- NAPALM DEATH + PIG DESTROYER + PRIMITIVE MAN + WORMROT @ Electric Brixton - Londra (Gran Bretagna)

Pubblicato il 13/03/2024 da

In un freddo e umido venerdì sera di marzo, un Electric Brixton completamente sold-out ospita la tappa londinese del famigerato Campaign For Musical Destruction Tour, spedizione extreme metal come al solito organizzata con maestria dagli indiscussi leader del panorama grindcore, i Napalm Death.
Ormai un appuntamento regolare nel calendario degli amanti della musica estrema, il tour promette sempre un’esperienza sonora indimenticabile, in primis per la cura meticolosa con cui i suoi promotori selezionano i gruppi di supporto per mettere insieme il ‘pacchetto’.
Nelle prime settimane del tour, gli headliner si sono fatti accompagnare dai Master (in verità sostituti ‘last minute’ dei più attesi Biermächt/Wehrmacht) e da Primitive Man e Wormrot. Per le ultime date, in programma in Belgio e Regno Unito, il bill ha quindi accolto i Pig Destroyer in sostituzione del gruppo di Paul Speckmann, rendendo la serata ulteriormente speciale, visto che gli autori del classico “Prowler in the Yard” non sono certo soliti suonare in Europa molto spesso.
Insomma, il Campaign For Musical Destruction continua a mantenere una reputazione di eccellenza e a dimostrarsi un evento di sicuro affidamento, garantendo una resa complessiva a dir poco soddisfacente per chiunque pronto a varcare la soglia dei locali che lo ospitano.

Come per tutte le tappe del tour, la serata viene aperta dai WORMROT, di nuovo da queste parti a circa un anno dal loro tour da headliner di supporto all’ultimo “Hiss”. Il trio, con Gabriel Dubko (ex Implore) al microfono, è ormai ben affiatato e sa come imbastire uno show intenso e coinvolgente.
Il pubblico accorso questa sera, dal canto suo, dimostra per buona parte di conoscere il repertorio del gruppo e non si fa certo trovare impreparato davanti al dinamico grind snocciolato dai tre; del resto, questo è un evento per intenditori ed è quindi quasi scontato che chi ama gli headliner abbia anche a cuore gli sviluppi del genere e le sue uscite più underground.
La band originaria di Singapore in carriera è stata più volte osannata come una cosiddetta rivelazione, anche davanti a qualche esperimento azzardato, e il successo di dischi come “Abuse” o il suddetto “Hiss” lo dimostrano. Questa sera in realtà non c’è praticamente spazio per brani degli esordi, ma l’ultima fatica in studio, con il suo cangiante mix di tradizione, melodia e arrangiamenti più sofisticati, dà nuovamente prova di avere tutte le carte in regola per lasciare il segno anche in un contesto live, soprattutto grazie alla straordinaria verve del batterista Vijesh.
Dopo il rapido e preciso assalto dei Wormrot, accolto dalla platea con estremo entusiasmo e ampi focolai di pogo, è stata la volta dei PRIMITIVE MAN, chiamati a calpestare il palco con la loro visione apocalittica dello sludge/doom metal. La loro musica, lenta e pesante come una coltre di piombo, carica in certi tratti anche di scorie noise, ha fatto calare l’Electric Brixton in un’atmosfera a dir poco opprimente.
Se prima si poteva quasi ridere, ora si stenta persino a respirare. Senza dubbio, è interessante sperimentare un simile cambio di registro all’interno del programma: del resto, gli stessi Napalm Death possono vantare da tempo una repertorio dalla gamma assai ampia, quindi non stupisce che gli statunitensi siano rientrati nella selezione, così da fornire una diversa lettura di ciò che può essere l’estremismo in musica.
Le urla gutturali di Ethan Lee McCarthy si mescolano al feedback della chitarra e al basso devastante di Jonathan Campos, creando un’esperienza quasi catartica per chiunque si trovi immerso nella loro musica. Si è ad anni luce di distanza dall’agilità degli opener, ma il pubblico dimostra comunque di gradire: dai circle pit si passa a una sorta di headbanging composto, sulla cadenze appunto primitive di una proposta che narra di un orrore profondo e strisciante.
Si cambia quindi di nuovo marcia con l’arrivo dei PIG DESTROYER e del loro vorticoso grindcore fortemente venato di groove e thrash metal. Dopo averli visti proporre per intero il famoso “Prowler in the Yard” al Damnation Festival di Manchester, siamo curiosi di vedere dove Scott Hull e compagni andranno a parare questa sera, in termini di setlist.
Per fortuna, il controverso “Head Cage” viene per lo più ignorato, con la band che sceglie di restare sui gloriosi esordi, proponendo svariate tracce da album come “Terrifyer” e “Phantom Limb”.
Può sembrare quasi superfluo sottolinearlo, ma la performance si rivela un’esplosione di energia pura, trasmettendo una sensazione di violenza controllata capace di catturare completamente l’attenzione di tutti i presenti: Adam Jarvis si conferma uno dei migliori batteristi nel genere, ma è un po’ tutta la formazione a farsi trovare pronta, con Hull maestro del riff a percorrere continuamente il palco e a incitare la folla, la quale dà vita al pogo più intenso della serata.
Certo si nota l’assenza di Blake Harrison, per quindici anni tastierista e spesso frontman aggiunto della formazione: mentre scriviamo, è recentissima la notizia della sua scomparsa dopo una lunga malattia. Il concerto del gruppo comunque resta di quelli memorabili: la vena mosh di buona parte del repertorio rende da sempre al massimo in sede live, quindi non stupisce come al quintetto venga riservata un’accoglienza da veri trionfatori, con un pit senza esclusione di colpi perfettamente in linea con l’ignoranza della musica.
Il finale, con una manciata di pezzi estratti da “Prowler…”, è il chiaro apice di una performance dove nulla appare fuori posto: nei momenti in cui il cantante J.R. Hayes dà l’impressione di perdere qualcosa, in suo aiuto arriva prontamente il pubblico, mantenendo la resa su livelli esaltanti.
La prova estremamente convincente dei Pig Destroyer non intimorisce ovviamente gli headliner: i NAPALM DEATH sono anzi i primi a essere felici del responso ottenuto dal programma che loro stessi hanno allestito. Con uno Shane Embury tornato in line-up per queste ultime date (il bassista è da tempo impegnato in un percorso di riabilitazione che lo tiene spesso lontano dai tour più estenuanti), il gruppo si presenta sicuro e convinto, consapevole che la platea adorante dell’Electric Brixton abbia ancora molte energie da sfruttare.
Guardando agli ultimi tour della band, si apprezza la volontà di proporre una scaletta che renda l’esperienza interessante anche per coloro – e sono parecchi – che hanno avuto modo di vedere all’opera il gruppo più e più volte nel corso degli anni.
Anziché puntare su un classico ma prevedibile ‘best-of’, con l’aggiunta di canzoni dal disco più recente, il quartetto cerca di sfruttare al meglio il suo vasto repertorio, andando a pescare anche brani di nicchia o episodi particolari, in modo da dare alla scaletta uno sviluppo il più fresco e dinamico possibile. Ad esempio, questa sera ci soddisfa particolarmente il recupero di “Taste the Poison” e “Next on the List” dal capolavoro “Enemy of the Music Business”, ma potremmo citare, tra i momenti non scontati, anche “It’s a M.A.N.S. World!” da “From Enslavement to Obliteration”, “M.A.D.” da “Scum” e “Contemptuous” da “Utopia Banished”, quest’ultima posta in chiusura per il suo carattere industriale e catartico. Piacevole anche l’esperimento di “Amoral”, una delle tracce più armoniche e riconoscibili della discografia recente: il pezzo, palesemente influenzato dal post-punk dei Killing Joke, viene cantato perlopiù da Embury, il quale riesce così a concedere un po’ di respiro a Barney, che questa sera appare in effetti un po’ in affanno in alcuni momenti (d’altronde gli anni passano per tutti).
Al di là di un po’ di stanchezza del frontman – che comunque non arriva veramente a rovinare l’esecuzione dei brani – il quartetto riesce a confezionare un set intenso e soprattutto convincente, confermando di essere ancora una forza inarrestabile, tanto nella musica quanto nel messaggio.
Del resto, da tempo assistere a uno show dei Napalm Death significa tanto farsi investire dell’energia liberata dalla band, quanto ascoltare discorsi carichi di significato sulla libertà individuale e sull’importanza della musica come veicolo di espressione. Un binomio che fa più che mai la differenza, considerati i tempi che viviamo.

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