Report a cura di Maurizio Borghi
Foto di Arianna Carotta
Parkway Drive ed Emmure, un’accoppiata vista in passato all’Impericon NSD! 2010 e che ha mantenuto le promesse: se gli australiani sono andati dritti per la loro strada, lanciatissimi, pubblicando un ottimo album e un bellissimo documentario (“Atlas” e “Home Is For The Heartless”), gli Emmure si stanno facendo largo a spallate anche nel vecchio continente, raccogliendo proseliti e cementando la propria fan base. Gregari di turno, Structures e The Word Alive, i primi probabilmente ai loro primi passi in Europa, i secondi più rodati e smaliziati…
STRUCTURES
Ad aprire la serata troviamo i canadesi Structures. Siamo interessati alla giovane band perchè nel roster della sempre più potente Sumerian Records, che, arricchita dagli Asking Alexandria, si sta ingrandendo bene con gruppi come Upon A Burning Body, Veil Of Maya, Periphery e, recentemente, The Dillinger Escape Plan. Si risveglia l’apparato uditivo, perchè i pezzi eseguiti sono poco digeribili al primo ascolto; infatti, il pubblico li osserva senza partecipare. Il deathcore della band è molto violento, tecnico e strutturato, per una volta non presenta basi o tastiere, che sembrano impazzare nell’ultima leva del genere. Assenti pure le vocals ‘super clean’ (à la Blink 182) che si possono ascoltare nei pezzi presentati su Facebook. Come avete intuito, siamo andati a cercarli sul famoso social network: buon lavoro comunque, gli Structures hanno incuriosito.
THE WORD ALIVE
In tutta onestà, chi scrive si era preparato al peggio, considerata l’esibizione deludente al NSD! 2011 e i fugaci ascolti via internet. Dobbiamo ammettere però che sul palco del Live Club i The Word Alive se la sono cavata benino: uno show abbastanza energico e movimentato, molto più accessibile degli Structures ovviamente, ma su livelli più che dignitosi. La discriminante è rappresentata, ovviamente, dalle voci pulite e dalle parti ambient/elettroniche, che pur rappresentando l’elemento di originalità e innovazione nel metalcore del gruppo possono ovviamente dare fastidio ai più. L’esecuzione in ogni modo è fuori discussione: infatti, tutti i membri del gruppo danno il 100%, e i suoni del club danno smalto alle loro capacità, anche se per soli sei pezzi in totale. Telle Smith riesce a svegliare le prime file, coinvolgendole in circle pit ripetuti e anche in un wall of death. Chi l’avrebbe mai detto?
EMMURE
Lo sapete, chi scrive adora gli Emmure: Palmeri e soci sono protagonisti di un’escalation esaltante e finalmente anche in Europa e in Italia il pubblico sembra accorgersene. Eccoli dunque, meritatamente, a suonare appena prima di un headliner di livello, con tutta l’attenzione del pubblico che riempie una venue medio-grande come il Live. La band non tradisce sentimenti e in puro stile “Cold Soul” (il marchio di vestiario del frontman Frankie Palmeri) prende in ostaggio la platea: pochi fronzoli, poche parole, solo un muro di suoni immenso che glorifica l’ignoranza del gruppo e le dinamiche delle composizioni. Nessuna sorpresa nella scaletta, che ci sembra la stessa del loro ultimo appuntamento live nel 2011. Frankie ci sembra pure vestito allo stesso modo, con cappellino nero e un windbreaker dentro il quale suderà in maniera sconvolgente, tanto da cancellare il logo ‘shadaloo’ sul retro. Mike “WTF” Mudholland e Jesse Ketive scambiano spesso posizione accanto all’MC, e godono nel vedere cambiare i connotati delle prime file con i suoni delle loro ribassatissime chitarre. Chi sale in cattedra, risplendendo coi suoni perfetti, è Mark Castillo: l’ex BTBAM, Bury Your Dead e The Acacia Strain detta il ritmo per i numerosi e devastanti breakdown in una performance scintillante. L’intero set scorre liscio e senza intoppi, con una grande partecipazione del pubblico che omaggia i “new nu metal kings” anche alzando al cielo una maglia dei Limp Bizkit. Il ‘round one’ è definitivamente concluso, gli Emmure sono pronti per suonare da headliner. Li aspettiamo al The Mosh Lives Tour ad aprile 2013!
P.S.: Frankie Palmeri, dipinto come il numero uno degli stronzi oltreoceano, si è dedicato a lungo a tutti gli estimatori al banco del merch, come hanno fatto i 3/5 del gruppo durante la serata.
PARKWAY DRIVE
Non ci aspettavamo una partecipazione del genere stasera, eppure la sala è quasi colma. Merito dell’amore dei fan verso i Parkway Drive, che questa dedizione se la sono conquistata negli anni. Così, anche in periodo di crisi, con troppi concerti sul calendario e il meteo che rompe le palle, eccoci davanti all’ennesima, reciproca dimostrazione di affetto. Gli australiani sono già stati gentili nel pomeriggio, facendo salire nei loro camerini i 10 fortunati vincitori del nostro M&G, e concedendosi a lungo. Appena inizia il loro set una dimostrazione per tutti: avviene raramente oggigiorno, e ci fa piacere constatare che la band ha investito nella produzione, presentando un bel palco, con proiettori e luci degne di nota… chi vede un tot di concerti al mese non lo dà affatto per scontato! Il set inizia con un estratto da “Atlas”: “Sparks” rompe gli indugi e dà inizio alla solita prova senza sbavature, energica e di potenza. E’ l’energia positiva che contraddistingue gli australiani, assieme al quel gusto nel songwriting che rende le loro composizioni nettamente superiori alla media: entrambi i pregi sono tangibili questa sera, e la risposta del pubblico si fa sentire forte e chiara, persino dalla balconata dalla quale assistiamo a metà del concerto. Cazzi amari per chi ignora l’ultimo “Atlas”: quasi metà setlist è dedicata alle varie “Old Ghost / New Regrets”, “Dark Days”, “Blue And The Grey”, eseguite con passione e precisione in mezzo ai classici come “Romance Is Dead” o “Idols And Anchors”. Forse il momento encore arriva troppo presto, ma nessuna setlist avrebbe mai soddisfatto la sete dei presenti. Ecco dunque “Home Is For The Heartless” e l’inno “Carrion” a sigillare l’ennesimo successo dei Parkway Drive sul nostro territorio. Certo, ciò non sarà paragonabile al bagno di folla tedesco, ma stasera si è dimostrato in ogni caso che l’Italia ama i Parkway Drive!