Report di Giacomo Slongo
Foto di Pamela Mastrototaro
Freschi reduci da una polemica che abbiamo idea saprà regalarci altri colpi di scena nei prossimi mesi, con il lider maximo Steffen Kummerer accusato dagli ex membri Christian Münzner (chitarra) e Alex Weber (basso) di essersi appropriato indebitamente della loro musica per la stesura del nuovo “A Sonication”, disponibile da pochissimo su Nuclear Blast, gli Obscura sbarcano al Legend Club di Milano in un mercoledì sera conteso con il match di Coppa Italia Milan-Roma.
Buona, comunque sia, la risposta da parte del pubblico meneghino, per un pacchetto death metal che fra i virtuosismi degli headliner e degli opener Gorod infila anche una lezione di violenza all’americana grazie agli infaticabili Skeletal Remains, aggregatisi ‘in corsa’ dopo il forfait dei Rings of Saturn (i quali sarebbero stati sicuramente più in linea con il resto delle band) e qui chiamati a promuovere il notevole “Fragments of the Ageless”, vecchio ormai di un anno.
Ma vediamo meglio com’è andata…
Passione e perseveranza non devono certo mancare ai GOROD, veterani della scena d’Oltralpe (tenendo conto del periodo in cui si facevano chiamare Gorgasm, i Nostri sono attivi addirittura dal ‘97) mai davvero esplosi nel circuito techno-death ‘che conta’, eppure ancora qui, in prima linea, a diffondere la loro proposta radicata nella corrente più scintillante e funambolica degli anni Duemila.
Musica che, a dirla tutta, la formazione di Bordeaux ha sì interpretato sempre con sicurezza, piazzando anche qualche bel colpo (pensiamo soprattutto ai dischi del periodo su Listenable), senza però mai riuscire ad emergere dall’ombra dei veri fuoriclasse, quei Necrophagist, Obscura (per l’appunto) e The Faceless che nel medesimo periodo dominavano la scena.
Riflessioni a parte, anche stasera il quintetto si può dire che ci abbia messo il cuore, offrendo una performance ineccepibile dal punto di vista strumentale e calorosa nel modo di tenere il palco, sebbene i problemi al microfono di Julien Deyres (presentatisi dopo pochissimo) ne abbiano giocoforza limitato la resa complessiva. La voce va e viene, con il frontman che, non sapendo che pesci pigliare, utilizza contemporaneamente sia il suo strumento che quello per le backing vocals del chitarrista Nicolas Alberny, e questo inconveniente ammanta di un po’ di precarietà la mezz’ora di setlist.
Cercando di vedere il bicchiere mezzo pieno, la totale assenza del growl su alcuni passaggi consente di apprezzarne a fondo il costrutto, tra linee di basso pulsanti e fraseggi chitarristici raffinatissimi dai quali emergono le consuete influenze jazz e progressive, ma gli show pienamente convincenti – spiace doverlo ammettere – sono altri.
Di tutt’altra pasta, invece, lo spettacolo offerto dagli SKELETAL REMAINS, vera e propria macchina da tour in continua ascesa nel panorama death metal internazionale.
Dal 2012, anno di pubblicazione dell’esordio “Beyond the Flesh”, la creatura del cantante/chitarrista Chris Monroy ha praticamente vissuto on the road, affinando nel contempo il proprio stile fino a raggiungere la piena maturità compositiva nell’ultimo paio di album, tanto che le sono bastati pochi secondi per conquistare un pubblico magari non propriamente ‘suo’, ma che si è lasciato dominare e travolgere dalla formula senza nessuna difficoltà.
Un flusso quasi paradigmatico, in cui il contenuto delle pietre miliari incise nei Morrisound Recording fra il 1988 e il 1992 è rielaborato con un gusto e un’autorevolezza degni dei maestri, e che il quartetto californiano – da segnalare la presenza dietro le pelli di Ruston Grosse, batterista dei Death Strike visto anche all’opera nei Master e nei Brutality – restituisce con una disinvoltura inaudita, come se si trattasse del compito più semplice e naturale al mondo.
Chiudendo gli occhi, sembra effettivamente di stare ascoltando i brani dall’impianto stereo di casa, a testimonianza della scioltezza e della padronanza tecnica acquisite negli ultimi anni, con le varie “Void of Despair” e “Relentless Appetite” (la tracklist ha pescato a piene mani dall’ultimo “Fragments of the Ageless”, riproponendone persino la splendida strumentale “…Evocation (The Rebirth)”) utilizzabili come cartina tornasole per quella miscela di Morbid Angel, primi Gorguts e Deicide descritta poc’anzi.
Non una sbavatura, non un segno di cedimento: per circa quarantacinque minuti, sorretti da suoni esemplari, gli Skeletal Remains hanno fatto letteralmente il bello e il cattivo tempo, vincendo a mani basse la palma d’oro di band più compatta, concreta e violenta della serata.
Anche per musicisti del calibro degli Obscura, sarà difficile presentarsi sul palco dopo una simile dimostrazione di forza…
Appena una riga sopra ci siamo espressi al plurale, ma non sarebbe del tutto scorretto parlare della formazione di Monaco di Baviera come del one-man show di Steffen Kummerer.
Un progetto che, come tanti altri nella storia della nostra musica preferita (per restare su sonorità analoghe, basti pensare ai Death), ruota unicamente attorno al loro leader, con buona pace di chi entra ed esce dalla porta per colmare i restanti slot della line-up.
In questo inizio 2025, dopo la defezione con polemica citata in apertura di articolo, il cantante/chitarrista tedesco si presenta spalleggiato da Robin Zielhorst al basso fretless (ex Cynic), James Stewart alla batteria (Decapitated) e da Kevin Olasz alla seconda chitarra (Deadborn), ma fino a quando?
Provocazioni sterili, in realtà, dal momento che, fino a quando il Nostro continuerà a trovare rimpiazzi di questa caratura e i suoi show non mostreranno il fianco a critiche, se ne potrà forse additare l’aspetto umano, ma di certo non la resa musicale, soprattutto in sede live.
La nuova, ennesima incarnazione degli OBSCURA si rivela insomma all’altezza della fama guadagnata dal moniker negli ambienti (death) metal più tecnici e progressivi, sciorinando un discorso basato tanto sull’estremismo quanto su sonorità che, se definire soft apparirebbe esagerato, sconfinano sicuramente in territori familiari ad un pubblico più ampio e generalista, da quello dei Dark Tranquillity (si sentano i grandi chorus di cui sono infarciti gli estratti di “A Valediction” e del recente “A Sonication”) a quello di Dream Theatre.
Detto quindi di una prova da mascelle a terra per gli amanti dello shredding e delle acrobazie strumentali – pressoché scontata visto il contesto e le premesse – è da sottolineare come Kummerer risulti molto meno freddo e distaccato sul palco rispetto a qualche anno fa, rivestendo i panni di frontman con uno slancio sobrio (ma non affettato) che gli consente di tenere in pugno la platea dal primo all’ultimo dei sessanta minuti previsti dalla scaletta, ben accompagnato dalla prestanza e dall’entusiasmo degli ultimi innesti.
Certo, sotto questo punto di vista avremmo preferito più estratti da “Cosmogenesis” e “Omnivium” (per chi scrive, i capitoli più riusciti e memorabili della discografia), ma è chiaro che in tanti, oggi, conoscono gli Obscura dall’entrata nel roster Nuclear Blast, e la scelta dei brani eseguiti si muove esattamente in questa direzione, con una “When Stars Collide” che nel finale, non a caso, innesca quasi il singalong della sala.
Missione compiuta? Comunque sì, a suggello di una serata sfaccettata e godibile dall’inizio alla fine.
GOROD
SKELETAL REMAINS
OBSCURA