11/08/2004 - Party.San Open Hell 2004 @ Bad Berka - Bad Berka (Germania)

Pubblicato il 19/09/2004 da

Introduzione a cura di Valentina Spanna
Report a cura di Luca Pessina e Valentina Spanna

La terza tappa della lunga estate festivaliera di Metalitalia.com prevedeva una sosta nel regno dell’ Original Thuringen Bratwurst, nonché nella capitale della cultura europea: quella Weimar di cui si parla anche nello studio report dei Die Apokaliptischen Reiter. Già, perché poco distante dalla città passata alla storia per i suoi movimenti artistico-culturali e simbolo della fallace rinascita repubblicana tedesca, c’è il paesino di Bad Berka. Le sue tre strade in croce e l’atmosfera da ghost village del far west non dicono niente ai più, ma l’appassionato metallaro sa che, per tre giorni all’anno, la cittadina diventa teatro del Party.San Open Air, giunto al decimo anno di vita. Naturalmente Metalitalia.com non poteva farsi sfuggire l’occasione di sperimentare e di promuovere questo evento (per fortuna positivamente) ai suoi lettori, famelici di nuove esperienze live. L’edizione 2004 si è subito distinta per la qualità del bill, che ha saputo far felici un po’ tutti gli amanti dell’estremo nelle sue declinazioni, con più di un occhio di riguardo ai gruppi meno mainstream e con il grande evento della triade storica del death metal made in Stockholm: Dismember, Unleashed e Grave, riuniti sotto l’egida dello striscione “Welcome To Hell”. Luca Pessina, ovvero il nostro redattore death-addict, è stato sul punto di svenire a ripetizione mentre chiacchierava con Ola (braccato dalle bellezze discinte del backstage), Matti (sbronzo come un teenager) e Johnny (separato alla nascita dall’allievo Bruno Sacchi)…come se si fosse aggirato nell’Olimpo! Ovviamente c’era ben poco di divino nel resto del backstage, popolato dai colleghi teutonici che mangiavano e soprattutto bevevano in allegria e che, di sicuro, non si aspettavano di essere sbaragliati dal “meraviglioso” uomo in kilt e dalla sua compagnia di bevitori scozzesi! I Gorerotted, in perfetta armonia con gli amici e colleghi Zyklon, hanno dato il via ad una sistematica, premeditata devastazione epatica, durata un giorno e mezzo ed interrotta solo per le esibizioni. L’attentato alla provvista di birra ha avuto, a detta del simpatico Wilson (il quale ha offerto senza problemi), il costo folle di 598 euro!!! I tedeschi ancora sobri erano allibiti! Come avrete capito, la bellezza del Party.San risiede nella dimensione ancora umana della manifestazione, che permette un’organizzazione sempre gestibile ed impeccabile: dai suoni quasi sempre ottimali, ai ritardi inesistenti, fino alle defezioni, pressochè nulle, e comunque sostituite a dovere. A ciò si aggiunge la scelta di un’area ottima, ricca di stand, con campeggi attrezzati e appena al-di-là della strada, distante solo un paio di chilometri dal centro abitato. L’allestimento dell’unico palco non faceva certo rimpiangere gli stage di eventi più imponenti, mentre un palchetto sotto un tendone è stato riservato ai Manos, in chiusura del festival, e agli show di Suffering Souls, Golem, Disfear e Purgatory, per la serata inaugurale di giovedì. Purtroppo il maltempo ci ha impedito di raggiungere l’area concerti e di fare un resoconto dell’apertura ufficiale della tre giorni. Fortunatamente il vento, che ha divelto le tende di molti campeggiatori, e gli scrosci di pioggia torrenziale, hanno lasciato il posto ad un clima variabile, che ci ha permesso di seguire più o meno agevolmente i concerti di venerdì e sabato. Dopotutto, nemmeno il freddo è stato un problema, vista l’abbondanza e la pesantezza del cibo tedesco, ma soprattutto vista la convenienza dell’alcol. Scaldati e rimpinzati abbiamo assistito ad una serie di esibizioni davvero ottime (su tutti i Grave, inarrivabili per malignità e bastardaggine live), abbiamo raccolto per voi interviste e notizie, abbiamo constatato di persona quanto fosse bello per i fan assistere ai concerti a fianco dei loro musicisti-feticcio (cosa che al Party.San, date le dimensioni, è ancora possibile!). Che dirvi di più? Se cercate un festival che dia spazio all’estremo, organizzato come si deve, a una distanza accettabile, dai prezzi non proibitivi e dal simpatico ambiente, il Party.San Open Hell è quello che fa per voi!

FLESHCRAWL

Che bello rivedere dal vivo i Fleshcrawl! Sono una band davvero capace sul palco, in grado di coinvolgere il pubblico e di scatenare moshpit spaventosi. Anche oggi non hanno per nulla deluso, nonostante si siano esibiti durante un acquazzone e per giunta senza bassista, incapacitato a venire per problemi personali. Mike Hanus e combriccola, dicevamo, non si sono certo fatti scoraggiare da un po’ di pioggia e con “Soulskinner” e “As Blood Rains From The Sky” hanno acceso subito gli animi, invitando proprio tutti a fare headbanging! Poi ovviamente non sono mancate, tra le altre, “Beneath A Dying Sun”, “Damned In Fire” e “Under The Banner Of Death”, le canzoni maggiormente gradite dal pubblico, durante le quali il pogo è stato veramente massiccio. Poi conclusione classica ma graditissima con “Rotten” e “The Day Man Lost” dei Carnage, la ciliegina su una torta/show estremamente convincente!

HAEMORRHAGE

“PARTY.SAAAAN… FUCK THE SUUUUN!!!”. Così esordisce Lugubrious, il frontman degli Haemorrhage, inveendo contro il sole che proprio non accenna a venire in questa piovosa giornata! Poi parte il macello e i quattro spagnoli non ci risparmiano nessuna delle loro hit (“Virulent Mass Necropsy”, “Dissect, Exhume, Devour”, “Exquisite Eschatology”, “I’m A Pathologist” tra le altre, ma anche le cover di “Pyosified” dei Carcass e di “Disgorging Foetus” dei Regurgitate) e ovviamente nessuna delle loro mitiche trovate sceniche: dai camici da chirurgo ai litri di sangue finto per arrivare ai cervelli e alle braccia amputate mostrate fieramente da Lugubrious per tutto l’arco dello show! Il pubblico ha dimostrato di gradire moltissimo il grindcore e lo spettacolo della band e le risate e gli applausi si sono proprio sprecati. Tre quarti d’ora davvero divertenti!

PUNGENT STENCH

Decisamente in forma e con un nuovo album in procinto di essere pubblicato dalla Nuclear Blast (“Ampeauty”), gli austriaci Pungent Stench hanno inflitto un altro duro colpo all’audience, già stremata dai massacranti concerti di Fleshcrawl ed Haemorrhage. Il terzetto non si è risparmiato minimamente e ha eseguito tutta la setlist con una grande carica e partecipazione. Molto convincenti sono state le esecuzioni di “Viva La Muerte” e “True Life” ma anche “Shrunken And Mummified Bitch” ha fatto la sua figura! Tra l’altro durante il loro show (ma a dir la verità anche in buona parte di quello degli Haemorrhage) le nuvole hanno dato un po’ di tregua, facendo sì che il pubblico si divertisse e si lasciasse trasportare ancora di più dal feroce death metal.

ZYKLON

Calano le 20.45 e il palco è tutto per il death/black dei norvegesi Zyklon, che rivediamo molto volentieri, memori della prova convincente data in Italia con gli Incantation, in occasione del festival di Nihil ‘Zine. La band di Zamoth e Trym chiarisce intenti bellicosi e si lancia all’attacco dell’audience, vomitando un’inventiva e una classe davvero non comuni in ambito estremo. I suoni perfetti esaltano al prova dei nostri ed infiammano ancora, se possibile, la platea già in delirio. Tra i fan illustri ci sono, al completo, i connazionali e amici Carpathian Forest. Tchort è il più composto, mentre quel simpatico nano di Nattefrost ha scelto di indossare la sua maglia da gentleman, quella con lo slogan immortale “Thank you for the blow job”…un campione di classe! Tornando all’ottima performance degli Zyklon, la set-list è stata equamente divisa nell’alternanza di brani delle loro due fatiche in studio, il primo, indimenticabile, “World Ov Worms” e “Aeon”. Magistrali le esecuzioni di brani come “Pzyklon Aeon”, “Hammer Revelation”, “World Worms”, “Subtle Manipulation” e “Trascendental War – Battle Between Gods”. Uno spettacolo di grande impatto e una presenza scenica fuori dai canoni, che ha galvanizzato il Party.San per tre quarti d’ora buoni. Complimenti agli Zyklon!

DISMEMBER

Ci si aspettava il solito grande concerto dai Dismember, invece il quintetto di Stoccolma non solo si è presentato con un Matti Karki completamente ubriaco ma ha anche dovuto far fronte a dei suoni estremamente confusi, i peggiori della giornata! Così dell’iniziale “Where Ironcrosses Grow” non si è capito assolutamente nulla mentre la successiva “Casket Garden” è stata praticamente cantata solo dal pubblico perché il buon Matti era troppo impegnato a cercare di rimanere in piedi e a non disturbare gli altri musicisti. “Skin Her Alive” è stata una pena, così come “Soon To Be Dead” e “Forged With Hate”. Per fortuna che gli altri ragazzi della band erano abbastanza in forma, così, una volta che i suoni sono migliorati un po’, abbiamo avuto modo di ascoltare delle buone versioni strumentali di “Let The Napalm Rain”, “Where Angels Fear To Tread” e “On Frozen Fields”. Ma Matti? Lui nel finale sembrava essersi ripreso un pochino, però nel pieno della conclusiva “Dreaming In Red” è caduto platealmente all’indietro, facendo pure temere il peggio a tutti i presenti perché per una decina di secondi è rimasto praticamente immobile! Poi invece ha ripreso in mano il microfono e ha concluso il brano cantando sdraiato. Che dire? Cari Dismember, per questa volta vi perdoniamo ma se provate a ripetere un concerto del genere vi prendiamo a sassate!

CARPATHIAN FOREST

Tocca all’oscuro black metal dei Carpathian Forest fare da ponte, alle 22.45, al death metal dei due sacri mostri della scuola svedese: Dismember e Unleashed. Nattefrost e compagni non si fanno pregare e regalano uno show tiratissimo, da degni co-headliner della serata. La folla, accorsa numerosissima, incurante dell’aquazzone biblico che non accennerà a spegnersi, li ripaga con una partecipazione costante e sentita. Così assistiamo all’esibizione di una band in ottima forma, che tiene a conservare il suo ruolo di punta nel drappello delle formazioni true black. E tra una “Bloodcleansing” e una “Black Shining Leather”, tra una “Morbid Fascination Of Death” e una “Carpathian Forest”, emergono un’attitudine, una freddezza e un groove che potrebbero insegnare molto alle nuove leve del genere. Con i suoni giusti e con un minimo di sobrietà, i Carpathian Forest sanno dare davvero moltissimo. Non c’è pioggia da castigo divino che tenga, non c’è compromesso.

UNLEASHED

Giustamente investiti del ruolo di headliner della giornata di sabato, gli Unleashed si sono resi protagonisti di uno spettacolo magnifico, infinitamente superiore a quello tenuto a Wacken solo una settimana prima. Il fatto di essere headliner, di suonare di sera con un impianto luci tutto a loro disposizione e con addirittura effetti speciali vari tra cui fiamme e flash bomb deve aver caricato sino all’inverosimile il quartetto, che ha attaccato con “Where No Life Dwells”/”Dead Forever” per poi ripercorrere tutta la propria carriera. “To Asgard We Fly”, “The Immortals”, “Legal Rapes” e “Berserk” sono state le prime bombe sganciate sulla sempre più esaltata folla. Poi è arrivata “Evil Dead” dei Death con la medesima dedica fatta a Wacken e, per concedere un po’ di respiro al pubblico, la più controllata “Execute Them All”. Ma quello era solo l’inizio… perché di lì a poco sarebbero arrivate “Death Metal Victory” (e qui Johnny ha fatto cantare il ritornello alla folla decine di volte!), “Hell’s Unleashed”, la nuova “Winterland”, “In The Name Of God” (dedicata agli amici Dismember e Grave) e “Into Glory Ride”. Dopo questa serie mozzafiato di brani gli Unleashed si sono congedati per pochi minuti per poi essere richiamati sul palco a gran voce, ricominciando a picchiare duro con “Victims Of War”. Dopo questo massiccissimo pezzo lo show sembrava veramente finito ma Johnny e compagni ci hanno regalato anche il mega classico “Before The Creation Of Time” e, a ora ormai tardissima, “Never Ending Hate”, durante il quale si è ripetuto lo stesso siparietto avvenuto con “Death Metal Victory”. “Never Ending Hate” è stata la vera conclusione di un concerto semplicemente favoloso, assolutamente il migliore della giornata, qualcosa di cui gli Unleashed dovranno essere sempre fieri. Grazie ragazzi!

GOREROTTED

Ad aprire la giornata di sabato ci hanno pensato i Gorerotted, purtroppo orfani del secondo vocalist Mr.Gore. Per l’occasione lo screaming è stato affidato al bassista Wilson (presentatosi sul palco da vero scozzese, cioè in kilt!) mentre Goreskin si è come sempre occupato del growling. Lo show è durato circa mezz’ora, nella quale il quintetto ha proposto pezzi equamente estratti dalle sue due pubblicazioni: “Mutilated In Minutes” e “Only Tools And Corpses”. Il caso ha voluto che durante l’esecuzione dei pezzi più recenti i nostri avessero sempre a che fare con qualche problemino tecnico, con il risultato che alla fine i brani meglio riusciti del concerto e quelli più graditi dal pubblico sono stati quelli provenienti dal primo album, su tutti “Fuck Your Ass With Broken Glass” e “Stab Me Till I Come”. Nel complesso comunque uno show più che soddisfacente!

INCAPACITY

Dopo il promettente esordio di “Chaos Complete”, dopo la bella conferma di “9th Order Extinct”, gli Incapacity di Johan Axelsson (che molti di voi ricorderanno come chitarrista negli Edge Of Sanity di Dan Swano), calcano il palco del Party.San decisi ad incrementare le impressioni positive sulla loro proposta. Un monicker decisamente inappropriato (parafrasando la recensione del collega Marco Gallarati) designa la musica degli Incapacity, che si muove gradevolmente tra un death swedish influenced e un thrash tecnicamente ricco. Purtroppo i suoni un po’ impastati hanno impedito ai nostri di confezionare uno spettacolo memorabile (e sarebbe stato chiedere troppo ad una manifestazione che si è distinta per la qualità dei risultati!). Tuttavia i tre quarti d’ora concessi alla band ne hanno messo in luce le doti, che certamente non deluderanno in condizioni migliori.

HEAVEN SHALL BURN

Chiamati all’ultimissimo momento a sostituire i defezionari Graveworm e con un altro concerto da tenere la sera stessa, gli Heaven Shall Burn non si sono però affatto risparmiati, tenendo banco per tre quarti d’ora senza soste rilevanti! “The Only Truth” e “Voice Of The Voiceless” sono stati accolti da un vero boato (l’ultimo “Antigone” infatti è andato benissimo in Germania), ma anche pezzi più datati come “Martyr’s Blood” hanno ricevuto applausi a scena aperta. Il gruppo sul palco ci sa fare proprio e in quanto a presenza scenica ha ben poco da imparare. Lo show dunque è stato molto piacevole e non ha lasciato scontenti anche coloro che aspettavano i Graveworm.

HATESPHERE

Alle 17.45 di un sabato uggioso, è la volta per gli Hatesphere di dare fuoco alle polveri, di deliziare la platea con il loro death metal, altalenante, con intelligenza, tra Svezia e Stati Uniti. I danesi sono carichi, le condizioni dei suoni buone, la gente numerosa: niente impedisce loro di scatenare il balletto del bruto! Approdati quest’anno al terzo full-length su Scarlet, gli Hatesphere propongono una scelta di brani equamente ripartita, da “Downward To Nothing” a “Bloodsoil”, da “Insanity Arise” a “Vermin”, dimostrando molto carisma ed un’aggressività trascinante. Il pubblico manifesta molto interesse e, in breve tempo conquistato, partecipa a colpi di headbanging alla bella prova della band. Ancora una volta si finisce con soddisfazione, nell’attesa di Misery Index e Grave.

VOMITORY

Chi scrive trova un po’ di difficoltà a descrivere nuovamente un concerto dei Vomitory. Non perché le loro prove siano scadenti, anzi, ma perché sono sempre uguali! Anche quest’oggi, con quarantacinque minuti a disposizione, il quartetto non ha lesinato potenza, non si è risparmiato per nulla e ha proposto i brani più rappresentativi degli ultimi album (molto ben riuscite “Primal Massacre” e “Blessed And Forsaken”) più una buona cover di “Ashes Of Mourning Life” dei grandi ma misconosciuti God Macabre. Suoni ben calibrati e conseguente headbanging forsennato, sia da parte loro che da parte del pubblico. Il solito buon concerto.

MISERY INDEX

I Misery Index non ci hanno pensato due volte a replicare l’ottimo show di Wacken e, godendo di suoni all’altezza della situazione, hanno creato il caos sotto il palco, suonando praticamente l’intero full length “Retaliate” più brani estratti dal mini “Overthrow” come “Manufacturing Greed”, “Blood On Their Hands” e la cover di “Dead Shall Rise” dei Terrorizer, posta in chiusura. Come sempre egregio il lavoro alle vocals di Jason Netherton e Mike Harrison mentre il nuovo drummer Adam Jarvis si è confermato perfettamente adatto a ricoprire il ruolo che fu del bravissimo Kevin Talley. La risposta del pubblico è poi stata sorprendente, con un moshpit di proporzioni immani che è durato per tutta la durata dello show. Non sembrava neanche di essere in Germania!

ENSIFERUM

Gli Ensiferum, come i cuginetti e connazionali Finntroll, in Germania godono di un seguito a dir poco imponente. Giunti con “Iron” al loro secondo studio album, dopo l’esordio omonimo, sono già diventati uno dei gruppi di punta della Spinefarm, adorati dal pubblico tedesco e ovviamente osannati in patria. A ciò si deve la splendida posizione riservata loro nel bill, appena prima di Grave e Dark Funeral. La musica degli Ensiferum è un ibrido tra vocals à la Alexi Lahio, trame chitarristiche che spaziano dal death al power/epic, tastiere atmosferiche a profusione e tanto, tanto folk. Comparsi sul palco coperti di pelli, pittati da lapponi dei tempi che furono, gli Ensiferum hanno goduto, oltre che del miglior supporto tecnico, anche di effetti speciali pirotecnici senza risparmio. La loro proposta, a tratti eroica, a tratti scanzonata come un inno da birreria (avete mai sentito “LAI LAI HEI”?), ha esaltato indicibilmente il pubblico, che cantava a gran voce quasi tutti i brani. Accompagnati da strumenti tipici e da una carica live che sembrava inesauribile, i nostri hanno raccolto un trionfale consenso, sulle note di “Slayer Of Light”, “Guardians Of Fate”, “Treacherous Gods” e “Tale Of Revenge”, per citare alcuni highlight della serata. Uno show che in pochi dimenticheranno, che ha fatto la felicità dei fan e ha dimostrato quanto in Germania si apprezzi la scena finlandese di questi ultimi anni.

GRAVE

Quello dei Grave è stato il miglior concerto del Party.San 2004. Punto. Suoni perfetti, luci rosso sangue, fiamme e fuochi d’artificio hanno fatto da contorno ad una prestazione letteralmente incredibile, che ha mozzato il fiato a tutte le circa cinquemila persone presenti. Dopo un breve intro il quartetto ha calcato il palco e subito è partita “Christi(ns)anity”, violentissima e dall’incedere pachidermico. Non la si sentiva live da anni ed è stato fantastico ascoltarla in un simile contesto, seguita poi da un altro pezzo storico come “Deformed”, opener del mitico “Into The Grave”. Ola Lindgren parla poco, non c’è tempo da perdere se si vuole suonare tutta la fantastica scaletta preparata per questa sera. Così solo pause di pochi secondi e un turbinio di emozioni con “Rise”, “You’ll Never See”, “Turning Black”, “Soulless” e “Morbid Way To Die”. La folla scapoccia che è un piacere, fa stage diving e canta ogni singola parola, sorprendendo non poco la band… in fin dei conti gli headliner della serata saranno i Dark Funeral! Così, con l’entusiasmo alle stelle, vengono anche presentate alcune nuove canzoni del nuovo “Fiendish Regression”: “Reborn”, “Breeder” ed “Out Of The Light”. Accoglienza molto soddisfacente e anche qui applausi a non finire. Poi Ola annuncia l’ultimo pezzo, “And Here I Die”, ma tutti sanno che non sarà l’ultimo… infatti dopo di esso arriva come un treno “Into The Grave”! E’ il delirio, Ola sbraita come un pazzo, decine di persone fanno stage diving e qualcuno riesce persino a salire sul palco per cantare con lui. E alla fine è un trionfo!

DARK FUNERAL

Sarà che dopo due giorni e mezzo di concerti ininterrotti la stanchezza inizia a farsi sentire, ma la folla radunatasi di fronte al palco per assistere allo show degli headliner Dark Funeral non è esattamente oceanica, di sicuro inferiore a quella richiamata dai Grave, dai Misery Index e dagli Ensiferum. Un peccato perché, a conti fatti, lo spettacolo offerto dal quintetto svedese non sarebbe stato per niente brutto. La band di Emperor Magus Caligula calca il palco intorno alla mezzanotte e, nonostante dei suoni un pochino impastati, dimostra subito di trovarsi in un buon momento di forma, tenendo il palco con grande esperienza e suonando senza sbavature. I fedelissimi comunque sono ben presenti e accalcati in prossimità delle transenne, non fanno assolutamente mancare il loro supporto e in occasione delle esecuzioni di classici come “Open The Gates” e “An Apprentice Of Satan” arrivano anche a cantare i testi! I Dark Funeral, galvanizzati da ciò, iniziano a suonare con ancora più foga, toccando picchi di intensità insperati con “Hail Murder” e “The Secrets Of The Black Arts”. Anche “Vobiscum Satanas” riceve ottimi responsi ma è nel finale che i nostri ricevono le più grosse ovazioni, ovvero quando decidono di suonare “My Dark Desires” e “Armageddon Finally Comes”, degna conclusione di uno show sentito e molto professionale. Resta il rammarico per l’affluenza inferiore alle aspettative, ma la band non ha proprio nulla da rimproverarsi: ha suonato con passione e ha concluso nel migliore dei modi il Party.San Open Hell 2004.

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