Report e foto a cura di Riccardo Plata
E’ un Alcatraz gremito in ogni ordine di posto ed esaurito con largo anticipo quello che accoglie il ritorno in Italia dei californiani Offspring, segno che, nonostante una discografia altalenante e una prolungata assenza dalle italiche scene, la popolarità di Dexter Holland non accenna a diminuire tra gli adolescenti del Bel Paese. Che poi la maggior parte degli astanti fosse qui più per sentire i singoli da MTV di Americana che gli estratti del seminale Smash è un altro discorso, ma, prima di entrare nel vivo della serata, andiamo con ordine e facciamo la conoscenza degl esordienti Broadway Calls…
BROADWAY CALLS
C’era grande curiosità in merito all’esibizione dei Broadway Calls, vuoi perchè il loro disco di debutto – il fresco di stampa “Good views, bad news” – è stato acclamato da più parti come uno dei migliori esempi di punk-rock dell’annata in corso, vuoi perchè nel ruolo che compete loro stasera abbiamo avuto modo di apprezzare in passato band poi salite alla ribalata come gli A.F.I. o i nostrani Sun Eats Hours. Staremo a vedere se il destino riserverà la medesima sorte ai tre ragazzi dell’Oregon, nel frattempo possiamo parlare di una band capace di tenere bene il palco e in perfetto equilibrio tra i tre vertici del triangolo pop-punk-rock, anche se il loro repertorio li rende al momento indistinguibili da una qualunque delle band di casa Drive Thru. Poco male comunque, dato che canzoni come “Be all that you can’t be”, “To the sheets” e “Sundowners” hanno svolto egregiamente il loro ruolo, coivolgendo a dovere le prime file ed intrattenendo il resto dell’Alcatraz in attesa del piatto forte della serata.
THE OFFSPRING
Su uno sfondo quanto mai minimalista – un semplice telo nero – e sulle note del nuovo singolo “Stuff Is Messed Up”, fanno la loro comparsa alle 22 in punto gli headliner della serata, capitanati da un Dexter Holland visibilmente appesantito e da un sempre funambolico Noodles. La forma, come pure la cattiveria, non è più quella di un tempo, ma l’inconfondibile voce del biondo singer per fortuna è rimasta immutata, ed è quindi con un brivido di emozione che la, se pur minoritaria, frangia più attempata del pubblico – quella, per intenderci, che dall’uscita di Smash ad oggi ha raddoppiato il numero di candeline – attende l’esecuzione delle immancabili “Bad Habit” e “Come Out and Play (Keep ‘em Separated)”, inframezzate da “You’re Gonna Go Far, Kid”, un pezzo di punkrock melodico orecchiabile ma un po’ sacrificato in mezzo a due classici di tale portata. Terminata la parentesi nostalgica e tributato il dovuto omaggio al loro capolavoro (artistico), è il momento di sacheggiare a dovere il loro capolavoro (commerciale): stiamo ovviamente parlando di Americana, album capace verso la fine del millennio scorso di vendere 11 milione di copie e stasera ben posizionato in scaletta grazie a pezzi come “Walla Walla”, “Have you Ever” e “Staring At The Sun”, cantate a squarciagola da buona parte degli astanti e interpretate con convinzione da una band ormai rodata da un quarto di secolo di attività. Certo, un po’ di presenza scenica in più non guasterebbe, ma dal punto di vista musicale nulla si può eccepire a Dexter, Noodles e al sempre formidabile Greg-K, così come anche i nuovi entrati Pete Parada e Todd Morse – già chitarrista degli H2O – sono riusciti a non far rimpiangere Ron Welty e Chris “X-13” Higgins. Dopo una breve parentesi acustica – caratterizzata da un’inedita versione per solo piano e voce di “Gone Away”, accolta in maniera un po’ freddina dal pubblico, e dalla ballad “Kristy, Are You Doing Okay?” – l’atmosfera torna a scaldarsi grazie a canzoni come “Hit That”, “What Happened To You?”, “Why Don’t You Get A Job?”, ideali per far cantare l’intero Alcatraz prima che le note di “Intermission” sanciscono l’inizio dell’intervallo. Non ci sono stavolta particolari siparietti ad intrattenere gli astanti durante l’uscita di scena dei cinque – giusto qualche pallone gonfiabile gettato tra la folla dai roadie – ma, al loro rientro on stage, i nostri si fanno perdonare grazie all’esecuzione di pezzi come “Americana”, “All I Want” e “Kids Aren’t Alright”, ovvero quanto di meglio la discografia post-Smash abbia da offrire. Scende poi di nuovo buio in sala e, dopo l’ennesima uscita di scena, è il momento dei bis, in cui trovano posto la convincente “Hammerhead”, la divertente “Want You Bad” e una “Self Esteem” cantata a squarciagola da tutto il pubblico, degna di chiusura di uno show privo di grosse sorprese ma comunque in grado di lasciare un buon ricordo nella maggior parte dei presenti. Il furore giovanilistico del periodo Epitaph – così come i dread i Dexter – non è ormai che un lontano ricordo, ma dal vivo resta sempre un piacere vedere in azione i quattro rocker di Orange County, anche per chi ha superato da un po’ l’adolescenza e si è ormai rassegnato a dover ascoltare “Nitro” e “Genocide” solo su disco.