A cura di Luca Pessina
Allora… se gli Opeth suonano a Londra, se è stato reso noto che il loro concerto verrà filmato per un DVD e se ad aprire la serata sono stati invitati come very special guest i Paradise Lost, il risultato quale può essere? Facile: locale sold out e fila chilometrica (nel vero senso della parola!) all’ingresso. Metalitalia.com era presente alla Roundhouse di Londra il 9 novembre e qui di seguito vi racconterà cosa è accaduto durante questo appuntamento speciale!
PARADISE LOST
Grey
Hallowed Land
Erased
Redshift
Embers Fire
No Celebration
Shadowkings
Pity The Sadness
As I Die
One Second
Forever After
Eternal
Say Just Words
OPETH
C’è ben poco da dire che non sia già stato detto su un concerto degli Opeth. Il gruppo svedese negli ultimi anni è andato in tour spessissimo ed è diventato praticamente perfetto sotto ogni punto di vista. Gli ultimi arrivati Per Wiberg e Martin Axenrot si sono inseriti alla grande nella band e il leader Mikael Akerfeldt ha affinato sempre più le sue doti di frontman, non limitandosi più a suonare e cantare, ma spendendo sempre anche qualche frase per annunciare ogni brano e per intrattenere la folla. Già di norma ogni concerto degli Opeth è visto come una sorta di evento da tutti i loro fedelissimi fan, quindi potete immaginare la tensione che si respirava questa sera all’interno della Roundhouse di Londra, il luogo scelto dal quintetto per filmare il suo nuovo DVD. Ci si chiedeva che brani i nostri avrebbero proposto, se ci sarebbe stato spazio per qualche sorpresa, oppure se il palco sarebbe stato allestito in una maniera particolare. Per fortuna, una volta terminato l’ottimo show dei Paradise Lost, il cambio palco è stato breve e alcune delle curiosità sono state immediatamente soddisfatte. Contrariamente alle aspettative, il palco non presentava alcuna scenografia ad eccezione di un maxi schermo, sul quale in seguito sarebbero state proiettate delle suggestive immagini legate ai titoli dei brani e ai rispettivi album. Batteria e tastiere ovviamente erano state posizionate in fondo, una vicino all’altra, mentre al centro capeggiava il microfono di Akerfeldt, pronto a diventare uno dei protagonisti della serata. Come dicevamo, il tempo intercorso tra lo show dei Paradise Lost e quello degli Opeth non è stato lungo: dopo appena venti minuti le note dell’intro hanno iniziato a fuoriuscire dagli amplificatori e, ancora con le luci accese, i cinque hanno fatto il loro ingresso, salutando calorosamente la folla. Il ruolo di opener dello show è toccato alla magnifica “When”, uno dei brani migliori del capolavoro “My Arms Your Hearse”. Si è notato subito che i suoni erano calibrati in modo eccellente e che il pubblico era stra-entusiasta, tanto che spesso capitava che i cori quasi coprissero la voce di Akerfeldt. Non male davvero, come inizio. Ma il bello doveva ancora arrivare, perchè, dopo l’esecuzione della nuova “Ghost Of Perdition”, gli Opeth hanno dato spazio a composizioni fra le più ricercate della loro discografia! Stiamo parlando di “Under The Weeping Moon”, di “Face Of Melinda” e, soprattutto, di “The Night And The Silent Water”… quest’ultima non suonata in sede live da circa dieci anni! Onore agli Opeth per essere stati tutto fuorchè prevedibili nello scegliere le song da proporre: essendo ancora in tour per promuovere “Ghost Reveries”, sarebbe stato comodo puntare su quest’ultimo o sui dischi appena precedenti, invece i nostri hanno dimostrato di avere ancora a cuore la loro vecchia discografia e di non volerla affatto dimenticare. Oltre ai succitati brani, c’è stato spazio anche per “Bleak” e “Blackwater Park” – più recenti, ma non sempre suonati negli ultimi tempi – e per “Windowpane” da “Damnation”, unica parentesi totalmente soft dello spettacolo. Dopo oltre un’ora e mezza di concerto, gli Opeth si sono dunque cimentati nel classico siparietto dei finti saluti, abbandonando il palco per poi ricalcarlo un paio di minuti dopo tra gli applausi. Anzichè annunciare subito un altro pezzo, Akerfeldt ha però speso un po’ di tempo nel presentare i suo compagni della band e solo dopo una decina di minuti i nostri hanno ripreso in mano gli strumenti, salutando il pubblico con una versione decisamente brutale di “Demon Of The Fall”. Durante l’esecuzione di quest’ultimo, gli astanti si sono davvero scatenati, arrivando anche ad esibirsi in alcuni stage-diving, cosa alquanto insolita per un concerto degli Opeth. A brano concluso, si sono sprecate le richieste per un nuovo bis, ma il tempo a disposizione del quintetto questa volta era proprio esaurito. Le luci si sono accese e i cinque svedesi hanno giusto fatto in tempo a ringraziare i fan e a stringere qualche mano prima di essere anch’essi allontanati verso i camerini. D’altronde, a Londra le cose vanno in questa maniera ai concerti: se alle 23 si deve finire, alle 23 si finirà… senza guardare in faccia a nessuno!
Ghost Of Perdition
Under The Weeping Moon
Bleak
Face Of Melinda
The Night And The Silent Water
Windowpane
Blackwater Park
Demon Of The Fall