Introduzione a cura di Dario Cattaneo
Report a cura di Dario Cattaneo e Matteo Cereda
Foto di Riccardo Plata
Un serata estremamente atipica, quella di questo giorno festivo 25 Aprile, almeno per quanto riguarda i classici concerti metal. Vediamo infatti insieme su un palco prestigioso come il Mediolanum Forum di Milano un gruppo prettamente metal, un quartetto di violiniste gotiche e il nuovo circo itinerante di proprietà dei soci Hietala e Holopainen, ovvero i Nightwish dell’incarnazione “Imaginareum”. Come in uno spettacolo circense convivono appunto diverse qualità… le tentazioni gotiche delle Eklipse catturano i sensi ma soprattutto gli occhi, l’energia metal dei Battle Beast dona un po’ di divertimento ai metallari vecchio stile e lo spettacolo visuale messo in piedi dai Nightwish… beh, non vogliamo certo dirvi tutto in questo occhiello introduttivo. Se volete saperne di più su questo strano concerto e sulle nuove trovate della famosissima band finnica dovete andare avanti con la lettura…
EKLIPSE
Non siamo stati molto buoni con le Eklipse in fase di recensione del disco “A Night On Strings”, che dovreste avere trovato in questi giorni nella colonna dedicata ai dischi ‘Non Solo Metal’. La proposta incentrata sui solo suoni di quattro strumenti ad arco (violini, viole e contrabbassi) risultava infatti su disco peculiare ma non interessantissima, e la decisione di coverizzare canzoni estratte dal pop o dal mainstream più bieco (ricordiamo che una delle tracce ci ripropone la colonna sonora del film ‘New Moon’) finiva per affossare del tutto la proposta nel calderone dei dischi esotici ma inutili. Premettendo che lo show di questa sera non smuove di un millimetro la nostra opinione sul disco, dobbiamo invece ammettere che la proposta musicale delle quattro giovanissime tedesche guadagna un sapore del tutto atipico e anche abbastanza gradevole quando portata su un palco. Vederle dal vivo, infatti, è tutta un’altra cosa rispetto a sentire stridii e strimpellii sul disco: il look decisamente gotico e sexy delle quattro musiciste appare sul palco meno ‘forzato’ che nelle pagine del booklet e, anzi, riporta piacevolmente in testa le serate a tema ‘Dark Circus’ dello Zoe Club. Cappellini con veletta nera, trucchi dark, corsetti e pizzi risultano infatti adatti al tema della serata, e la precisione con cui riproducono le canzoni tratte da “A Night On Strings” strappa più che qualche applauso ai presenti. Dal punto di vista tecnico e musicale le quattro dame sono indubbiamente molto preparate, e forse la loro proposta rimane (e rimarrà sempre) più adeguata al ruolo di esotico opener sui palchi europei piuttosto che incisa nei solchi digitali dei CD. Certo, inni ingiuriosi e caldi inviti a levarsi dalle scatole ogni tanto riecheggiano, ma in un certo qual modo ce l’aspettavamo. Fatto sta che le Eklipse il loro lavoro stasera lo hanno fatto, e si sono dimostrate in un certo senso anche migliori dal vivo che su supporto ottico.
(Dario Cattaneo)
BATTLE BEAST
Dopo le divagazioni strumentali dei violini delle Eklipse la proposta dei Battle Beast – un carico metal ottantiano con echi di Hammerfall, Accept e di power europeo – ci sembra fin troppo carico ed energico! Ma c’è comunque da dire che una cosa che non manca sicuramente a questo sestetto conterraneo dei Nightwish (finlandesi entrambi) è proprio l’energia. I Battle Beast in questa serata hanno il ruolo di dover saziare i palati della frangia di metallari vecchio stile, quelli che sono accorsi al concerto in ricordo degli esordi più energici degli headliner, esordi di cui oramai non rimane traccia. Le varie “Kinslayer”, “Wishmaster”, “Stargazers” e compagnia bella sono infatti sparite dalla setlist di Holopainen & Co, la loro energia e metallica sostanza sepellite dagli arrangiamenti e dalle cinematiche soluzioni del nuovo rumoroso ed eccessivo carrozzone intitolato “Imaginareum”. Come dicevamo, tocca dunque proprio ai Battle Beast dover ridurre quella sete di metallo rovente, assoli stridenti e chitarre ruggenti che oramai i Nightwish sembrano non volerci più donare. Il loro show è quindi incentrato su pezzi veloci e di gran tiro, come la titletrack del debutto “Steel” o la diretta opener “Enter The Metal World”. Tutti sul palco fanno il loro lavoro, sfruttando tutto lo spazio e la strumentazione a loro disposizione per dare alla vita uno show il più possibile poderoso ed old style. A stupirci è la cantante Nitte Valo, cofanone di donna non certo sexy come le quattro pulzelle delle Eklipse, ma dotata di polmoni d’acciaio e di una potenza che potrebbe fare invidia a molti metal screamer di band anche quotate! A metà strada tra Halford e Udo, è il perfetto ‘strumento’ per portare avanti con la giusta imperiosità gli inni a base di metal & steel della band finnica. Con la veloce“Cyberspace” e soprattutto la micidiale “Show Me How To Die” i Battle Beast coinvolgono il pubblico e si guadagnano il nostro plauso e la nostra ammirazione, soprattutto dovuta al fatto che riescono a riproporre al pubblico suoni, strutture e schemi vecchi di 30 anni facendoli sembrare quasi attuali. In netta contrapposizione con i Nightwish, i Battle Beast sono la dimostrazione che per uno show metal arroventato non servono muri di effetti speciali, scenografia e pose da attore, ma solo cinque o sei strumenti su un palco e tanta passione ed energia. In alto le spade per questa band che ha avuto il merito non da poco di riportare un po’ di metal in una serata che virava il proprio sguardo verso tutt’altra direzione.
(Dario Cattaneo)
NIGHTWISH
Finalmente arriva il momento dei Nightwish: in sala si spengono le luci e sale alto il grido d’incitamento e di emozione del pubblico, mentre sul palco un telo viene illuminato, mostrando l’ombra di un Marco Hietala che comodamente seduto su una sedia a dondolo interpreta l’intro in lingua finnica dell’ultimo “Imaginaerum” a titolo “Taikatalvi”, al termine del quale esplode l’attacco del singolo “Storytime”. Il pubblico è in delirio, ma il telo a copertura del palco ancora non scende nonostante la prima strofa sia già iniziata da un pezzo. Si pensa ad un inconveniente tecnico, quando finalmente all’inizio della seconda strofa viene abbassato il telo per la gioia visiva dei presenti che possono ammirare un palco agghindato in grande stile con richiami all’artwork dell’ultimo “Imaginaerum”, batteria rialzata ed uno schermo interattivo sullo sfondo che produrrà immagini ad effetto e ripetizione durante tutte le canzoni. Ottimo e corposo l’impianto luci, così come curato è l’abbigliamento dei musicisti, con l’ormai immancabile cilindro sul capo del tastierista Holopainen ed una sprizzante Annette in un elegante abito da sera. L’aspetto scenico dunque non ha tradito le attese, ma – cosa più importante – i Nightwish si confermano band affidabile anche dal punto di vista tecnico-interpretativo. La massiccia presenza di orchestrazioni nell’ultima release costringe per forza di cose ad un ampio utilizzo di basi registrate, ed in questo senso lo spettacolo, specialmente durante l’esecuzione di brani quali “Scaretale” e “Song Of Myself”, appare un po’ “artificiale”, limitando l’impatto emotivo delle canzoni. Il quintetto finlandese suona con buona perizia e in maniera serrata, limitando la presentazione delle canzoni e le pause tra le stesse soprattutto nella prima parte. Marco Hietala si dimostra leader, perlomeno sul palco, molto più dell’assorto tastierista Holopainen o di Annette Olzon, vivace solo nel finale. La dolce cantante che ha sostituito l’ingombrante figura di Tarja cinque anni orsono, al di là di una certa timidezza, se la cava egregiamente dietro al microfono, mostrando qualche titubanza solo sulle canzoni più complesse della prima era Nightwish, come “Wish I Had An Angel”, “Planet Hell” e, soprattutto, “Come Cover Me”. Anche per questo, gli episodi più avvincenti e riusciti della serata sono dunque ad appannaggio delle ultime due pubblicazioni, con ottime versioni di “Amaranth” (anche se il pezzo resta uno dei punti qualitativamente più bassi della band), “Ghostriver”, la jazzata “Slow, Love, Slow” e la folkeggiante “I Want My Tears Back”, che introduce, fra l’altro, il session man Troy Donockley, presente alla cornamusa e ai cori in svariate situazioni. La serata vive uno dei momenti più affascinanti allorché la band si affaccia su sonorità acustiche con una versione rivisitata del classico “Nemo” e con l’esecuzione di “The Islander”, dominata dal timbro epico di Hietala, mentre scende la noia con la strumentale “Last Of The Wilds”, ennesimo episodio di estrazione folk del quale avremmo volentieri fatto a meno. Una buona versione della cover di Gary Moore “Over The Hills And Far Away” ci conduce alla canonica pausa prima dei bis finali richiesti a gran voce dal numeroso pubblico accorso. E’ un’altra cover a riportare nuovamente i Nightwish sul palco, si tratta della strumentale “Finlandia” di Jean Sibelius, ma è con la già citata “Song Of Myself” e, soprattutto, “Last Ride Of The Day” che la band nordeuropea crea l’ultimo scompiglio sotto il palco a conclusione di un spettacolo ben organizzato, con tante luci, ma anche qualche ombra.
(Matteo Cereda)