Report a cura di Andrea Intacchi
Fotografie di Moira Carola
Breve premessa folkloristica: su alcune maglie celebrative del qui presente Killfest Tour, apparse negli stand riservati al merchandising, vi erano anche, con tanto di location, le due date italiane previste, 8 marzo a Bologna, 9 marzo a Palosco, Bergamo. Simpatico l’aver poi appurato che entrambi gli show abbiano cambiato luogo, chi con debito avviso, chi il giorno prima…
Sorpassando l’appunto logistico, veniamo quindi al racconto di un’altra serata di thrash all’ennesima potenza in quel di Fontaneto d’Agogna, nel giro di soli tre mesi. Se a dicembre la provincia novarese era stata presa d’assalto dal quartetto made in Exodus, Sodom, Death Angel e Suicidal Angels, in questo sabato post-carnevalesco, un’altra dose di elettricità adrenalinica si è abbattuta sul locale piemontese. Overkill, Destruction, Flotsam And Jetsam e Chronosphere hanno testimoniato, ancora una volta, l’ottimo stato di forma del genere più energico del panorama metallico. Phenomenon che si è dimostrato nuovamente all’altezza della situazione e con esso il pubblico. Unica pecca, la presenza di alcuni cialtroni (e ci fermiamo qui) che, come testimoniato da più di un metallaro, hanno pensato bene di portarsi a casa come souvenir diversi portafogli e telefonini. Per loro, prendendo spunto dall’inno ufficiale di Bobby ‘Blitz’ e soci, un solo ed unico “Fuck You”. Ma torniamo alle 19 di sabato, quando sul palco è apparso il telone targato Chronosphere. Buona lettura!
CHRONOSPHERE
Una trentina i minuti a disposizione del quartetto greco. Mezzora di sano e genuino thrash metal utile a scaldare un Phenomenon non ancora nel pieno della propria capienza. Coadiuvata da suoni non sempre impeccabili, la band guidata da Spyros Lafias non perde assolutamente tempo e, tra un riff al fulmicotone e l’altro, lancia sulla folla una manciata di brani estratti dai tre album realizzati. Tanta l’energia riversata dai ragazzi ellenici il cui show, pur di breve durata, ha il merito di incanalare l’ambiente su una strada che, via via, prenderà sempre più velocità. Una miccia iniziale prima delle successive esplosioni. Tra i momenti clou della serata made in Chronosphere segnaliamo “Warriors” e “Picking Up My Pieces” dall’ultimo “Red’n’Roll”, oltre a “Brutal Decay” dal precedente “Embracing Oblivion”. A chiudere una setlist tanto serrata quanto coinvolgente, ci pensa una cover di tali Motörhead; una gentile “Ace Of Spades” così, tanto per gradire. Ed ora una breve pausa: salutiamo i giovani greci e diamo il benvenuto ad un gruppo sicuramente più maturo.
FLOTSAM AND JETSAM
Leggendo i commenti ‘sociali’ post-concerto, sono molti i fan che avrebbero voluto un maggiore spazio per la band dell’Arizona, ma tant’è. Riteniamoci comunque soddisfatti della qualità e quantità portata on stage da Eric ‘A.K.’ Knutson e compagni, i quali, oltre ad alcune gemme (ormai incastonate) del passato, propongono alcuni pezzi contenuti nel recentissimo, e pesantissimo, “End Of Chaos”. Ed è proprio con “Prisoner Of Time”, opener del suddetto album, che si apre lo show del combo americano: buona in generale l’esecuzione anche se, come avverrà più avanti con “Demolition Man”, l’amalgama completa sui nuovi brani è ancora in fase di miglioramento. Coesione che non manca sicuramente su “Desecrator”, scatenando così la folla assiepata poco oltre le transenne. E dopo aver dedicato “Iron Maiden” al suo gruppo preferito, il buon Eric chiama a sé il pubblico per un salto indietro nel tempo di oltre trent’anni: l’album è ovviamente “Doomsday For The Deceiver”, il pezzo è “Hammerhead”, per l’estrema felicità della massa umana che, soprattutto a centro palco, scalda ulteriormente i motori in vista dei traumi che arriveranno in seguito. Il tempo è tiranno e così, dopo una sontuosa “Suffer The Masses” ed un’altra hit dell’ultimo full-length (“Prepare For The Chaos”), i Nostri ci salutano con il più classico dei “No Place For Disgrace”, a dir poco trascinante. Giù il cappello davanti a band come i Flotsam And Jetsam, a dimostrazione di come la passione vince sempre, sopra ogni cosa.
Setlist
Prisoner Of Time
Desecrator
Iron Maiden
Hammerhead
Demolition Man
Suffer The Masses
Prepare For The Chaos
No Place For Disgrace
DESTRUCTION
Non sappiamo con certezza se e, eventualmente, quanti succhi d’arancia abbiano bevuto nel backstage; sappiamo per certo che i Destruction, senza tanti giri di parole, hanno spaccato tutto. Supportato da una collaudatissima setlist (in realtà anche un po’ monotona, visto che sono ormai tre anni che i teutonici non sfornano qualcosa di nuovo), il panzer tedesco ha mietuto vittime ovunque: dalle prime sino alle ultime file del locale, ormai pieno, da destra a manca, seguendo i movimenti scultorei dell’imponente Schmier. Sfruttando i canonici tre microfoni, l’imperioso frontman gigioneggia tra i colleghi Max e Damir, sputando sui fan le urla lancinanti del Macellaio germanico. Due chitarristi? Già, avete letto bene, perché da un paio di settimane circa, seguendo le orme dei connazionali Sodom, anche i Destruction hanno aggiunto una pedina al proprio cingolato: direttamente dalla Svizzera, Damir Eskic, è entrato a far parte della band andando così a sostenere i riff macinati dall’eterno Mike. Una new-entry che ha sicuramente giovato all’impatto sonoro del gruppo, ancor più monolitico e devastante. E allora, com’è andato lo show? Contornato da luci purpuree, ha preso il via con la classica “Curse The Gods”, seguita a ruota da una serie di deflagrazioni che, seppur già ascoltate più e più volte, è sempre un piacere poterle vivere ‘one more time’. E allora vai di “Release From Agony” e “Nailed To The Cross”, prima che Mike affili la sua chitarra intonando il riff del Macellaio Pazzo (“Mad Butcher”). Non fanno sconti i Destruction, gettando nella mischia anche la melodiosa “Dethroned”. Ma è solo una breve pausa: il carro armato giallo-rosso-nero riprende la sua folle corsa, ingranando la micidiale “Total Desaster”. Compatto, il più classico dei muri sonori, la cui ultima mattonata si chiama “Bestial Invasion”, costringendo più di un corpo a seguire la corsia per l’oasi rigenerante del locale, necessaria per riprendere fiato. Garanzia Destruction, dai quali, a questo punto, ci si aspetta un nuovo album. E adesso attendiamo…
Setlist
Curse The Gods
Release From Agony
Nailed To The Cross
Mad Butcher
Dethroned
Life Without Sense
Total Desaster
The Butcher Strikes Back
Thrash Till Death
Bestial Invasion
OVERKILL
Un reporter dovrebbe essere sempre obiettivo e rimanere super partes. Ma com’é possibile restare imparziali dopo una prestazione simile? Com’é possibile evitare le scosse trasmesse da Sua Elettricità Bobby ‘Blitz’ ogniqualvolta quest’ultimo è schizzato fuori dagli ampli laterali prima di impugnare il microfono? Com’é possibile rimanere inermi di fronte a cotanto tasso adrenalinico? Impossibile! Perché lo show degli Overkill, oltre ad aver messo fuori uso per qualche ora i timpani dei presenti, ha confermato come certe band siano in grado di creare un tutt’uno di emozioni con chi gli sta di fronte. Quelle stesse emozioni che si sono vissute in pieno durante l’ora e quaranta a disposizione dei cinque ragazzi del New Jersey. Una setlist a conti fatti perfetta, con gli evergreen del passato ad accompagnare degnamente le hit del presente, comprese alcune bombe estrapolate da album meno gettonati rispetto ad altri in sede live. Dopo una falsa partenza, le note meccaniche di “Last Man Standing” risuonano in quel di Fontaneto prima che D.D. Verni e soci prendano posizione on stage facendo così partire il rullo compressore in formato Overkill. Tutto perfetto? No, di più, perché poco dopo arriva lui, la scheggia ‘Blitz’ che, sin dalle prime parole, fa intendere che la sua ugola è dannatamente in forma. E’ un continuo salto nel tempo quello messo in atto dalla band a stelle e strisce: da “Electric Rattlesnake” ad “Elimination”, durante la quale, tra il pogo generale, appare pure una mimosa, fino alla nuovissima e groovy “Distortion”. Si scriveva di chicche riproposte per l’occasione: e allora eccole, direttamente da “W.F.O.” la sentitissima “Bastard Nation” e “Under One” ad anticipare un’altra bomba ad orologeria, “Mean, Green, Killing Machine”. Là sopra, Jason Bittner martella per bene, Bobby è caricato a molla, si mette la mano sul cuore, si tasto il polso e dice che è tutto ok, poi chiede se qualcuno è pronto per il prossimo round agitando i pugni come un vero pugile. Ed è qui che dal passato arriva il gioiello heavy/thrash chiamato “Feel The Fire”, a preannunciare il gran finale in cui fanno capolino l’ormai onnipresente “Ironbound” e l’inno iper-energetico “Rotten To The Core”. Chiusura affidata a “Fuck You”? No, o meglio quasi. Per l’attuale Killfest Tour – ma crediamo che verrà riproposto per un bel po’ di show a venire – dal nuovo “The Wings Of War”, a mettere i titoli di coda sulla serata, ci pensa “Welcome To The Garden State”. Poi è il ‘fuck you’ generale, con Bobby che schizza via, D.D. che scaraventa altrove l’asta del microfono, Danny e Derek che salutano, Jason che omaggia il pubblico con tanto di bacchette. Cosa aggiungere? Per i presenti, il ricordo di una serata sudorifera e triturante; per gli altri… sarà per la prossima volta. “Come in sit for a while, come in and feel the fire“. Ancora grazie, Overkill!
Setlist
Last Man Standing
Electric Rattlesnake
Hello From The Gutter
Elimination
Deny The Cross
Necroshine
Distortion
Under One
Bastard Nation
Mean, Green, Killing Machine
Feel The Fire
Rotten To The Core
Ironbound
Fuck You
Welcome To The Garden State