13/10/2011 - PAIN + ENGEL + TURMION KATILOT @ Bloom - Mezzago (MB)

Pubblicato il 18/10/2011 da

In attesa di vederlo all’opera con gli Hypocrisy la prossima estate, Peter Tagtgren ritorna in Italia per promuovere i suoi Pain, progetto industrial / electro / dark metal che ha trovato discreti consensi nel corso degli anni grazie a d un sound “tamarro”, potente ed orecchiabile, che ha saputo far breccia in un pubblico probabilmente diverso, ma altrettanto fedele rispetto a  quello della sua band madre. La cornice è quella del Bloom, piccolo locale di culto, situato in Brianza, che non fa certo registrare il tutto esaurito per l’occasione, ma, viste le ridotte dimensioni del posto in questione, il colpo d’occhio non è inclemente con i Pain, accompagnati fra l’altro dagli emergenti Engel e dai pressoché sconosciuti Turmion Kätilöt, industrial band di culto nella natia finlandia.

TURMION KÄTILÖT
Sono proprio i Turmion Kätilöt ad aprire la serata con un metal elettronico ed industriale altamente tamarro che estremizza ulteriormente il concetto musicale dei Pain. La band finlandese si presenta dal vivo con Spellgoth, il cantate dei black metaller Trollheim’s Grott, a duettare in tutti i pezzi con il singer originale MC Raaka Pee. Il binomio appare forzato almeno quanto il look con tanto di face-painting della band, perché in pratica i due si cimentano su linee vocali in screaming invero piuttosto simili, tuttavia l’aggiunta di parti in pulito del “singer originale” e i divertentissimi balletti incrociati, giustificano la presenza del doppio cantante. I Turmion Kätilöt suonano con disinvoltura una manciata di canzoni pacchiane che combinano metal estremo e musica elettronica non senza qualche banalità, ma nel complesso le canzoni proposte dimostrano una certa identità, tanto che la mezzora abbondante a disposizione passa senza sbadigli e con i meritati applausi di commiato.

ENGEL
Gli Engel non sono certo una band alle prime armi, non solo perché ha già pubblicato due full-length, ma anche e soprattutto per la presenza all’interno del gruppo di musicisti navigati all’interno della scena metallica quali il fondatore Niclas Engelin alla sei corde (ex Gardenian, In Flames), il compagno di strumento Marcus Sunesson (The Crown) e il bassista Steve Drennan (Amon Amarth). La band svedese, orfana del leader Engelin, impegnato con gli In Flames, irrompe sul piccolo palco del Bloom sbandierando subito la propria provenienza da Goteborg e ovviamente il sound dei nostri è proprio incentrato su un thrash-death metal di stampo svedese, non immune da modernizzazioni, riscontrabili negli inserti di tastiera, opportunamente riportati in base e nelle frequenti aperture melodiche con linee vocali in pulito sui ritornelli. L’esperienza dei musicisti si sente e, a dispetto di una resa sonora non particolarmente efficace che penalizza la chitarra di Sunesson,  gli Engel se la cavano bene, potendo contare su una serie di canzoni non certo originali dal punto di vista stilistico, ma ben strutturate per poter lasciare il segno dal vivo, anche ad un primo ascolto. All’interno della setlist non mancano le canzoni derivati dalla recente pubblicazione “Threnody”, ma a suscitare maggior entusiasmo alla fine sono l’ottima “Scyth” e “In Splendour” suonata in chiusura, prima della meritata dose di applausi nonostante il sound sia piuttosto distante da quello degli headliner Pain.

PAIN
Il simpatico atrwork dell’ultimo “You Only Live Twice” sullo sfondo e due schermi che sputano immagini a ripetizione introducono lo spettacolo dei Pain, subito in palla con la dirompente “Let Me Out”, opener dell’ultima succitata release. Il sound della band svedese purtroppo è eccessivamente incentrato sui bassi, togliendo un po’ di respiro a quelle parti elettroniche (in base), che sono fondamentali nell’economia del sound dei nostri; un difetto, quest’ultimo, già riscontrato nella precedente calata itallica dei Pain in epoca “Cynic Paradise”, che fa pensare a questo punto ad una vera e propria scelta premeditata. Nonostante questa imperfezione, le sfrontate ed immediate canzoni dei Pain non perdono il loro appeal e riescono senza troppi problemi a coinvolgere la platea. Brani come “Dancing With The Dead”, “Psalm Of Extinction”, “It’s Only Them” o il recente singolo “The Great Pretender”, hanno tutte le carte in regola per creare scompiglio e svolgono in pieno la loro funzione. La band svedese appare in buona condizione, concentrata e precisa al punto giusto, Peter Tagtgren col suo carisma catalizza l’attenzione su di sè, pur non facendo nulla di eccezionale dal punto di vista  dell’intrattenimento; anzi, risultando in tal senso piuttosto freddino e poco loquace col pubblico. Lo spettacolo prosegue in maniera gradevole con picchi di consensi per le versioni, dal vivo ancor più arcigne, di classici quali “Zombie Slam” e “Monkey Business”. Dopo una breve pausa, i Pain si ripresentano in scena con una simpatica versione acustica della rockeggiante “Have A Drink On Me”, in cui apprezziamo il coraggio della band pur riconoscendo una certa inadeguatezza del quartetto scandinavo nel cimentarsi in questa dimensione musicale. Molto più incisivo il finale con la trascinante “Same Old Song” e l’immancabile tormentone, cantato da tutti in sala, “Shut Your Mouth” degna chiusura di un concerto non certo memorabile per qualità dei suoni e freddezza della band, ma piacevole sotto il profilo tecnico-esecutivo.

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