Due delle death metal band più in vista degli ultimi anni uniscono le forze per un tour europeo e si portano dietro come supporto una consolidata realtà del death-grind made in Europe. Pienone all’Underworld? Non esattamente. La crisi si fa sentire per tutti: in una settimana in cui Londra ha assistito (o assisterà) alle calate di Deafheaven, Kylesa e, soprattutto, Decapitated e Aborted, sono in pochi coloro che possono permettersi di presenziare a ogni singolo show. Tocca fare delle scelte e, a quanto pare, nonostante si tratti di un comodo venerdì sera, questa volta non sono in molti coloro ad aver deciso di accorrere a Camden Town per supportare Origin e Psycroptic. Quando riusciamo a entrare nel locale, la cornice ci risulta infatti piuttosto triste…
LENG TCH’E
… vi sono solo una quarantina di persone davanti al palco per l’esibizione in corso dei “razor-grinder” belgi Leng Tch’e. Il gruppo sta già godendo di suoni molto potenti e Serge Kasongo non manca di dimostrarsi un frontman particolarmente vitale e simpatico, tuttavia si ha quasi subito l’impressione che la performance dei Nostri non interessi più di tanto al già di per sè sparuto drappello di astanti. Dei “fedelissimi” arrivano a salire sul palco e a dividersi il microfono con Kasongo per alcune tracce, ma si tratta di un paio die-hard fan tra quattro/cinque file di persone pressochè impassibili. Un peccato, perchè il quartetto questa sera dimostra seriamente di essere “in palla” e di avere il palco del tutto sotto controllo. Persino i pezzi degli ultimi lavori, “Marasmus” e “Hypomanic”, che su CD ci sono spesso apparsi un po’ freddi o inspidi, acquistano svariate marce in più in termini di groove e impatto. I Leng Tch’e, insomma, sfoderano una prestazione molto energica e convincente, ma non raccolgono quasi per niente i frutti sperati. Kasongo pare non farci caso – anzi, sembra proprio divertirsi come un matto – ma a conti fatti resta l’impressione di una serata sfortunata per questi ragazzi.
PSYCROPTIC
Sin dalle prime battute del loro show, gli Psycroptic possono beneficiare di un supporto più massiccio da parte della folla, nel frattempo assestatasi sul centinaio di unità circa. La band, sospinta dall’entusiasmo, cavalca l’onda e si getta in un set piuttosto compatto, che viene interpretato con la consueta incredibile precisione a livello tecnico. Se non fosse per le vocals del nuovo arrivato Zdenek “GTboy” Šimecek – che sostituisce temporaneamente Jason Peppiatt in tour, finchè questo è impegnato sul fronte familiare – potremmo quasi dire di stare ascoltando un CD, considerata la massima fedeltà sotto il profilo strumentale e la pienezza e la pulizia dei suoni. Anche al basso troviamo un volto nuovo (l’ex Nile e Divine Heresy Joe Payne), tuttavia la lineup riesce ad eseguire tutto in maniera impeccabile, come se suonasse assieme da anni. Certo, c’è anche chi critica i Nostri per essere oltremodo freddi sul palco e li accusa di non badare ad altro che a suonare. Sicuramente un po’ di trasporto in più da parte del chitarrista Joe Haley non guasterebbe, tuttavia anche uno show di questo tipo ha il suo fascino. Probabilmente non vedremo mai negli Psycroptic una band in grado di provocare esaltazione collettiva e pogo massiccio, ma ammirare dei musicisti talmente preparati e ascoltare del techno-death-thrash riproposto con tale scrupolosità non è comunque qualcosa che capita ogni giorno. La maggior parte del pubblico pare pensarla nella stessa maniera e, anche se qua e là si sente effettivamente la mancanza di una bella dose di sana ignoranza, per gli Psycroptic la serata si conclude in un piccolo trionfo.
ORIGIN
La palma di miglior gruppo della serata va però agli Origin, che in una cinquantina di minuti si rendono protagonisti di uno show intensissimo e molto divertente. Iniziamo col dire che la band dal vivo dovrebbe cercare di avvalersi di una seconda chitarra, perchè alcune sezioni, soprattutto all’altezza degli assoli di Paul Ryan, risultano troppo esili se paragonate al disco; questo nonostante la sezione ritmica faccia costantemente un “lavorone” per mantenere il suono il più pieno possibile. Detto questo, però, va sottolineato come gli Origin anche in sede live palesino un affiatamento e una consistenza straordinari: le velocità sono folli, la difficoltà di certe partiture è a dir poco estrema, eppure, i Nostri – il suddetto Ryan alla chitarra, John Longstreth alla batteria e Mike Flores al basso – interpretano il tutto con innata scioltezza, riuscendo peraltro ad accentuare le componente prettamente heavy/ignorante del loro death metal, per la gioia di chi, oltre alla tecnica, pretende anche un certo impatto. Su tutto questo, si staglia infine il growling dell’ex Skinless Jason Keyser, cantante tutto sommato nella media (tra l’altro aiutato in vari passaggi dal duo Ryan/Flores alle backing vocals), ma dalle naturali doti di showman: brillanti ed imprevedibili i suoi interventi tra un brano e l’altro, che strappano grasse risate persino ai suoi compagni di lineup, i quali, evidentemente, non sanno neppure loro dove questa specie di cabarettista death metal andrà a parare. Con una battuta dopo l’altra, Keyser si guadagna il supporto incondizionato dei presenti e attira su di sè tutta l’attenzione, sia quando prova a organizzare un improbabile contest di stage diving ed headbanging, sia quando si getta lui stesso dal palco inneggiando a Mike Flores come Primo Ministro. In pochi minuti viene quindi a crearsi un curioso contrasto fra questi spassosi siparietti e la freddezza e l’inumanità del death metal proposto, che viaggia appunto su ritmiche e fraseggi semplicemente alienanti. Snocciolando i loro pezzi più noti – da “Wrath Of Vishnu” a “Saligia” – gli Origin danno in pasto ai presenti esattamente ciò per cui questi ultimi sono accorsi quest’oggi all’Underworld, riscuotendo una lunga serie di ovazioni. Come accennato in apertura, la cornice è lungi dall’essere quella delle grandi occasioni, ma gli Origin lasciano ugualmente il segno sotto ogni punto di vista e si congedano da vincitori.