Report a cura di Roberto Guerra
Dopo il death di stampo melodico di Amorphis e Soilwork, passiamo ora a una serata dedicata alla versione più tecnica, elaborata e raffinata del genere estremo per antonomasia. Il Legend Club di Milano è andato infatti ad ospitare quattro differenti realtà appartenenti di diritto a quella nicchia in cui sono richieste non solo capacità compositive ed esecutive ben sopra la media, ma anche doti tecniche impeccabili e fortemente improntate sul virtuosismo moderno. I teutonici Obscura rappresentano letteralmente la stella-guida dell’evento, affiancati da altre due entità ben note tra gli estimatori del death metal tecnico e progressivo, con in più una potenziale chicca, in questo caso relativamente sconosciuta, in veste di opening act. L’affluenza prevista per un evento di questo tipo si è attestata su livelli più che discreti sin dal momento dell’annuncio, ma difficilmente ci saremmo potuti anche solo immaginare i numeri effettivi che sarà possibile registrare a fine serata; il che ci lascia ben sperare per un futuro roseo, anche dalle nostre parti, per un genere tra i più versatili in assoluto e che, se tutto andrà bene, promette di fare faville nei prossimi anni. Buona lettura!
FIRST FRAGMENT
Vi capita mai di rimanere inizialmente impressionati da una band, per poi accorgervi che parte delle vostre congetture positive sono destinate a deteriorarsi di lì a poco per via di un paio elementi, non propriamente adeguati a una resa ottimale della proposta in questione? Ecco, questo è esattamente ciò che è successo durante il primo atto della serata, in compagnia dei canadesi First Fragment. La loro proposta risulta perfettamente in linea con l’evento corrente: un technical death metal articolato e ‘sbrodolone’ come piace a molti amanti di un certo tipo di utilizzo della tecnica. Una volta presa coscienza, inoltre, dell’identità dei membri della band le prime impressioni non potevano che essere ulteriormente positive: in particolar modo il chitarrista Phil Tougas, attivo in numerose realtà dedite ai sottogeneri più disparati al fianco di altri indiscutibili talenti, tra cui i power metaller internazionali Eternity’s End, il cui promettente secondo album arriverà nei nostri negozi tra circa un mese. La breve scaletta pesca principalmente dall’unico full-length “Dasein”, cantato interamente in lingua francese, e a livello strumentale/musicale possiamo dire come il tutto venga presentato piuttosto bene, eccezion fatta per un sound delle chitarre decisamente troppo grezzo e zanzaroso: ci sono numerosi sfoggi di tecnica, sfuriate chitarristiche colme di note e ritmiche variabili e arzigogolate. Il problema, e ci spiace rimarcarlo, risiede quasi interamente nel frontman David AB, la cui presenza on stage appare decisamente scoordinata e a tratti quasi comica, così come la sua resa vocale decisamente non all’altezza del genere proposto, con un growl quasi inesistente e svariate urla al limite del ridicolo. Non ci è dato sapere se si tratti di un’occasione isolata oppure no, ma di certo non si può dire che il suddetto vocalist abbia reso giustizia ai suoi compari, che di conseguenza appaiono già destinati a patire drasticamente il confronto con i tre titani che calcheranno il palco nelle prossime ore.
ALLEGAEON
Gli statunitensi Allegaeon rappresentano probabilmente la più melodica e pomposa tra le proposte in questione, con una particolare attenzione rivolta anche alle orchestrazioni e a una resa sufficientemente epica, cosmica e fomentante di ogni brano suonato. L’inizio con “All Hail Science” lascia ben poco spazio all’incredulità, tanto da scatenare sin da subito un moshpit dalle dimensioni non poi così modeste in prossimità delle prime file. Proseguendo con l’articolata “Gray Matter Mechanics – Apassionata Ex Machinea” fino a giungere a metà concerto sulle note di “Gravimetric Time Dilation”, appare piuttosto chiaro che le intenzioni degli Allegaeon vadano ben oltre il puro e semplice riscaldamento dei presenti; anzi, ci sentiamo di dire che uno scoppio simile di energia musicale era piuttosto difficile da prevedere, così come una risposta ben oltre il positivo da parte dei presenti. Il frontman Riley McShane appare svariate spanne sopra chi lo ha preceduto sullo stesso palco, ma non sarebbe niente senza l’impressionante combo di musicisti alle sue spalle: i chitarristi Greg Burgess e Michael Stancel, seppur visivamente differenti sia nello stile estetico che in quello strumentale, riescono perfettamente a completarsi a vicenda per fornire un’esecuzione maiuscola e completa, prontamente sorretti dal comparto ritmico gestito dal batterista Brandon Park e dal bassista Brandon Michael, ultimo arrivato della formazione. Dopo la nota “1.618”, con il singolo “Stellar Tidal Disruption” si apre finalmente una parentesi dedicata al prossimo attesissimo album “Apoptosis”, prima di chiudere il proprio show con la micidiale “Behold (God I Am)” tra gli applausi di tutti i presenti, di cui ci auguriamo una buona parte abbia colto l’occasione per portarsi a casa un dischetto o due ad opera della band americana.
Setlist:
All Hail Science
Gray Matter Mechanics – Apassionata Ex Machinea
Gravimetric Time Dilation
1.618
Stellar Tidal Disruption
Behold (God I Am)
FALLUJAH
Rimaniamo Oltreoceano per una band che, già da diversi anni, non ha bisogno di particolari presentazioni: i Fallujah rappresentano infatti una delle formazioni moderne più apprezzate, anche per via della loro capacità di partorire un connubio perfetto tra technical death metal, progressive e deathcore. Ciò li ha resi fruibili anche da una fetta di pubblico più affezionata a un determinato modo di approcciarsi al genere estremo e questo si può notare dai comunque parecchi presenti equipaggiati con una loro maglietta; anche se il fomento che ancora una volta si viene a creare coinvolge buona parte del pubblico, compreso chi evidentemente è rimasto relativamente scettico fino a un secondo prima dei rintocchi iniziali di “Carved From Stone”. La carica di violenza trasmessa dai Fallujah appare sin da subito diretta e compatta, nonostante la complessità strumentale della loro musica, interpretata oggi dal nuovo ingresso italoamericano dietro al microfono, Antonio Palermo. Il suo timbro ha fatto storcere il naso a qualche ascoltatore già nelle settimane precedenti, soprattutto per via di una deriva eccessivamente metalcore, ma bisogna dire che in sede live quest’ultimo risulta comunque azzeccato e funzionale alla buona resa di una tracklist non particolarmente lunga, ma comunque ben concepita. Perviene forse un leggero senso di linearità, anche per via di una quadratura pressoché intoccabile dei brani, nonché della mancanza quasi totale di assoli, eseguiti solo in alcuni momenti isolati; tuttavia, si tratta di un parere soggettivo che non deve in alcun modo intaccare quelle che sono delle impressioni assolutamente positive su un concerto intenso e piacevole. Ora, però, è tempo di tornare in Europa!
Setlist:
Carved from Stone
Ultraviolet
Adrenaline
Sapphire
Abandon
Last Light
Scar Queen
Dopamine
The Void Alone
OBSCURA
Ebbene sì! La band cardine di questo tour, composto principalmente da realtà provenienti da Oltreoceano, è europea! I tedeschi Obscura incarnano l’essenza stessa del technical death metal moderno ed evocativo come pochi altri sono in grado di fare, senza contare che non è difficile incontrare ascoltatori che li etichettano letteralmente come la miglior band estrema in circolazione. Noi non intendiamo sbilanciarci oltre un certo limite, ma effettivamente è innegabile che il combo capitanato da quella bestia che risponde al nome di Steffen Kummerer non si sia mai macchiato del peccato di aver partorito un solo disco sottotono; perciò risulta quindi inevitabile che la setlist odierna vada a pescare da ogni singola produzione, eccezion fatta per il grezzo esordio “Retribution”. Tra numerosi riferimenti al recente e splendido “Diluvium” e numerosi sguardi all’indietro ai vari “Akròasis”, “Omnivium” e “Cosmogenesis”, è davvero impossibile non godere come ricci durante tutto l’arco dell’esibizione, nonostante qualche soggetto non proprio simpatico presente all’interno della corposa ed immancabile area di moshpit. Purtroppo, quando un locale è pieno e i numeri vanno oltre una determinata soglia, non ci si può aspettare che tutti siano persone raccomandabili; inoltre, sarebbe un crimine dedicare troppa attenzione a loro, togliendone ai quattro mostruosi musicisti on stage: il sopracitato frontman non sbaglia un colpo, sia esso dato a voce o a colpi di chitarra, mentre il magrolino e appena ventiquattrenne Rafael Trujillo (no, non è parente di chi pensate voi) fa perdere letteralmente autostima a ogni chitarrista presente nel pubblico. Tuttavia, senza nulla togliere anche al drummer Sebastian Lanser, la seconda vera star sul palco è il bassista Linus Klausenitzer, il quale dimostra una rilassatezza con in mano il proprio strumento che difficilmente si può trovare all’interno di una proposta così complessa e tecnica.
L’intero concerto termina con l’encore composto dalla sola “The Anticosmic Overload”, lasciando parte del pubblico leggermente stranita poiché, evidentemente, ci si aspettava un’esibizione un po’ più lunga; ma tutto sommato va bene così, soprattutto alla luce del fatto che questi sono gli eventi da cui è difficile uscire con tutte le ossa integre e le meningi poco lesionate. A prescindere che preferiate il metal estremo più vecchia scuola o quello moderno, un viaggetto nell’atmosfera in compagnia degli Obscura bisognerebbe farlo più spesso.
Setlist:
Emergent Evolution
Ten Sepiroth
Diluvium
Akróasis
Septuagint
Mortification of the Vulgar Sun
Ode to the Sun
Incarnated
Perpetual Infinity
An Epilogue to Infinity
The Anticosmic Overload