Report di Roberto Guerra
Fotografie di Enrico Dal Boni
Il concerto più atteso di inizio anno non poteva che essere quello dei redivivi Pantera in quel della Unipol Arena di Bologna, accompagnati peraltro da due delle formazioni più in vista del momento, King Parrot e Power Trip.
Per quanto riguarda lo show in questione, parliamo di un evento dotato di una portata tale da creare molta aspettativa per quel che concerne l’affluenza, e possiamo dire di non essere rimasti affatto delusi anche se non c’è stato il sold-out – probabilmente anche per via del giorno infrasettimanale e di un periodo dell’anno non favorevole per tutti.
Malgrado ciò, ci sentiamo di descrivere l’occasione attuale come un potenziale raduno per ascoltatori e appassionati dalle molteplici preferenze, considerando la natura storicamente trasversale degli headliner, capaci da sempre di attirare l’attenzione di diversi fruitori delle sonorità moderne, ma anche di parecchi affezionati agli stilemi del metal più classici.
In poche parole, uno show potenzialmente interessante per tutti, indipendentemente dalle considerazioni personali in merito alla natura stessa di questa reunion, di cui si è già fatto un gran parlare.
Detto questo, possiamo prepararci ad una sana, gustosa scorpacciata di headbanging, moshpit e pezzi di storia del metal. Buona lettura!
Purtroppo, complice anche una gestione degli ingressi un po’ rugginosa, riusciamo ad arrivare a concerto dei KING PARROT già iniziato, e le nostre impressioni non possono che corrispondere a quanto ci si aspetta da una formazione di chiara ispirazione grindcore, seppur di quello stampo ancora ancorato a determinate soluzioni musicali, in grado di renderne la proposta fruibile anche da chi tendenzialmente non masticherebbe troppo questo sottogenere.
L’attitudine la fa irrimediabilmente da padrone, molto più delle canzoni, il cui connubio di violenza e breve durata riesce ottimamente nel suo intento di far scaldare i muscoli e digrignare i denti agli ancora non troppo numerosi astanti, che non possono che trovare in pezzi come “Epileptic Butcher”, “Target Pig Elite” e “Shit On The Liver” un’ottima scusa per iniziare a far volare le prime sassate di oggi.
Un plauso al frontman Matthew Young, che si dimostra ferale e collerico nella sua delirante presenza on stage, seppur sorretto da un imponente muro di ignoranza sonora australiana alle sue spalle, per la gioia di chi non ha sempre bisogno di canzoni articolate.
Tutto un altro livello invece con gli americani POWER TRIP, anch’essi freschi di ritorno sulle scene a seguito di una lunga pausa, derivata dalla prematura scomparsa del loro storico frontman Riley Gale. Fortunatamente i Nostri sembrano aver trovato un degno sostituto nel talentuoso Seth Gilmore, che quest’oggi ha tutta l’intenzione di mettere in chiaro la sua volontà di esser ritenuto meritevole del ruolo ottenuto.
La band texana è una autentica bomba a mano in grado di sprigionare riff, sfoggi ritmici e ritornelli tanto aggressivi quanto memorabili, degni di quella che tanti considerano già da parecchi anni come la miglior realtà di genere thrash metal degli ultimi tempi, la quale, se non avesse subito il suddetto lutto, forse, ora potrebbe vantare un terzo disco (di cui comunque rimaniamo in attesa, non si sa mai) e una popolarità ancora maggiore, con show da headliner di fronte a sale gremite di persone.
L’ottima risposta del pubblico ad una scaletta fortemente incentrata su quel capolavoro di “Nightmare Logic”, datato 2017, è la conferma dell’incredibile forza trascinante che questa band può vantare: pezzi come “Soul Sacrifice”, “Executioner’s Tax (Swing Of The Axe)”, “Firing Squad” e “Waiting Around To Die” sono lo specchio di ciò che può davvero proiettare una thrash metal band nell’olimpo, dal vivo così come su disco, senza nulla togliere anche agli estratti del più datato “Manifest Decimation”, che già all’epoca della sua uscita aveva fatto sentire odore di band prodigio.
Anche il sound è ottimo, soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra le chitarre, ben gestite in fase ritmica e solista, e la batteria, la cui pacca continua a picchiarci nelle tempie, come dovrebbe sempre essere in un settore che fa della percussione smitragliante il proprio cavallo di battaglia.
Esso corona in questo caso uno show devastante e ben accolto da tutti i presenti – tanto che notiamo con piacere così tante persone con il loro merchandise ad esibizione conclusa; anche i feedback sembrano attestarsi su livelli stellari, e non fatichiamo ad ipotizzare questa sera la loro fanbase abbia guadagnato parecchi adepti.
A questo punto, il nostro entusiasmo nei confronti dei Power Trip è ai suoi massimi storici, così come la nostra attesa per una loro nuova opera sferragliante, da utilizzare magari come pretesto per un ritorno in sede live in una posizione dominante, anche se riteniamo nessuno potrebbe lamentarsi di quella occupata quest’oggi, anche perché siamo ormai in dirittura di arrivo del main event!
Dopo il toccante filmato commemorativo di apertura, in cui figurano alcuni brevi riprese risalenti all’epoca d’oro della band, è sui rintocchi di “A New Level” che si palesa on stage l’attuale incarnazione dei PANTERA, i quali fanno immediatamente esplodere il parterre sciorinando i loro iconici riff abrasivi e il loro incedere sempre attualmente rivoluzionario e rappresentativo del buon metal degli anni ’90, celebrato con inni come la successiva “Mouth For A War” e l’ancora più battente “Strength Beyond Strength”, prima ambasciatrice di un poker tutto dedicato all’album “Far Beyond Driven”, come confermato anche dalle seguenti “Becoming”, “I’m Broken” e “5 Minutes Alone”, inframezzate giusto dalla parentesi “Suicide Note Pt. II”.
Malgrado le tonalità abbassate, il sound è ancora quello che tutti conosciamo, e non perdiamo occasione per ribadire che i membri selezionati per sostituire i leggendari e compianti fratelli Abbott sono le scelte migliori che si potessero fare, anche perché parliamo di Zakk Wylde e Charlie Benante, e quindi non propriamente degli ultimi arrivati: il primo non soltanto si impegna al massimo per rendere giustizia allo stile esecutivo del mitico Dimebag (e del legame di amicizia che li univa), ma ci aggiunge quella dose abbondante di chicche tecniche degne della sua fama da guitar hero indiscusso (capace di risultare personale sia con i Black Label Society sia al fianco di Ozzy, in passato), oltre alla presenza scenica mastodontica che lo contraddistingue, mentre il secondo fornisce una prova pulita e a dir poco perfetta (come ci ha abituato con i suoi Anthrax), anche grazie ad una ben nota preparazione pratica ancora maggiore rispetto a quella del buon Vinnie Paul, che tuttavia tutti abbiamo amato per il suo tocco unico sulle pelli.
Ovviamente, le attenzioni maggiori sono tutte per Rex Brown al basso e per un ben ritrovato Phil Anselmo alla voce, che da qualche anno a questa parte si è visivamente ripulito e rimesso in forma: questo gli permette di esibirsi oggi con una presenza e un’attenzione ai dettagli che non aveva nemmeno negli anni d’oro, malgrado l’ugola meno squillante e una parvenza più matura.
Il prosieguo della scaletta è un susseguirsi di menzioni violente e ficcanti a tutto ciò che i Pantera hanno rappresentato, raggiungendo l’apice a ridosso dell’encore con “Cowboys From Hell” e “Fucking Hostile”, ma non prima di essere transitati per le varie “This Love”, “Floods” e l’immancabile “Walk”.
Sulle note finali di “Yesterday Don’t Mean Shit” si conclude uno show che ha avuto come unico difetto effettivo la durata, in quanto riteniamo che quattordici pezzi siano ancora pochini per un evento di questa portata, per quanto eseguiti e confezionati con cura per l’occasione. Inoltre, qualcuno nel pubblico lamenta dei suoni un po’ troppo impastati percepiti in alcuni settori meno frontali dell’arena, anche se fortunatamente non in prossimità della nostra posizione, dove tutto si è distinto e apprezzato perfettamente.
Su questa realtà si potrebbero dire ancora tante cose, e noi per primi abbiamo le nostre perplessità in merito, soprattutto riguardo la scelta di riesumare una realtà dalla storia tanto drammatica una volta venute a mancare quelle che tanti considerano le autentiche due colonne portanti, ovvero i suddetti fratelli Abbott, ma se valutiamo la proposta nella sua connotazione pratica, non possiamo che tornare a casa galvanizzati e con l’adrenalina a mille, speranzosi di fare un’altra scorpacciata di groove/thrash tipicamente americano in una prossima occasione, magari con qualche canzone in più in scaletta.
Setlist Pantera:
A New Level
Mouth for War
Strength Beyond Strength
Becoming (w/ “Throes of Rejection” snippet as outro)
I’m Broken (w/”By Demons Be Driven” snippet as outro)
Suicide Note Pt. II
5 Minutes Alone
This Love
Floods
Walk (w/ King Parrot and Power Trip)
Domination / Hollow
Cowboys From Hell
Fucking Hostile (w/ “50 Ways to Leave Your Lover” snippet as intro)
Yesterday Don’t Mean Shit (w/ “Stairway to Heaven” snippet as outro)
KING PARROT
POWER TRIP
PANTERA