18/02/2025 - OPETH + GRAND MAGUS @ Tempodrom - Berlino (Germania)

Pubblicato il 23/02/2025 da

Poche band riescono ad organizzare una data infrasettimanale, nel bel mezzo di un inverno gelido e portare a casa un sold-out; gli Opeth sono decisamente tra queste.
Il quintetto svedese approda in pompa magna nella capitale teutonica, motivato a suonare e far conoscere la sua ultima fatica discografica dal titolo “The Last Will and Testament”; un album in cui gli Opeth riabbracciano le sonorità più pesanti, mescolandole con quel lato oscuro e malinconico che li ha resi – nel corso dei decenni –  famosi e amati dal grande pubblico.
Ad aprire le danze troviamo i Grand Magus, compagine battente – come per gli headliner – bandiera gialla e blu, nonché esponente di tutto rispetto di quell’heavy metal fatto di voci calde, giacche di pelle e rombanti Harley Davidson.
Due band, queste, assolutamente manichee dal punto di vista stilistico, ma in grado di regalare un ottimo spettacolo che va oltre lo stile d’appartenenza e si focalizza su quella che, in questi casi, dovrebbe essere l’unica vera protagonista: la buona musica.

Il pubblico metal berlinese sa bene che quando il Tempodrom viene scomodato per fare da location di un concerto, l’affluenza e la performance sono destinate ad essere di livello. Il palazzetto ha infatti ospitato, nel corso degli anni, artisti illustri ed eventi importanti, supportati da una struttura moderna, ottimamente servita, all’avanguardia per quanto riguarda l’abbattimento delle barriere architettoniche e, non meno importante, dotata di una acustica eccellente.
All’apertura delle porte – prevista per le 19:00 – la schiera di metallers teutonici è già in fila e affolla le scalinate coperte da neve che circondano l’ingresso, banchettando con gli immancabili currywurst e annaffiando il tutto con birra chiara, mantenuta gelida dalle condizioni atmosferiche (che mandano il termometro ben sette gradi sotto lo zero).

I GRAND MAGUS spuntano sul palco in perfetto orario e inondano il palazzetto con il loro heavy metal diretto e sincero, suonato da un trio che non si risparmia minimamente e regala un quarantacinque minuti di buona musica.
Pezzi come “Jailhouse Rock” – cover del capolavoro di Elvis Presley –  fanno un ottimo lavoro di riscaldamento e mettono le basi per brani come “Hammer Of The North” e “I, The Jury”, magistralmente cantati da Janne Christoffersson che, oltre ad una gran performance vocale, tiene il colpo anche sul profilo chitarristico, presentandosi come un artista poliedrico e capace.
I Grand Magus si vendono bene sul palco e riescono a trasmettere quella grinta genuina che ha reso l’heavy metal così grande ed apprezzato; il terzetto si muove bene e mostra come una compagine piccola riesca comunque a portare a casa uno spettacolo di tutto rispetto quando le idee e la visione del gruppo sono accompagnate da un solido reparto tecnico e un’esperienza ormai quasi trentennale.

Se l’adrenalina è stata la scintilla che ha acceso i fuochi della prima parte della serata, la contemplazione e la profondità sembrano essere gli elementi che aprono il secondo atto; nuovo stile, questo, che risulta palese già durante il cambio palco, fatto a luci quasi spente e accompagnato da rumori scricchiolanti che ci trasportano dentro una vecchia villa polverosa, palcoscenico su cui “The Last Will and Testament” – l’ultimo album degli OPETH – si ambienta.
Lo spettacolo del quintetto svedese si apre con “§1”, il primo brano dell’ultimo lavoro discografico della band presentato in questo tour europeo e di cui vengono suonate quattro tracce in sede live. Sin dai primissimi momenti l’energia trasmessa dal gruppo è alta, complici anche le sonorità particolarmente pesanti che sono alla base dell’ultimo lavoro della band e la risposta del pubblico – che ormai ha riempito l’intera sala – è sicuramente incoraggiante.
Nei novanta minuti che seguono, la band alterna sapientemente tracce estratte da “The Last Will and Testament”, intervallandole con capolavori del passato come “The Leper Affinity” o “In My Time Of Need” e riportando a galla delle piccole gemme del calibro di “The Night And The Silent Water”, presa dal bellissimo “Morningrise” e suonata nella sua interezza.
La location scelta per il concerto è tra le più adatte dell’ecosistema berlinese e l’impatto sonoro della band viene valorizzato da un service di esperienza, in grado di lavorare bene con le sonorità degli Opeth che spaziano da riff pesanti e graffiati ad accompagnamenti basati su arpeggi acustici e pianoforti; a riprova del fatto che il successo di un evento musicale non è definito esclusivamente dagli artisti coinvolti ma piuttosto sorretto da un’equipe – spesso poco visibile – di persone capaci, in grado di far percepire al pubblico le sfumature musicali che i musicisti vogliono trasmettere.
Molto interessante, ad opinione di chi scrive, la scelta fatta dal gruppo svedese per la scaletta, che da sempre riesce a presentare il nuovo senza mai dimenticare le origini, regalando – di tanto in tanto – delle perle musicali inaspettate, provenienti da album rilasciati decadi orsono. Piccoli amarcord, questi, puntualmente insaporiti da aneddoti e storie di vita vissuta ‘on the road’, raccontati da un Mikael Åkerfeldt ormai famoso per la sua spigliatezza quanto per la sua inguaribile logorrea.
Nonostante gli Opeth attingano moltissimo dall’inesauribile carisma di Åkerfeldt, vale la pena sottolineare come l’intera compagine sia sorretta da musicisti di ottimo livello come Fredrik Åkesson, che ci regala ancora una volta delle parti di chitarra suonate magistralmente e il nuovissimo Waltteri Väyrynen, unitosi solo nell’ultimo anno e – seppur dotato di buona tecnica – ancora un po’ timido dietro le pelli.
La chiusura del concerto viene regalata ad un encore composto dalle bellissime “Sorceress” e “Deliverance”, pezzi che accompagnano spesso le performance dal vivo della band e ampiamente e chiamati dal pubblico in attesa del ritorno in scena dei nostri per la conclusione della serata.
Osservando il comportamento delle persone che assistono alla performance risulta interessante realizzare come l’interazione del pubblico in un evento live sia cambiata radicalmente e che – in un mondo digitalmente sempre più connesso – gli spettatori non riescano più a godersi la ‘sorpresa’ di una data live ma si accomodino in platea con una scaletta ben scritta sul proprio smartphone e, probabilmente, pre-ascoltata su una playlist creata ad hoc.
Aspetti, questi, che influenzano sicuramente la presentazione di nuovo materiale da parte di una band e l’interazione con gli ascoltatori stessi, i quali risultano – ad opinione di chi scrive – più distaccati nell’assistere ad uno spettacolo di cui già conoscono l’andamento, tendendo a vivere l’evento come lo svilupparsi di un libro di cui si conosce la trama piuttosto che come un momento di scoperta, curiosità e fisiologica emozione.

 

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