03/11/2013 - PARADISE LOST + LACUNA COIL @ Roundhouse - Londra (Gran Bretagna)

Pubblicato il 09/11/2013 da

C’è sempre un motivo per festeggiare in casa Paradise Lost. Sembra ieri che assistevamo al concerto per il ventesimo anniversario della loro fondazione, ma il tempo vola e oggi è di nuovo il turno di una simile ricorrenza: venticinque anni di attività da celebrare sulle assi di un palco. In questo caso, quello della Roundhouse di Londra, venue più che rinomata e recentemente diventata ancora più popolare fra i metal fan del globo per aver ospitato le riprese di alcuni celebri DVD firmati Opeth e Devin Townsend. Una location dunque più che adatta ad un simile evento, la quale avrebbe sicuramente fatto registrare il cosiddetto sold out se il gruppo avesse optato per una serata singola, anzichè per un breve tour britannico e nordeuropeo. Visto che il giorno prima ci trovavamo in quel di Leeds per il Damnation Festival (a breve il report su queste pagine), non riusciamo a tornare nella capitale in tempo per lo show degli opener Katatonia, i quali stanno anch’essi festeggiando una particolare ricorrenza, ovvero il decennale dell’uscita di “Viva Emptiness”. Poco male, considerato che gli svedesi si sono esibiti anche al suddetto festival con un set identico. Arriviamo quindi in perfetto orario per l’inizio dell’esibizione dei “main supporter” Lacuna Coil, chiamati a tenere quelle che probabilmente saranno le ultime date per la promozione dell’ultimo “Dark Adrenaline”…

paradise lost - locandina londra - 2013

LACUNA COIL

Ne è passato di tempo da quando i Lacuna Coil potevano essere annoverati fra i giovani alfieri del gothic metal europeo. Il debut album “In A Reverie”, ascoltato oggi, sembra a tutti gli effetti un disco dei Paradise Lost con una voce femminile più presente. I tempi però sono appunto cambiati: l’evoluzione che ha visto protagonista il gruppo meneghino è ormai nota a tutti e di quelle sonorità old fashioned non vi è quasi più traccia nei brani che i ragazzi decidono di proporre questa sera. Il sestetto, come giusto, punta praticamente tutto sull’ultima fatica e sul sempre acclamato “Comalies”, ma anche le sonorità potenti di “Karmacode” si ritagliano un buono spazio nel repertorio della serata. Nonostante i Lacuna Coil abbiano tutto sommato svecchiato la loro audience negli ultimi tempi, allontanandosi un pochino da certi ambienti prettamente metal, la folla accorsa alla Roundhouse dimostra di gradire la loro proposta, rispondendo con entusiasmo agli incitamenti di Andrea Ferro e Cristina Scabbia. La band sprizza energia e dà vita ad un concerto oggettivamente molto compatto e vibrante; del resto, il materiale recente, asciutto nelle strutture e groovy a livello ritmico e chitarristico, pare studiato appositamente per essere suonato dal vivo e inoltre non bisogna sottovalutare l’esperienza dei Nostri, che da ormai un decennio sono una vera macchina da tour. L’affiatamento acquisito dal sestetto non è insomma cosa da tutti e il pubblico non fatica a rendersene conto, palesando maggiore coinvoilgimento man mano che il set procede verso la fine. Non vi è posto per canzoni degli esordi, le quali magari avrebbero potuto riscuotere le simpatie di qualche metallaro ancorato al passato, ma i Lacuna Coil oggi riescono comunque a uscire vincitori, scaldando il pubblico nel migliore dei modi e ricevendo un grande applauso.

Setlist:

I Don’t Believe in Tomorrow
Kill the Light
Fragments of Faith
Heaven’s a Lie
The Game
Our Truth
Upsidedown
Without Fear
Swamped
Intoxicated
Trip the Darkness
Spellbound

PARADISE LOST

Mezzora di break per un cambio palco “comodo” e arriva il momento dei festeggiati, che salgono sul palco sulle note di un intro squisitamente gotico. A questo punto la folla è già fremente e i britannici (con svedese ai tamburi) sfoderano subito una delle sorprese della serata: “Mortals Watch The Day”, opener di “Shades Of God”, la quale non veniva suonata dal vivo dal tour di “Icon” (1994)! In questi casi il primo pensiero va alla voce di Nick Holmes, che ultimamente è parsa lontana dalla sua forma migliore; dubbi fugati nel giro di pochi secondi: il cantante non certamente è più quello che incise le linee vocali di quel disco, ma almeno questa sera pare provarci, sfoderando grinta e “catarro” a sufficienza per una resa dignitosa. Dopo questa perla, i Nostri rallentano all’istante, proponendo una versione “suonata” di “So Much Is Lost” dal controverso “Host”, forse per dare modo al frontman di rifiatare o, chissà, anche per levarsi subito il peso di dosso, considerato che il leader Greg Mackintosh sembra ormai nel pieno di una crisi di mezza età, con i suoi dreadlock al vento e l’aria truce da metallaro di una volta. In verità, il pezzo raccoglie parecchi consensi e viene cantato da una buona fetta del pubblico: che la fugace svolta electro sia stata accettata con una dozzina d’anni di ritardo? Difficile avere una risposta certa, visto che in men che non si dica il gruppo torna alle origini, tirando fuori dal vano dei ricordi prima “Remembrance” e poi “Gothic”. Su quest’ultima, Holmes si cimenta addirittura nel growling, cosa che non faceva all’incirca da vent’anni. Di nuovo, il risultato non è paragonabile alla versione in studio originale, ma almeno il Nostro, a differenza di tante serate degli ultimi anni, si impegna e ci mette le cosiddette palle. I fan apprezzano molto gli sforzi e da qui il concerto per la band diventa una cosiddetta “passeggiata di salute”: la folla è adorante e ogni pezzo viene accolto con lo stesso calore, indipendentemente dalle sonorità. La scaletta comprende almeno una canzone estratta da ogni full-length della discografia, con l’eccezione di “Believe In Nothing”, unico disco che Mackintosh rinnega apertamente. Tra le sorprese, oltre a “Mortals…” e “Gothic”, segnaliamo anche la vecchissima “Rotting Misery”, annunciata da rintocchi di campane e di nuovo trainata dal growling di Holmes, a tratti veramente calato nella vecchia parte di frontman death metal. Un po’ troppo prevedibili, invece, episodi come “Enchantment” e “Say Just Words”: ovviamente riconosciamo il loro status di classici, ma è anche vero che i rispettivi album offrono diverse ottime – e meno abusate – alternative. Interessante, infine, la scelta di chiudere con “Over The Madness”, pezzo carico di pathos, in cui troviamo uno degli assoli migliori della carriera di Mackintosh. In molti quasi si commuovono su questo episodio, trasmettendo alla band la passione e l’energia necessarie per chiudere in bellezza. Probabilmente un paio di brani in più non avrebbero guastato, ma a questo punto sia Holmes che il resto della truppa appaiono sfiniti e anche gli astanti, in una domenica sera fredda e piovosa come poche, non paiono desiderare molto di più. Si rincasa con la consapevolezza di aver assistito ad un concerto assolutamente gradevole, che ha dimostrato che i Paradise Lost sono ancora in grado di fare una buona figura su un palco. Basta solo averne la voglia.

Setlist:

Mortals Watch the Day
So Much Is Lost
Remembrance
Gothic
Enchantment
Faith Divides Us – Death Unites Us
Tragic Idol
Never for the Damned
Isolate
Say Just Words
Rotting Misery
One Second
True Belief
Over the Madness

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