Report di Riccardo Plata
Foto di Riccardo Plata e Moira Carola
Il tempo dirà se questo sarà davvero la ‘Last Dance’ dei NOFX o se, come spesso succede, il tour d’addio sia solo un espediente per massimizzare i profitti al botteghino.
Sia come sia, questo Final Tour si presenta come un occasione ghiotta per festeggiare il quarantesimo anniversario di Fat Mike e soci: quaranta canzoni in altrettante città, con due scalette diverse per due sere consecutive, suonando (quasi) per intero gli album più rappresentativi della loro ormai sconfinata discografia, sono un richiamo in grado di sbancare il botteghino con largo anticipo nonostante i prezzi non propriamente popolari (il precedente “Punk In Drublic” nella stessa location costava quasi la metà) e un pacchetto di ospiti variegato ma non propriamente da headliner.
Mentre splende ancora alto il sole in un caldo sabato di questo strano maggio dal sapore autunnale, a voi il resoconto di questa due giorni…
SABATO 11 MAGGIO
Tra difficoltà di parcheggio e il lungo percorso per l’ingresso, ci perdiamo i VERSUS THE WORLD e riusciamo a sentire soltanto da fuori lo show dei THE LAST GANG, ma arriviamo sotto al palco in tempo per l’esibizione dei nostrani RAW POWER, leggendaria band della scena hardcore tricolore partita dalla basa reggiana (come ricordato dallo striscione “Poviglio Hardcore”) alla conquista degli States negli anni Ottanta ed omaggiata anche dallo stesso Fat Mike, che li ha fortemente voluti qui oggi.
Pur giocando in casa, i cinque non si dilungano in chiacchiere e convenevoli ma vanno subito al sodo, con una bordata di pezzi velocissimi che in poco più di venti minuti annichilisce le prime file, in un connubio di sudore, fumo e birra come ci si aspetterebbe da un concerto punk. I due chitarristi e il bassista uniscono show e potenza ritmica, ma ovviamente l’attenzione di tutti è catalizzata dallo storico cantante Mauro Codeluppi, unico superstite della formazione originaria, che nonostante sia ormai ai limiti dell’età pensionabile ha ancora l’energia di un ragazzino nel saltare sul palco.
Una bella bordata di energia che viene portata avanti dai COMEBACK KID, probabilmente l’altro nome odierno più noto ai metalhead visto il loro posizionamento a metà tra metal e hardcore, pur senza far parte del filone metalcore.
Con il sole alto alle loro spalle, i canadesi si presentano sul palco carichi come delle molle con l’omonima traccia del loro ultimo album, “Heavy Steps”, e il livello di coinvolgimento del pubblico sale ancora di una tacca quando il cantante Andrew Neufeld scende in transenna per cantare insieme alla prima fila, in un abbraccio collettivo che alza ulteriormente i decibel della potentissima “False Idol Fall”.
Con meno di mezz’ora a loro disposizione la scaletta pesca un estratto da quasi tutta la loro discografia (resta fuori solo il meno ispirato “Broadcasting”), ma per quanto abbiamo apprezzato la più recente “Trouble In The Winners Circle” o l’hardcore metallizzato di “Die Knowing”, il momento più atteso non poteva che essere il finale con “Wake Up The Dead”, cantato a gran voce dal pubblico e autentico trampolino di lancio della band quasi vent’anni fa.
Ci avviciniamo al piatto forte della serata, ma c’è tempo ancora per un’altra band storica della scena hardcore californiana, i CIRCLE JERKS: leggendo il curriculum dei musicisti si potrebbe quasi pensare ad un supergruppo (con ex membri, tra gli altri, di Dead Kennedys, Bad Religion e Queens Of The Stone Age), ma in realtà, al netto del più giovane batterista Joey Castillo, gli altri tre sono nella band fin dalla fine degli anni Settanta (il cantante Keith Morris e il chitarrista Greg Hetson) o arrivati poco dopo (il bassista Zander Schloss).
Quella che ci troviamo davanti questa sera, così come sarà anche il secondo giorno, è dunque un pezzo di storia dell’hardcore californiano che ha influenzato tante band più famose di loro (dagli stessi NOFX ai The Offspring), ma che rispetto ai loro ‘discepoli’ punta molto meno sulla melodia in favore di un approccio più ‘old-school’. Probabilmente buona parte del pubblico non era nemmeno nata quando i Circle Jerks scrivevano il loro nome nella storia agli inizi degli anni Ottanta, ma anche senza conoscere i testi e nonostante una performance non sempre perfetta dei tre membri più attempati nelle prime file si scatena comunque un bel pogo. corredato da tante facce sorridenti.
Quando il sole è tramontato inizia a popolarsi il palco su cui saliranno i NOFX, come d’abitudine senza particolari scenografie ma affollato tra amici, roadie e pubblico pagante per assistere in prima fila all’esibizione di Fat Mike e soci, che si presentano improvvisando un balletto sulle note di “Time Warp” del Rocky Horror Picture Show.
La scaletta di stasera è incentrata su tre album in particolare – lo storico “Punk In Drublic”, “Pump Up The Valuum” e “Wolves in The Wolves Room” – per cui la prima serata è farcita di pezzi veloci come “Linoleum”, “Don’t Call Me White”, “Dinosaurs Will Die” o “Seeing Double At The Triple Rock” che fanno saltare ed urlare a squarciagola tutto il pubblico, da chi ha vissuto gli anni del liceo con quella colonna sonora a chi per motivi anagrafici li ha scoperti solo in tempi più recenti; nota di colore per la quantità di scarpe che già dopo pochi minuti giacciono ai piedi del palco, in linea con la tradizione (“So Long And Thanks For All The Shoes”).
Come sempre, ad un concerto dei NOFX non è la perizia esecutiva il metro di giudizio, ma stasera non ci possiamo lamentare: se Erik Sandin è il consueto metronomo, El Hefe e Eric Melvin garantiscono il giusto bilanciamento tra resa sonora ed intrattenimento (soprattutto il secondo, che avrà fatto trenta metri in aria a furia di saltare), mentre perfino Fat Mike limita il suo soliloquio a qualche battuta qua e là, garantendo una buona tenuta vocale per l’ora e mezza abbondante dello show (con una breve pausa prima degli encore).
Chi si aspettava i tre album suonati per intero avrà notato qualche assenza (citiamo ad esempio “My Heart Is Yearning” “Reeko”, “Thanks God It’s Monday” o “My Vagina”), ma in compenso c’è spazio per altri classici, dalla sempre divertente “Franco Unamerican” a “Bob”, anche se qualche pezzo più recente (“My Orphan Year”, “Six Years On Dope”) avrebbe potuto forse essere sacrificato.
Poco male comunque, perchè quando parte il coro di “The Brews” saltano anche i pilastri del Carroponte, mentre Melvin alla fisarmonica chiude in bellezza lo show con “Theme From A NOFX Album” in un bizzarro medley con “Lasciatemi Cantare” di Totò Cutugno e “Can’t Help Falling in Love”; alla fine sono più i sorrisi che le lacrime, anche perchè c’è ancora domani prima che cali definitivamente il sipario su una delle band punk rock più amate dagli italiani (come ricordato da un commosso Fat Mike, che rivendica con orgoglio i tour nel Belpaese fin dal 1988).
DOMENICA 12 MAGGIO
Il secondo giorno arriviamo mentre stanno suonando FRANK TURNER AND THE SLEEPING SOULS, ormai un habituè di questo tipo di festival nonché assiduo frequentatore del Belpaese anche da solista (non manca infatti l’annuncio del ritorno da headliner ad ottobre): per quanto non rientri nei nostri ascolti abituali, la sua esibizione incontra i favori del pubblico, sia per chi poga sia per chi si limita ad ascoltarlo seduto sul prato, ed anche nel suo caso è evidente l’ammirazione da parte di Fat Mike, che più tardi lo ospiterà sul palco citandolo come uno dei suoi songrwiter preferiti della nuova generazione.
Poco da aggiungere anche sui CIRCLE JERKS, che sostanzialmente ripetono l’esibizione del giorno precedente, per cui andiamo direttamente al piatto forte di serata con i NOFX, che stasera suoneranno gli storici “White Trash, Two Heebs And A Bean”, “So Long And Thanks For All The Shoes” e, soprattutto, “The Decline”.
A differenza della prima sera non c’è l’annunciato sold-out, ma il colpo d’occhio quando la band sale sul palco è sempre imponente: anche oggi il divertimento è assicurato con i pezzi più veloci del repertorio selezionato (“Stickin’ In My Eyes”, “It’s My Job To Keep The Punk Rock Elite”, “Sould Doubt”), cui si aggiungono brani più recenti ma altrettanto validi come “72 Hookers” o “We Called It America”.
Rispetto alla precedente sera, però, l’impressione è che la band sia un po’ più frenata: se la pausa durante l’esecuzione di “I Believe In Goddess”, per permettere di soccorrere una persona infortunata nel pogo, è sacrosanta, viceversa la quantità di chiacchiere è superiore rispetto a ventiquattr’ore prima, tra ripetuti omaggi all’Italia (con aneddoti che spaziano da Pisa a Torino) e siparietti più o meno divertenti sul nostro paese (dall’imitazione dell’accento e gestualità fino ad una digressione sul “machismo italico“), il tutto condito da qualche presa per i fondelli rispetto al pubblico belga o tedesco.
A livello di setlist abbondano i pezzi dalle atmosfere più ska (“Quart In Session”, “All Out Angst”, “Eat The Meek”, “180 Deegres”, “Johnny Appleased”, “Mattersville”) con El Hefe impegnato anche al trombone, e c’è anche spazio a sorpresa per la cover di “Radio” dei Rancid (presentati, insieme a Bad Religion e agli stessi NOFX come la sacra trinità del punk rock) ad introdurre “Please Play This Song On The Radio”.
Pollice alzato anche per i ‘fuori menu’, tra cui citiamo “The Separation Of Church And Skate” e la toccante “I’m So Sorry Tony” dedicata allo scomparso frontman dei No Use For A Name, ma l’attenzione di tutti è per gli encore, a partire dalla sempre divertente cover di “Les Champs Elysee”, anch’essa corredata da epiteti politicamente scorretti nei confronti dei cugini transalpini. Il gran finale è tuttavia per “The Decline”, punk rock opera di diciotto minuti suonata per intero (pur non senza qualche difficoltà) davanti ad un pubblico visibilmente commosso prima dei saluti di rito.
Nel complesso dunque una festa lunga due giorni che chiude in bellezza il libro dei ricordi, in attesa di vedere se davvero Fat Mike e soci sapranno godersi la pensione o hanno in serbo qualche ulteriore sorpresa.
RAW POWER
COMEBACK KID
CIRCLE JERKS – giorno 1
NOFX – giorno 1
BAD FROG
CLOWNS
THE MEFFS
TALCO
FRANK TURNER
CIRCLE JERKS – Giorno 2
NOFX – Giorno 2