente imponente, una minuta cantante biondissima, un logo rosa e una serie di video ufficiali ad alto tasso di ironia.
Musicalmente siamo nei territori di quel nuovo death/grind proposto da musicisti molto giovani che si rifanno – senza starlo troppo a nascondere – alla tradizione del genere. Si sentono quindi Obituary, Massacre, del thrashcore di base come quello di Enforced o Power Trip e perfino qualche spruzzata di grindcore vecchia maniera.
Ciò che colpisce è la disinvoltura e l’autoironia dei nostri, che introducono le varie canzoni con intro prese dal più truce pop anni Novanta; sulla stessa linea è la cover di “Barracuda” delle Heart, resa in modo più che soddisfacente.
I quattro rimangono sul palco per una mezz’oretta e sparano i pezzi più notevoli dal loro disco di debutto “Social Grace”. Buone le prove individuali, soprattutto la grinta della biondissima Liz. A seguire tutto il loro set c’è già un buon numero di persone che è rimasto, a nostro avviso, come minimo sorpreso.

Mentre attendiamo l’arrivo dei FULL OF HELL, ci prendiamo del tempo per guardarci attorno e rimaniamo piacevolmente stupiti dalla varietà del pubblico presente in termini di età. Per una volta tanto, a fianco di parecchi cinquantenni che probabilmente seguono i Napalm Death un po’ da sempre e forse sono qui anche solo per i pezzi della prima parte di carriera, si scorgono parecchi giovani poco più che ventenni, oltre ad un buona fascia d’età intermedia.
In un locale che arriverà a contenere ottocentocinquanta persone per lo show di Barney e soci, è una bella sorpresa quindi vedere contemporaneamente magliette molto recenti di Fulci o Suffocation a fianco di t-shirt veramente vintage dei Napalm Death epoca “Utopia Banished”.
Attorno alle sette e mezza è già ora dei Full Of Hell, visti da chi scrive un paio di anni fa in una situazione particolare come quella del DEV Death Fest insieme a Rotten Sound, Celeste e Sanguisugabogg.
In quella serata gli americani non avevano brillato particolarmente a causa dei suoni impastatissimi, quindi speriamo in una perfomance migliore. Siamo presto accontentati  e veniamo travolti dall’impatto grindcore dei nostri, stavolta supportato fortunatamente da suoni adeguati. La scaletta proposta si concentra sugli ultimi lavori, rappresentando bene “Garden Of Burning Apparitions” e “Coagulated Bliss”; anche se il set si apre riportandoci, con “Deluminate”, ai tempi di “Trumpeting Ecstasy”, per noi ancora il momento più alto della carriera dei Full Of Hell. La loro presenza in questo tipo di tour è efficace anche da un punto di vista simbolico: basta guardare le performance sul palco per comprendere come siano sì in debito con la vecchia scuola grindcore – le urla belluine di Dylan Walker o la sezione ritmica – ma anche con il grindcore dissonante e venato di post-core che si è sviluppato nel tempo, come l’approccio noise alla chitarra di Gabe Solomon – che sostituisce dal vivo Spencer Hazard e a noi ha ricordato Scott Hull – o l’attitudine e il look hardcore dello stesso Dylan, visivamente molto più vicino a un Ian McKaye.
In relazione alla componente più moderna e dissonante, nonostante un set piacevole, anche stavolta i loop, gli effetti e le peculiarità elettroniche lanciate dal palco da Dylan Walker rimangono in secondo piano. E’ un peccato, perché sono piccoli dettagli che su disco nel tempo hanno dato qualcosa in più all’identità della band.

La curiosità di rivedere i CROWBAR era tanta. La creatura di Kirk Windstein, ormai unico membro originale, non si è mai fermata negli anni, ma è indubbio che ci siano stati periodi migliori di altri: “Zero And Below” del 2022 non è stato certo un disco che ha rivoluzionato un genere, ma ha permesso al gruppo di rimettersi in moto come si deve.
Già al Brutal Assault del 2023 la band ci aveva fatto una buona impressione e in quel di Padova ne abbiamo avuto un’ulteriore conferma: la scaletta è molto varia con brani un po’ da ogni periodo, compresi alcuni estratti da quell’album auto-intitolato che consideriamo tuttora una pietra angolare dello sludge metal. Non è un caso che, nella parte del merchandise, siano rispuntate delle essenziali longsleeve dello stesso “Crowbar” e di “Time Heals Nothing” (un acquisto quasi obbligato, se vogliamo).
I Crowbar rappresentano per noi oggi un modo di intendere il metal essenziale, genuino e iconico: tutto viene convogliato verso l’ascoltatore tramite riff poderosi e immediati, voce sgraziata e sezione ritmica puntuale. Il buon Kirk non è sicuramente un giovanotto, ma tiene il palco ancora in maniera ottimale e il tempo a loro concesso trascorre veloce. Quello che vediamo sul palco sono una serie di canzoni piuttosto semplici ed immediate, costruite su tempi medi sabbathiani come “To Build A Mountain” o su occasionali accelerazioni come in “The Cemetery Angels”.  Visivamente statici come la loro proposta, hanno saputo intrattenere bene il pubblico italiano senza chissà quali invenzioni o trovate.
Resta persino il tempo per un’ospitata di Shane Embury su “High Rate Extinction”, il quale sale sul palco in un’atmosfera generale partecipata ed entusiasta. Dubitiamo che a Padova ci fossero molti fan accaniti dei Crowbar, ma la risposta del pubblico ci ha dimostrato come fossero invece davvero in molti a conoscerli già ed apprezzarli.

Le band di lunghissimo corso come i NAPALM DEATH vivono, per forza di cose, periodi di forma differenti. Personalmente, abbiamo visto almeno una dozzina di volte il gruppo di Birmigham nel tempo e i nostri, bisogna ammetterlo, di momenti altalenanti sia in studio che dal vivo ne hanno affrontati – basti pensare anche solo ai periodi in cui sia Shane Embury che Barney Greenway sono stati impossibilitati ad andare in tour.
C’è da dire che i Napalm Death però non si sono mai fermati e, riflettendoci ora, hanno probabilmente fatto la scelta giusta. Lo scorso anno chi scrive li ha potuti vedere in due contesti da festival, ovvero all’Obscene Extreme e al nostrano Frantic Fest, e ne abbiamo ricevuto un’ottima impressione. Personalmente non ci fanno impazzire gli ultimi dischi con la scelta di inserire delle voci pulite, ma in entrambi le situazioni abbiamo assistito ad una scaletta varia e divertente.
Anche a Padova è andata così: accanto agli immancabili classici come “Siege Of Power”, “You Suffer”, “Suffer The Children” è stato dato spazio ad estratti da “Inside The Torn Apart”, “Fear, Emptiness, Despair”, “Diatribes” ed altro ancora.
Se al tempo fummo in parecchi a rimanere spiazzati da alcune svolte stilistiche, dobbiamo ammettere che sul palco tutto ha ancora un senso per i paladini del grindcore e non abbiamo mai avuto l’impressione di essere davanti a setlist incoerenti e troppo particolari. Brano dopo brano, sia che si tratti di schegge velocissime o midtempo, appare evidente come Barney sia il solito mattatore dalle movenze caracollanti e dalle serissime presentazioni dei brani; Shane Embury incanta ancora con il suo modo di suonare il basso apparentemente casuale; Herrera è ormai oltre i cinquantacinque anni di età ma rimane sempre sul pezzo; un plauso va infine anche al turnista live Adam Clarkson, altra garanzia di solidità.
I nostri nel complesso si sono esibiti per poco più di un’oretta ma è stato il tempo corretto dopo tre gruppi di supporto. Perciò, poco dopo le dieci e mezza ci siamo ritrovati già fuori dal locale, con una seconda longsleeve acquistata – l’ennesima ristampa della mitica “Nazi Punks Fuck Off”. Certe band vanno supportate fino alla fine, anche solo per lo spirito che ci mettono. I Napalm Death sono sicuramente fra queste.

BRAT

FULL OF HELL

CROWBAR

NAPALM DEATH

 

0 commenti
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.