13/02/2009 - Pain + Brother Firetribe @ Alcatraz - Milano

Pubblicato il 21/02/2009 da
A cura di Matteo Cereda
 
 
San Valentino anomalo all’Alcatraz di Milano, dove vanno in scena i Pain di Peter Tagtgren. La band svedese non è certo il gruppo da ascoltare amoreggiando abbracciati alla vostra fidanzata: il sound aggressivo e diretto impone ben altri comportamenti e questo giustifica una presenza piuttosto esigua di pubblico. Perché si sa: i metallari in realtà sono tutti dei romanticoni!
 
 
 

BROTHER FIRETRIBE

Per l’inizio bisogna attendere fino alle 22, ma ecco che finalmente i Brother Firetribe calcano la scena supportati da poche anime sotto il palco. La band scandinava propone un genere assolutamente agli antipodi rispetto ai Pain, puntando su un AOR zuccheroso in stile anni ’80 caratterizzato da splendidi refrain in grado di essere metabolizzati all’istante. I Brother Firetribe non sono certo dei pivelli, considerando la presenza di Erno Vuorinen (Nightwish), alla chitarra e Pekka Heino (Leverage) dietro il microfono, e mostrano notevole compattezza oltre alle immancabili qualità tecniche ben sopra la media. Gran parte della fugace performance verte sulle composizioni dell’ultimo nonché secondo disco della band a titolo “Heart Full Of Fire”, uscito lo scorso anno, tra le quali spiccano una graffiante titletrack e la dolce “Play It From The Heart”. Rispetto al disco stesso le sonorità dal vivo sono più ruvide ed incentrate sulla chitarra togliendo qualcosa alle ruffiane tastiere ottantiane onnipresenti nel CD, e aumentando di un poco l’impatto hard rock dei pezzi. Il singer Pekka Heino lancia il congedo dopo una manciata di brani, applaudito da una platea favorevolmente colpita dalla piacevole musica dei cinque finlandesi.

 
 
 

PAIN

I Pain si presentano sul palco con una formazione a quattro elementi senza un tastierista di ruolo lasciando le abbondanti parti sintetiche ad appannaggio dei campionamenti di turno. Sullo sfondo capeggia la cover dell’ultimo lavoro in studio, “Cynic Paradise”, ed anche il concerto si concentrerà sui pezzi di quest’ultimo; ai lati del palco infine sono posizionati due schermi di media dimensione che proiettano ininterrottamente immagini a tema. La partenza è affidata proprio a “I’m Going In”, opener dell’ultimo studio album della band, il cui sound sin dalle prime battute risulta molto potente, asciutto e predilige l’aspetto metallico lasciando colpevolmente in secondo piano le parti elettroniche. Con queste prerogative l’esibizione dei nostri mostrerà il lato più heavy metal del sound, compattando sin troppo una serie di canzoni che non brillano certo per varietà ritmica o chitarristica, e lasciando tuttavia soddisfatta una cornice di pubblico non numerosa ma molto movimentata sotto il palco. Dall’ultimo “Cynic Paradise” vengono eseguite con successo buone versioni di “Monkey Business”, “I Don’t Care” e una “Follow Me” che senza le vocals di Annette Olzon nel ritornello perde un po’ di appeal. Dal precedente “Psalm Of Extintion” piacciono la catchy “Zombie Slam”, “Nail To The Ground” e “Bitch”, che un Tagtgren in buona forma dedica appositamente alla festa degli innamorati alla platea. Con l’esecuzione di “Just Hate Me” il quartetto svedese tira un po’ il fiato puntando sulle atmosfere dark della song in questione. Consensi unanimi anche per la titletrack del positivo “Dancing With The Dead”, e per due classici entusiasmanti come “It’s Only Them” e “On And On”, che la band esegue prima di ritirarsi in camerino per la pausa Jack Daniels. Gli immancabili bis regalano alcune fra le canzoni più attese e significative dei Pain: in ordine vengono eseguite “Same Old Song”, il tormentone “Shut Your Mouth”, l’atipico mid-tempo con tendenze blues “Have A Drink On Me” e l’esplicita “Bye/Die”. Nonostante la scarsa affluenza, Peter ha guidato i Pain in uno spettacolo di buon livello, professionale, con una scaletta ricca, in grado di accontentare vecchi e nuovi affezionati del gruppo. Eccovi servito il San Valentino alternativo.

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