GAMA BOMB
I giovani Gama Bomb salgono sul palco vogliosi di non farsi scappare l’opportunità concessa di essere inviati all’Immortalis tour: sebbene con soli due album all’attivo (di cui uno autoprodotto) e non ancora esplosi completamente, risultano però ben conosciuti da tutti i presenti tanto da essere più volte incitati a gran voce dai (pochi) presenti. Energica la prova del quintetto che, anche se pecca dell’esperienza delle formazioni più rodate, si fa apprezzare per la propria spontaneità. Oltre alle bordate thrash presenti sul nuovo “Citizen Brain”, è bello sentir emergere anche la vena più marcatamente hardcore che si concretizza nei quaranta secondi di “OPC” che non possono non ricordare l’irruenza ed intransigenza di caposaldi come i Nuclear Assault o, se volete essere più attuali, i Municipal Waste. Immediati e altamente adrenalinici, i brani dei sudamericani non brillano certo di varietà e la pessima qualità audio del locale non gioca a favore della band, tanto da rendere in certi momenti difficile riconoscere le canzoni anche per chi come noi ha apprezzato il loro recente album. Un po’ troppo statico e poco trascinatore Luke Graham dietro al microfono, mentre il resto della band si alterna tra strumenti e cori che aggiungono un po’ di sostanza alla prova vocale di Luke. “Zombi Brew” e “Bullet Belt” colpiscono nel segno e riconfermano le buone impressioni avute nel corso della performance dei cinque ragazzi: applauditi e osannati dai presenti, abbandonano il palco sicuri nel loro piccolo di aver aggiunto un piccolo contributo ad una serata memorabile.
EXODUS
Durante il veloce cambio di palco ecco apparire il telone degli Exodus, e nel giro di qualche minuto fa la sua apparizione dietro il drumkit l’immenso Nicholas Barker, conosciuto per le sue innumerevoli collaborazioni con gruppi estremi e attualmente in vacanza con gli amici Exodus. Il silenzio viene definitivamente rotto, ed ecco salire uno dietro l’altro i quattro californiani che, galvanizzati dall’incitamento dei presenti (notevolmente aumentati), attaccano con… con… ?? Nonostante la nostra posizione centrale e una relativa distanza di sicurezza, il suono risulta talmente impastato che occorre qualche attimo per riuscire a comprendere di essere assaliti da “Bonded By Blood”. Se il pubblico con i Gama Bomb era risultato quasi addormentato ed educato, ora si risveglia improvvisamente dopo i numerosi appelli istigatori alla violenza di Rob Dukes. C’è solo l’imbarazzo della scelta tra i presenti: pogo, crowd surfing (mitico il ragazzo con la maglia della Nutella) e per chi non viene indirizzato dalla sicurezza alle uscite laterali anche lo stage diving! Nel giro di qualche minuto il Rolling Stone si trasforma in una bolgia infernale che coinvolge chiunque abbia deciso di rimanere nella zona limitrofa al palco: non un minuto di respiro ed ecco attaccare “44 Magnum Opus”, seguita dall’immancabile “Fabulous Disaster”. Le teste si muovono, la gente vola sopra la calca prodotta nella zona transennata e inizia un circle pit che continuerà senza sosta per l’intera esibizione. Un salto nel passato di oltre vent’anni ed ecco affondare sui presenti affilata e tagliente come non mai “Piranha”: fortunatamente migliora un po’ il fronte sonoro, e si riescono ad apprezzare appieno le chitarre, da sempre trascinatrici e colonne portanti del suono del gruppo d’oltreoceano. “Children Of A Worthless God” si rivelerà essere l’unico estratto dall’ormai non troppo recente “The Atrocity Exhibition… Exhibit A”, mentre il mid-tempo iniziale di “Blacklist” riesce a far riprendere un po’ il fiato ai presenti nell’attesa dell’indemoniata quartina finale. Ottima la prova di tutti i membri della band: Altus e Holt si scambiano continuamente posizione incitando e dando cinque a tutti i ragazzi delle prime file, costretti in più di un momento a fare attenzione a quello che succede alle loro spalle piuttosto ai loro beniamini sul palco. Rob Dukes è un vero animale da palco e, oltre a trascinare tutti i presenti, si rivela anche un buon comico ingaggiando qualche divertente sketch con i presenti che, non riuscendo a comprendere le domande a loro poste, vengono opportunamente sbeffeggiati dal mastodontico frontman. Sebbene priva di indecisioni dal punto di vista tecnico, risulta un po’ incolore la prestazione di Jack Gibson al basso, anche se non manca di elargire sorrisi e strette di mano e risultando ovviamente felice degli ottimi consensi ricevuti dai presenti. Nick Barker dietro il drumkit non fa fatica ad essere ben in vista e non risulta assolutamente affannato dall’esibizione e anzi, in certi momenti appare quasi infastidito dall’esecuzione di un compitino quasi scolastico. Ecco entrare in scena “Lesson In Violence”, e i presenti non ci mettono molto a mettere in pratica i proclami contenuti nel testo della canzone, il tutto ripreso dalla videocamera di un sempre più compiaciuto Dukes che gode nel vedere materializzarsi davanti ai propri occhi un tale massacro. Senza un attimo di respiro, la prestazione prosegue con “War Is My Sheperd” e la sempre attuale “The Toxic Waltz”, che riscalda l’animo di tutti i thrasher d’epoca che hanno presenziato alla data milanese. Manca poco al termine della performance e gli Exodus concludono degnamente con “Strike Of The Beast”, dove durante il break centrale Dukes si improvvisa organizzatore di un wall of death. C’è ancora tempo per qualche divertente scenetta dove il mitico Lee Altus invita un ragazzo poco più che quindicenne e gli fa letteralmente imbracciare la propria chitarra mentre regala plettri a tutti i sopravvissuti nelle prime file. Visibilmente soddisfatti dal calore e dall’energia sprigionata dai thrasher nostrani, gli Exodus salutano e lasciano ai tecnici il palco libero per preparare l’esibizione degli headliner.
SETLIST:
Bonded By Blood
44 Magnum Opus
Fabulous Disaster
Piranha
Children Of a Worthless God
Blacklist
Lesson In Violence
War Is My Sheperd
The Toxic Waltz
Strike Of The Beast
OVERKILL
Difficile descrivere la performance degli Overkill a chi non abbia mai avuto il piacere di presenziare ad uno dei loro concerti. Di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia da quando i cinque sconosciuti hanno partorito “Feel the fire”, un album che questa sera, ad oltre vent’anni dalla propria pubblicazione, risulterà il vero protagonista della serata. Nessuna coreografia sul palco a parte l’immenso telone contenente il pipistrello da sempre simbolo del gruppo, il tutto per non distrarre l’attenzione del pubblico dalla vera protagonista della serata: la musica. L’attesa non è molta, ed ecco salire i quattro quinti della formazione che attaccano con “Deny The Cross” scatenando un vero e proprio putiferio off-stage: Bobby “Blitz”, come da copione, arriva correndo e prende al volo l’asta del microfono e rende chiaro, se ancora qualcuno non l’avesse capito, chi sarà il vero mattatore della serata. Gli Overkill hanno davvero pochi rivali quando sono sul palco, e sono qui per ribadirlo anche questa sera: sebbene la locandina reciti chiaramente che si tratta dell'”Immortalis Tour”, questa sera gli americani sono decisi ad effettuare una sorta data nostalgica contenente i migliori successi della loro carriera. Si passa quindi a “E.vil N.ever D.ies” e “HammerHead”, che mettono a dura prova i ragazzi della sicurezza, impegnati a raccattare tutti i ragazzi (e ragazze) che vengono letteralmente scaraventati oltre le transenne e che cercano in qualche modo di attirare l’attenzione dei propri beniamini per ricevere un cinque o una stretta di mano. Derek ”Skull” Tailer alla chitarra ritmica si diverte come un pazzo a roteare e gironzolare per il palco, mentre Dave Linsk alla solista appare più composto e calmo ma con la sua maglietta non perde l’occasione di fare un po’ di pubblicità al progetto Speed/Kill/Hate. Non necessita presentazioni D.D. Verni, da sempre protagonista (e padre padrone) insieme a Bobby della band che, nei frequenti break di basso, non perde mai occasione di spostarsi in prima fila per accaparrarsi il giusto numero di applausi. “Under the Influence” viene tirato in causa con la mitica “Hello from the Gutter”, dove tutti i presenti gridano come ossessi insieme a Bobby il coinvolgente ritornello. Giusto qualche secondo di pausa ed ecco arrivare in piena faccia “Thanx for Nothin'” da “Horrorscope”, dove nello stacco centrale fa bella mostra il basso di D.D. Verni che si rende nuovamente protagonista nella parte iniziale di nientepopodimeno che: “Feel the Fire”! Assolutamente grandiosi! Questa sera, con questa sfilza di classici, il tempo non sembra proprio essere passato per gli Overkill che sembrano divertirsi come bambini, e vederli sorridere e ringraziare alla fine di ogni pezzo è il regalo più bello per ogni fan accorso al Rolling Stone. Sono i piatti della batteria di Ron Lipnicki ad introdurre “In Union We Stand”, dove senza dover per forza minimizzare la performance della band è il pubblico a rendersi protagonista cantando con convinzione ed orgoglio il ritornello. Senza pausa si passa a “Rotten To The Core” e “Elimination”: tutti allibiti e senza parole, i presenti si guardano in faccia quasi increduli nel sentire l’insperato e scrollando le spalle qualcuno dalle gradinate corre incurante dei presenti verso la parte frontale del palco…insomma… è il delirio più totale. Conclude la prima parte dello show il primo episodio di “Overkill”, presa ovviamente dal primo album “Feel The Fire”. I suoni si fanno cupi, le luci rosso vivo e dopo qualche minuto gli Overkill tornano sul palco attaccano con “Necroshine” che, ahinoi, precederà l’ultima canzone della serata. Ovviamente non poteva mancare all’appello “Fuck you”, ed ecco la band e tutti i presenti alzare la stecca durante il ritornello: divertente e apprezzato l’inserimento di “Overkill” dei Motörhead nella parte centrale della canzone, che viene poi abbandonata per concludere la serata tra ringraziamenti e classico inchino verso il pubblico. Ci si guarda in faccia, si guarda l’orologio che segna le 22.30 e ci si domanda: “Naaaaa, non può essere finita così!”. I tecnici iniziano a smontare l’attrezzatura, parte la base di sottofondo e ogni dubbio viene fugato: la festa è finita. Seppur breve (un’ora e spiccioli) come durata, il concerto degli Overkill è stato una vera e propria manna per tutti i thrasher accorsi numerosi alla serata: se non li avete mai visti o ve li siete persi, ricordate di non mancare al prossimo appuntamento. Overkill will never fall!
SETLIST
Deny The Cross
E.vil N.ever D.ies
Hammerhead
Hello From The Gutter
Thanx for Nothin
Feel The Fire
In Union We Stand
Rotten To The Core
Elimination
Overkill
————
Necroshine
Fuck You + (Overkill dei Motörhead)