Nonostante non siano certo assenti dal Regno Unito da secoli – la loro ultima apparizione, al sempre più noto Bloodstock Festival, risale solo alla scorsa estate – gli Obituary riescono a richiamare un bel pubblico per l’ultima data del loro “Inked In Blood Tour”. Le support band non sono esattamente fra le più rinomate, ma, essendo una domenica, i fan londinesi accorrono in buon numero già poco dopo l’apertura delle porte, tanto che ben presto verrà a crearsi una discreta fila davanti all’Electric Ballroom di Camden Town. Riusciamo ad entrare quando i Dust Bolt hanno appena fatto irruzione sul palco e rimaniamo sorpresi dalla reazione calorosa degli astanti…
DUST BOLT
In effetti, questi giovani thrasher tedeschi hanno grinta ed entusiasmo da vendere! Nel giro di un paio di brani il quartetto bavarese è già riuscito ad accattivarsi le simpatie delle prime file, tanto che assistiamo ben presto ai primi circle pit. Il sound è più vicino alla scuola statunitense che a quella teutonica, con nette influenze Exodus e Slayer che i ragazzi rielaborano sì senza grande personalità, ma con una padronanza più che buona. I suoni sono ben calibrati e il gruppo è compatto, preciso e, soprattutto, gioviale: fa piacere vedere una band giovane esibirsi senza paura, muoversi così tanto on stage e dispensare sorrisi davanti a un pubblico così ampio. L’attitudine è indubbiamente quella giusta e la platea dimostra di apprezzare parecchio l’umiltà e l’affiatamento dei Dust Bolt, che se ne vanno tra applausi degni di un headliner. Una live band davvero niente male.
MPIRE OF EVIL
Stranamente gli Mpire Of Evil non riescono a sfruttare l’onda di entusiasmo generata dai pimpanti Dust Bolt solo venti minuti prima. Forse il fascino degli ex Venom non è più quello di una volta o forse il pubblico ha speso tante energie e ora desidera riprendere fiato in attesa degli Obituary… resta il fatto che l’accoglienza per il trio britannico risulta freddina, persino all’altezza di tuffi nel passato del calibro di “Welcome To Hell” (suonata con Trevor Peres alla seconda chitarra). Peccato, perchè sia Mantas che Demolition Man sono indubbiamente musicisti genuini e che sul palco sanno darsi da fare, ma questa sera pare proprio che l’audience sia poco ricettiva nei confronti del loro metallo old school. Giusto un discorso di Mantas poco prima di “Black Metal” riesce ad infervorare qualcuno nelle prime file, ma poi quando la musica riprende si vede solo qualche testa muoversi a tempo. Gli Mpire Of Evil vengono dunque trattati alla stregua di una support band come tante: che sia il caso di fare largo ai giovani?
OBITUARY
Bastano le bellissime luci che introducono i musicisti sul palco per confermare che tra headliner e band di supporto vi sia un divario notevole quest’oggi. Gli Obituary sono senza ombra di dubbio il gruppo più importante del bill e il motivo per cui chiunque è qui stasera: la produzione sul palco è notevole e sono necessari pochi secondi di show per avere conferma che anche i suoni sono stati settati al meglio nel corso del sound-check. Anche dal vivo “Centuries of Lies” si dimostra una buona opener – nonchè l’episodio più riuscito tra quelli inclusi nell’ultimo album – ma bisogna dire che un po’ tutti i nuovi brani rendano meglio in questa sede piuttosto che su disco… esattamente come previsto. Privi di una produzione piatta ma anzi forti della consueta carica live, i pezzi di “Inked In Blood” si lasciano ascoltare e non sfigurano troppo davanti alle grandi hit del passato. La band, poi, è senza dubbio in palla: quella di oggi è l’ultima tappa di un tour di sedici date e i fratelli Tardy e i loro soci sono ovviamente rodatissimi. Da sempre una grande live band, questa sera gli Obituary dimostrano di essere al top della forma: John Tardy a tratti abbassa un po’ il suo screaming, ma si tratta di dettagli in una performance vertiginosa per impatto e intensità… a maggior ragione se si pensa che si hanno davanti dei musicisti ormai sempre più vicini alla cinquantina! Il suono è pienissimo e la setlist non concede praticamente alcun calo di tensione: a parte “Inked In Blood” – giustamente in promozione – dischi di seconda fascia come “Darkest Day”, “Xecutioner’s Return”, “Frozen In Time” e “Back From The Dead” vengono totalmente ignorati dai floridiani, i quali preferiscono invece recuperare il passato di qualità e innescare un headbanging clamoroso su perle richiestissime. Le accelerazioni di “Back to One” fanno volare denti anche nelle retrovie, mentre l’epocale “Slowly We Rot” asfalta tutto e tutti come da copione: questo è da sempre il brano che deve chiudere ogni concerto degli Obituary e mandare tutti a casa con lividi ovunque. Non ci stancheremo mai di dirlo: questa è una formazione che a nostro avviso potrebbe pure fare a meno di registrare nuovi album, tanto le prove live risultano sempre e comunque convincenti e divertenti. Il repertorio dei primi dischi ha inoltre riacquistato ulteriore vigore da quando i Nostri hanno lasciato andare Ralph Santolla per accogliere Kenny Andrews: meno assoli, più groove e più ignoranza… gli Obituary devono suonare così, senza farsi abbindolare da guitar hero e suoni di cartone. Grandissimi come ai vecchi tempi, questa sera.
Setlist:
Centuries of Lies
Visions In My Head
Infected
Intoxicated
Bloodsoaked
‘Til Death
Immortal Visions
Don’t Care
Violence
Back to One
Dead Silence
———-
Back on Top
Inked In Blood
I’m in Pain
Slowly We Rot