Report a cura di Carlo Paleari
In una settimana particolarmente ricca di appuntamenti nell’area milanese, trova spazio anche una interessante serata a base di fiero metallo del Nord. Al Legend, infatti, approda il tour denominato The Arctic Circle Alliance – Chapter One, manifestazione che vede tre consolidate realtà unire le loro forze per una serata di metal estremo dalle molteplici sfumature. Come co-headliner abbiamo i finlandesi Omnium Gatherum, con il loro death metal melodico, e gli islandesi Skálmöld, che si sono fatti conoscere per il loro viking metal dalle tinte folk. L’occasione è la pubblicazione di uno split in 7” da parte delle due formazioni, che presentano un nuovo brano a testa. A dare ulteriore valore si aggiungono gli Stam1na, anch’essi finlandesi, con la loro folle miscela di progressive, musica estrema e thrash. Il pubblico non è numerosissimo, qualche decina di persone, e anche un locale di dimensioni ridotte come il Legend risulta alle fine piuttosto vuoto. Nonostante questo, le band coinvolte non si lasciano intimidire e danno vita ad uno show soddisfacente per tutti i presenti.
STAM1NA
I primi a salire sul palco sono gli Stam1na, che hanno il difficile compito di dar fuoco alle polveri di fronte ad uno scarno manipolo di avventori. Per fortuna, però, i finlandesi si buttano anima e corpo nella performance, radendo al suolo ogni incertezza. La proposta del gruppo non è semplice ed immediata: si tratta di un furioso tornado di violenza e tecnica, che racchiude in sé momenti di pura follia sonora, continui cambi di tempo e un quantitativo annichilente di riff. Sarebbe facile, dunque, perdersi nella noia di una proposta difficile da digerire, invece gli Stam1na convincono pienamente, sia per la grande energia che riversano nella performance, sia per la simpatia dei componenti che scherzano con il pubblico, incitandolo e coinvolgendolo. Da parte sua, la platea non è da meno: gli Stam1na non sono sconosciuti tra i presenti e, anzi, si fa notare in senso positivo un piccolo ma agguerrito gruppo di ascoltatori che conosce le canzoni. Addirittura, mentre ci aggiriamo nel locale ancora mezzo vuoto, ci ritroviamo di fianco a due ragazze che, oltre a dimenare le loro lunghe chiome al ritmo impazzito della musica, cantano a squarciagola perfino i testi in finlandese del gruppo. Nei quaranta minuti a loro disposizione, gli Stam1na ci regalano nove brani che attraversano tutta la loro discografia, tra cui segnaliamo particolarmente la potente “Pala Palalte” e “Panzerfaust”. Al termine della performance i ragazzi ringraziano sentitamente e invitano il pubblico a raggiungerli al banchetto del merchandising, lasciando il palco agli Skálmöld.
SKÁLMÖLD
Dopo una performance vorticosa e violenta come quella degli Stam1na, tocca alla formazione islandese far continuare degnamente la serata. Gli Skálmöld si presentano al pubblico con il loro viking metal e si gettano subito nella mischia con “Árás”, facendo immediatamente notare la differenza sostanziale rispetto alla prima band salita sul palco. Il sound degli islandesi è più quadrato, quasi lineare, e punta sull’impatto e sulle melodie guerresche. La formazione è interessante, con tre chitarre a creare il muro sonoro e le parti vocali gestite principalmente da Björgvin Sigurðsson ma condivise anche con il resto della band. Anche gli Skálmöld interagiscono molto con il pubblico, regalando qualche divertente siparietto, con il chitarrista Baldur Ragnarsson che non dice mai una parola ma si limita ad incitare il pubblico con urla inintelligibili e sguardo da invasato, mentre Sigurðsson finge di scusarsi del suo primitivo compagno. La performance procede e il pubblico sembra apprezzare, anche se, a nostro parere, gli Skálmöld sono la formazione meno interessante tra quelle presenti nella serata. Nonostante, infatti, dal punto di vista della performance la band abbia fatto del suo meglio per portare a casa il risultato, la qualità della scrittura non è sempre di livello altissimo, limitandosi a gravitare intorno ai cliché del genere. Tra le composizioni presentate citiamo volentieri la festosa “Gleipnir”, la cadenzata “Niflheimur” e, in generale, gli episodi più riusciti ci sembrano quelli dove la componente folk è maggiormente sottolineata. È il caso di “Narfi”, ad esempio, oppure la conclusiva “Kvaðning”, uno dei brani più noti ed amati della band, che scatena il pubblico in una festosa celebrazione vichinga. L’orda barbarica, dunque, si congeda tra gli applausi e la platea ne approfitta per ricaricarsi prima dell’ultima band in programma.
OMNIUM GATHERUM
Gli Omnium Gatherum fanno il loro ingresso sul palco del Legend sulle note dello strumentale “Luoto”, per poi gettarsi nell’accoppiata di apertura dell’ultimo “Grey Heavens”, ovvero “The Pit” e “Skyline”. Il sestetto finlandese non concede pause e carica a testa bassa il gruppo di ascoltatori assiepato nelle prime file. Le chitarre sciorinano riff su riff di scuola melodic death e i musicisti scapocciano di gusto assieme al pubblico. Inarrestabile anche il cantante Jukka Pelkonen, che non si risparmia ringhiando nel microfono e cercando il contatto diretto col pubblico, stringendo mani ed incitando la prima fila senza sosta. La scaletta scorre veloce prediligendo gli ultimi due album della band: da “Beyond”, infatti, vengono estratti ben sei brani, mentre quattro da “Grey Heavens”. Trova spazio anche l’ultimo inedito pubblicato, “Blade Reflections”, che si fa notare per la pregevole melodia e le chitarre gemelle in bella evidenza, mentre altri highlight della serata sono “Nightwalkers”, più sinistra e oscura, e la muscolare “Frontiers”, che giustamente Jukka presenta come una ‘headbanging song’. “The Unknowing” abbassa un po’ il livello della velocità, pur senza perdere in potenza e pathos, mentre ci si avvia verso la conclusione del set con “New World Shadows”. I sei musicisti appaiono affiatati e compatti, con le chitarre in primo piano a spingere sull’acceleratore, mentre il frontman abbaia senza requie. Precisa e potente anche la sezione ritmica che non perde un colpo, mentre rimane un po’ defilato il contributo di Aapo Koivisto alle tastiere, che vengono sovrastate dagli altri strumenti e relegate, anche fisicamente, in un angolo del palco, quasi dietro una delle colonne portanti del locale. Rimangono ancora una manciata di minuti prima di far calare il sipario sulla serata e la band lo sfrutta al meglio, con una versione terremotante di “Ego”, preceduta dall’intro di “These Grey Heavens”, e la conclusiva “Storm Front”, che pone il sigillo su una serata per pochi intimi, ma di qualità. L’Alleanza del Circolo Polare Artico è stata suggellata e la dicitura ‘Chapter 1’ ci fa ben sperare per una nuova calata verso i lidi più temperati del Mediterraneo. Una buona occasione per non mancare!