Report a cura di Marco Gallarati
Una delle più classiche ‘serate per pochi intimi’ si è svolta venerdì 19 maggio presso – guarda un po’! – il Circolo Svolta di Rozzano, nella periferia meridionale di Milano, venue piuttosto spaziosa, ben tenuta ed onesta posta all’interno di un capannone. Tirata in piedi dall’attiva NeeCee Agency e da Argonauta Records, una label che sta dimostrando di avere buon fiuto ed orecchio ormai da qualche anno a questa parte, la serata ha previsto il pre-ascolto del nuovo album degli Avatarium, “Hurricanes And Halos”, in questi giorni fuori per Nuclear Blast, per poi lasciare spazio alle tre compagini targate Argonauta, in grado di sollazzare degnamente gli sparuti spettatori accorsi. I romani Otus, i veronesi Wows e i milanesi The Red Coil hanno offerto un buon intrattenimento, reso ovviamente arduo dall’esiguo numero di astanti e dal locale semi-vuoto, che comunque non ha impedito a codeste band di esprimersi con professionalità, passione e mezzi più che validi. Ma entriamo nel dettaglio dell’evento…
THE RED COIL
Tempo di ordinare una birra al bancone dello Svolta e i The Red Coil si appostano on stage. Il quintetto meneghino è freschissimo di firma con la label co-promoter della serata e si trova in studio per registrare il successore del debutto “Lam”, ormai datato 2012. Viene infatti proposto qualche brano nuovo, non troppo distante da quanto già composto in passato: ci troviamo quindi su coordinate decisamente sludge-southern metal, tra Down, Black Label Society, Pantera e anche un filo di influenza europea soprattutto riscontrabile in reminiscenze Entombed. I suoni sono grassi e un po’ confusi, la band risulta rumorosa e ‘sporca’ il giusto, anche se resta da capire se la resa sonora in questa maniera è stata voluta oppure ottenuta ‘involontariamente’. I ragazzi hanno circa una mezzoretta a disposizione e la sfruttano ciarlando lo stretto indispensabile e riversando la loro carica sul pubblico. Tra stentorei groove ultrasentiti ma sempre coinvolgenti, lievi accenni in territori più doom e psichedelici, la voce e la presenza fisica di Marco Marinoni in buono spolvero e velleità solistiche da migliorare, la performance della Spirale Rossa termina sufficientemente bene, convogliando applausi meritati.
WOWS
Con i seguenti Wows entriamo nel clima più atmosferico dell’happening, grazie ad un approccio molto più introspettivo, originale ed ostico rispetto a chi li ha preceduti. Non amiamo particolarmente i gruppi il cui frontman dà le spalle all’audience, anzi, siamo proprio prevenuti; ma in questo caso, non si può certo bocciare un’ottima esibizione per una scelta artistica discutibile. I sei ragazzi veronesi propongono una piuttosto personale rivisitazione di sonorità ambigue e non ben classificabili, se non sotto gli evanescenti indicatori di ‘post’, ‘atmospheric’, magari associati a qualche termine più concreto quali ad esempio ‘doom’ e ‘sludge’. In realtà l’attitudine dei Nostri non è sludge e non è doom, sicuramente post: la loro musica è composta da pieni e vuoti, alternati in lunghe sezioni che sono apparentemente un flusso unico di energia sensoriale. Nei momenti più psichedelici e drone, a volte si fa fatica a star loro dietro, pur comprendendone appieno l’utilità e il raziocinio; difatti, quando i crescendo si fanno prepotenti e le esplosioni di vitalità groovy e ondeggianti eruttano con vigore, allora sì che i Wows stupiscono e a tratti strabiliano, padroni di un unicum sensitivo che tracima dagli ampli, ottimamente spinti al massimo da un cantante, Paolo Bertaiola, perfetto per queste sonorità. Le chitarre si arrotano su reminiscenze tooliane che non mancano di far smuovere il piede, la batteria è fantasiosa e puntualissima, anche con un gran gioco di piatti, a dettare i ritmi del rituale onirico, così come un basso che sa ritagliarsi momenti di gloria laddove i synth prendono in mano la situazione quando c’è da rallentare e ‘svuotare’ lo spettro sonico. Poco meno di un’ora di esibizione, in cui non abbiamo capito quante canzoni siano state suonate, ma che è bastata per farci viaggiare a vele spiegate in una dimensione nella quale il Tempo si plasma a piacimento. Ottimi e bella scoperta!
OTUS
Degli Otus, che chiudono meritoriamente questa infornata di band Argonauta, abbiamo già detto parecchio in sede di recensione ed intervista. Non potevamo quindi perderceli, per chiudere il cerchio delle impressioni, in occasione di questa data milanese. Con un’ora a disposizione, la setlist è stata presto stabilita: esecuzione quasi integrale del debut-album “7,83 Hz”, con l’esclusione della sola title-track, brano strumentale ambient-drone che sicuramente dal vivo può essere un ‘freno’ all’esibizione, invece di renderla ancor più mesmerizzante. La miscela di Sabbath e post progressivo e psichedelico viene sciorinata dal quintetto con una buona resa sonora ed una presenza scenica di basso profilo ma comunque dimostrante la passione, la grinta e le grandi doti tecniche dei Nostri. Fabrizio Aromolo, frontman-ai-synth, ci spara in faccia le sue linee vocali urlate ed evocative, mentre chitarre e basso giocano a rincorrersi con partiture spesso diverse ed ottimamente intersecate fra di loro. “Avidya” e “Last Of The Four” mettono subito in chiaro le armi preponderanti dal vivo messe in campo dagli Otus: gran tiro groove, riff da headbanging e momenti acustico-psichedelici in cui lasciarsi accompagnare dalle derive catatoniche della musica. Poche, pochissime parole per la band, che esegue il suo repertorio senza praticamente mai fermarsi, avvolgendo lo scarno pubblico in un’aura ipnotica e purificatrice. Si arriva in un batter d’occhio a “Res Cogitans, Res Extensa”, lungo pezzo di chiusura che conduce tutti quanti al termine dell’esibizione e dell’evento. Si confermano quindi formazione di valore, i cinque romani, e soltanto ci rammarichiamo un’ulteriore volta di come queste date underground, anche quando ben pubblicizzate e a prezzo irrisorio, non riescano a richiamare mai oltre che una stretta manciata di persone. Un vero peccato: cornici scoraggianti per tutti, dai promoter ai locali, dalla musica a soprattutto i musicisti.