A cura di Federico Orano
Fatta eccezione per lo show al festival piemontese “2Days Prog + 1” del 2023, erano tanti – troppi – anni che Daniel Gildenlöw non portava i suoi Pain Of Salvation ad esibirsi nella nostra Italia, un paese che ha sempre avuto un occhio di riguardo per il prog in generale ma in particolare per l’eclettica band svedese.
Il loro ultimo lavoro in studio, “Panther”, ha visto la luce ormai ben quattro anni fa, e finalmente anche il pubblico italiano ha potuto godere della maestria nell’interpretazione dei pezzi più recenti di questo gruppo.
Unendo le forze con i talentuosi Kingcrow, band romana che di recente ha dato alla luce un nuovo ed entusiasmante disco intitolato “Hopium”, il mini-tour italiano prevedeva tre date, viaggiando da Roma a Milano, passando per Bologna.
Verso le 19.45, giungiamo davanti al Locomotive nel capoluogo emiliano, trovando una fila davvero lunga davanti al locale. Le voci che girano parlano di pochissimi biglietti rimasti al botteghino, ed in effetti poco dopo viene annunciato il sold-out (già raggiunto anche per il giorno seguente a Milano!): i ragazzi alla cassa, tra tessere e controllo biglietti, viaggiano però abbastanza spediti e per le 20.15 circa riusciamo a fare il nostro ingresso al locale, situato nel mezzo del Parco del Dopolavoro Ferroviario, centro sportivo e culturale di Bologna.
Una location che non vedevamo da alcuni anni e che si è rivelata all’altezza dell’evento, visto che il pubblico ha potuto contare, durante lo spettacolo, su dei suoni quasi perfetti. A voi il resoconto della serata.
Alle 20.20, spaccando il minuto, entrano con decisione gli attesissimi KINGCROW, ma l’introduzione viene fermata a causa di qualche problema alla chitarra, per fortuna risolto nel giro di un paio di minuti.
Diego Marchesi alla voce ci mette forse un attimo a scaldarsi ma, nel giro di un brano o due, anche la sua prestazione sale di livello.
In generale la band è precisa e inserisce nella propria setlist molti estratti dell’ultimo disco: pezzi forse più atmosferici rispetto al passato, con arrangiamenti moderni ed elettronici che dal vivo hanno comunque un impatto importante.
L’accoppiata alle chitarre formata da Ivan Nastasi e Diego Cafolla ha un buon equilibrio alternando riff, arpeggi e qualche assolo, Riccardo Nifosì al basso è tra i più attivi sul palco e trasmette carica al pubblico. “Kintsugi”, opener del nuovo disco, scalda i motori, ma è con l’accoppiata da “The Persistence” che il concerto entra nel vivo. “Closer” in particolare, è un brano ricco di adrenalina che i Nostri interpretano al meglio.
I suoni sono puliti e l’unica pecca di tutto lo show della band romana è l’assenza delle tastiere che all’interno del sound dei Kingcrow sono fondamentali, ancor più nell’ultima release, ma purtroppo il tastierista Cristian Della Polla a quanto pare non è più in formazione (come confermato dai crediti all’interno del booklet di “Hopium”) – anche se non abbiamo un comunicato ufficiale – e la band si esibisce supportata da basi imponenti.
L’intrigante “Night Drive” conquista con le sue atmosfere oscure ma al contempo luccicanti, mentre la meravigliosa lenta “Come Through”, pezzo conclusivo di “Hopium”, trasmette forti emozioni ed è da ascoltare ad occhi chiusi. “The Moth” colpisce con chitarre più incisive ed un ritornello tutto da cantare e a seguire la title-track del nuovo disco chiude lo show con le sue raffinate melodie, mettendo la chiosa su un grande show per la band romana, che non vedevamo all’opera da troppo tempo.
L’augurio è che, supportando la release del nuovo e superlativo disco, i Kingcrow possano esibirsi con maggior frequenza in futuro!
Setlist Kingcrow
Kintsugi
Drenched
Closer
Parallel Lines
Night Drive
Father
Glitch
The Persistence
Come Through
The Moth
Hopium
E’ stato sufficiente poco più di un quarto d’ora per il cambio palco e dare quindi inizio al tanto atteso show dei PAIN OF SALVATION.
La partenza è pazzesca: i riff distruttivi che accompagnano infatti l’accoppiata “Accelerator”/“Reasons”, seppur con qualche passaggio più soft e tranquillo, hanno un impatto istantaneo, e l’esaltazione è subito palese e riconoscibile tra il pubblico.
Ciò che colpisce è come la formazione svedese appaia molto coesa sul palco, e come i cinque musicisti siano coinvolti anche vocalmente. Il ritorno del chitarrista Johan Hallgren (membro storico rientrato nella band nel 2017), per esempio, è fondamentale a questo proposito: il grintoso musicista, oltre ad essere una sicurezza alle sei corde, è estremamente decisivo nei cori e in alcune parti soliste. Lo stesso Léo Margarit, seduto dietro le pelli, oltre a colpire con vigore sui tamburi, contribuisce con la sua voce acuta e Daniel gli concede spazio in un paio di occasioni, meritandosi gli applausi dei presenti.
Che si può dire invece di un artista come Daniel Gildenlöw? La sua prestazione vocale è stata molto buona e, tenendo presente il suo impegno anche alla chitarra (con tanto di parti soliste), ciò è davvero notevole. Il suo carisma sul palco è impareggiabile, e vederlo ridere e scherzare con il pubblico fa davvero piacere.
Le sonorità più dolci e sognanti di “Wait” sono spinte dalle tastiere del poliedrico Daniel Karlsson, maestro nell’inserire basi e creare effetti durante lo show, e quando arriva il cambio di chitarra da parte di Daniel si capisce che ci sarà qualche brano del vecchio repertorio della band: “Used”, estratta dallo straordinario “The Perfect Element, Part I”, arriva dritta e decisa con le sue atmosfere turbate e malinconiche, facendo esaltare a dismisura i presenti.
Notiamo con piacere che tra il pubblico ci sono tanti giovani ragazzi e addirittura alcuni bambini… forse le sonorità progressive potranno contribuire a portare avanti in futuro la musica che amiamo?
Ci attraversa per un attimo questa domanda in testa, ma siamo ben presto riportati alla realtà tuffandoci tra le note geniali di “Beyond The Pale”, brano elaborato ma incisivo, pescato dal meraviglioso “Remedy Lane”.
La title-track dell’ultimo “Panther”, con i suoi passaggi elettronici, appassiona grazie anche al suo ritornello intenso. Ma se fin qui lo show è stato stratosferico, con una setlist coinvolgente ed una band supercarica, che corre e salta su e giù per il palco, bisogna fare un piccolo appunto per la restante scaletta: inserire quattro suite di oltre dieci minuti ciascuna, una dopo l’altra, ha fatto forse calare in alcuni momenti quella intensa connessione che si era creata con i circa cinquecento presenti. “On A Tuesday” è un brano complesso con tanti cambi di tempo, che la band esegue alla perfezione ma al quale forse manca un pizzico di calore, meglio certamente la bellissima “Icon”, brano conclusivo dell’ultimo disco.
Il gruppo esce di scena in un paio di occasioni ma viene richiamato a gran voce, per tornare prima eseguendo l’intrigante “The Perfect Element”, e successivamente tra le note di “The Passing Light Of Day”, inizialmente con il solo Daniel a cantare e suonare la chitarra durante la parte iniziale, e successivamente supportato dai suoi compagni.
La canzone è sicuramente introspettiva e onirica, di gran classe certo, ma non il classico pezzo energico che solitamente viene posto in conclusione di uno show, ma questo forse fa parte proprio della particolarità di una band di livello superiore che viaggia per la propria strada spinta dal genio anticonformista di un musicista come Daniel Gildenlöw.
Dopo quasi due ore di un infuocato spettacolo, gli applausi sono strameritati e i presenti possono abbandonare la sala consapevoli di esser stati testimoni di una grande serata di musica.
Setlist Pain Of Salvation
Accelerator
Reasons
Meaningless
Wait
Used
Beyond The Pale
Panther
Restless Boy
On A Tuesday
Icon
Falling
The Perfect Element
The Passing Light Of Day