CUBRE
I milanesi Cubre, attivi già da parecchi anni, piuttosto conosciuti in ambito underground ma mai riusciti ad emergere al di là di un certo livello, sono il classico gruppo italiano che meriterebbe quintalate di successo in più rispetto a quanto attualmente ne ha. Bravissimi tecnicamente gli strumentisti e ottimo anche l’approccio schizzato e nevrotico del singer Berto, i quattro ragazzi mischiano sapientemente sfuriate grindcore al fulmicotone, passaggi fluidi ma schizzati à la Mastodon, pacati rallentamenti in piena atmosfera Neurosis/post-core, per far figurare il tutto come un death metal tecnico ed introspettivo di poderosa intensità. Nonostante la difficoltà nel suonare davanti ad una trentina di persone – compresi gli attentissimi Oceans Of Sadness – i Cubre hanno fornito una performance ottimale, baciata da suoni nitidi e secchi, che hanno messo in mostra tutta la versatilità stilistica del gruppo. Una piccola grossa sorpresa, che ci ha fatto letteralmente aguzzare le orecchie. Da rivedere subito!
OCEANS OF SADNESS
Professionali, capaci e simpatici: questa l’opinione che ci siamo fatti della band belga, dopo averne saggiato le doti on stage. Era davvero complicato coinvolgere ed entusiasmare la quarantina scarsa di astanti convenuti al Music Drome, ma l’entusiasmo e la grinta di Tijs Vanneste e compagni ha fatto sì che tutti i presenti non possano avere nulla da rimproverare ai loro beniamini. Suoni più che discreti, attitudine più rocciosa ed estrema rispetto a quanto udibile su disco, buona mobilità – per quanto concesso dallo spazio – sul palco: tutte peculiarità che promuovono appieno gli Oceans Of Sadness, poi ovviamente sorretti da un repertorio molto vario e trascinante, interpretato benissimo da un vocalist ispirato e dinamico e da musicisti attenti ed esperti. La parte del leone l’ha fatta ovviamente “Mirror Palace”, l’unico album del gruppo edito in Italia: praticamente tutti i pezzi sono stati eseguiti, da “Mould” a “Intoxicate Me”, da “Cruel Sacrifice” alla grandiosa “Pride & Shame”, da “Sleeping Dogs” passando per la robusta cover di “Them Bones” degli Alice In Chains. Ben due nuove canzoni sono state poi presentate in anteprima, la prima piuttosto aggressiva e complessa, mentre la seconda più sullo stile del recente materiale, con ariose aperture di tastiera e vocals epiche; entrambe finiranno sul platter in fase di ultimazione. Finale fuori tempo con un lungo brano ripescato dal passato, a chiudere uno show intimo e divertente, come di questi tempi se ne vedono pochi. Ci fosse stata più gente, magari non sarebbe stato così carino. Però meglio non dirlo agli organizzatori, eh?