26/08/2017 - PHIL CAMPBELL AND THE BASTARD SONS + BULLET-PROOF + ATHROX @ Zona Industriale Cologno Al Serio - Cologno Al Serio (BG)

Pubblicato il 01/09/2017 da

Report a cura di Andrea Intacchi

Compie vent’anni la Festa Bikers. Moto, moto e ancora moto, per quello che è divenuto nel tempo un appuntamento fisso di fine estate in quel di Cologno al Serio, ruspante cittadina della bergamasca. Corredata da ogni tipo di stand del settore, anche il più inimmaginabile, da ormai sei edizioni la sagra biker porta con sé anche della buona dose di musica. Dal 2012, infatti, sul palco si sono alternati importanti nomi della scena metal italiana e non solo: dagli Extrema ai Necrodeath, dalle Girlschool ai Labyrinth; e ancora Bulldozer, Strana Officina, Tygers Of Pang Tang, Domine, M-Pire Of Evil, Vektor. Quest’anno, per celebrare al meglio le venti candeline, a coronamento della quarta delle cinque serate previste, sul palco centrale è arrivato, direttamente dal Galles, il chitarrista Phil Campbell, per gli amici Wizzö, che per ben trentun’anni ha vissuto fianco a fianco ad un certo Lemmy Kilmister, in quella macchina da guerra chiamata Motörhead. Con lui, i suoi Bastard Sons ed il cantante Neil Starr, per quella che si è rivelata essere, oltre che una caldissima serata dalle forti tinte rock’n’thrash, l’ennesima cerimonia di ringraziamento ad un personaggio, Lemmy appunto, impossibile da dimenticare. Di fronte ad un pubblico non numerosissimo ma comunque ben carico, Phil e compagni hanno proposto, oltre ad alcuni classici della sua ex band, anche diversi pezzi di loro produzione, in vista del debutto su disco previsto per l’inizio del prossimo anno. A far da supporto, ecco gli italo/slovacchi Bullet-Proof e i toscani Athrox.

 

ATHROX

Ad aprire il boccheggiante sabato sera ci pensano gli Athrox. La band di Grosseto, attiva dal 2014, ci propone alcuni brani (cinque, per la cronaca) tratti da “Are You Alive?”, album del 2016, primo e sinora unico lavoro realizzato dal gruppo italiano, riuscendo a coinvolgere sin dalle prime note una platea ancora in corso d’opera ma già ben ricettiva. Quello trasmesso dal quintetto toscano è un heavy classico con alcune ripartenze in chiave thrash, chiamando in causa i padri del genere (Maiden e Megadeth, tanto per far due nomi) senza disdegnare comunque una certa epicità nella struttura globale dei brani. Tra le song di maggior impatto citiamo sicuramente “Warstorm”, “Frozen Here” e “Gates Of Death”, mentre come nuovo pezzo, in previsione del prossimo album, “Empty Soul”. Sugli scudi la prova del singer Gianni ‘Ian’ Pacchianti, anche se nel complesso l’intera band capitanata dal chitarrista Sandro ‘Syro’ Seravalle e dal batterista Alessandro ‘Aroon’ Brandi si è resa protagonista di un show intenso, premiato – e non è una cosa di poco conto in questi ultimi tempi – da una resa sonora più che sufficiente. Athrox promossi, ed ora prepariamoci…a testare il giubbotto anti-proiettile!

BULLET-PROOF

Ecco infatti i Bullet-Proof, lanciatissima band guidata dalla famiglia Hupka, made in Slovacchia. Papà Richard alla chitarra e voce; il figlio Lukas seduto dietro il drum-kit. Con loro Max Pinkle alle sei corde e Federico Fontanari al basso. Come già ben testimoniato su disco, la formula è quella di un thrash diretto, senza fronzoli ma nello stesso tempo tecnico e mai banale, che porta con sé anche una certa orecchiabilità tipica dell’heavy più tradizionale. Pronti via, ed il botto arriva immediato con “Might Makes Right”, opener del riuscitissimo, nonché secondo, full-length “Forsaken One”. Il riff alla Kreator scalda subito i presenti prima di una fulminea corsa ritmica ad anticipare il refrain che dà il titolo al brano stesso. I suoni, anche in questo caso ben calibrati, mostrano, oltre alle singole abilità musicali, come la coesione tra i quattro musicisti sia una delle caratteristiche principali di un gruppo che, live dopo live, sta riscuotendo riconoscimenti un po’ ovunque. Il merito, crediamo, va proprio alla capacità di saper abbinare l’esperienza della coppia Hupka Sr.-Pinkle alla voglia di emergere di Hupka Jr. e del giovane Fontanari. Lo show prosegue e, dopo “The Cage”, tratta dall’album di debutto “De-Generation”, è il turno di un’intensissima “Portrait Of The Faceless King”. Altro giro, altro salto all’indietro: questa volta è il turno di “Again”, in cui si può ben capire come i Bullet-Proof, pur inserendo nei brani molta della propria personalità, attingano (per forza di cose) a coloro che li hanno preceduti, tra gli altri Dave Mustaine e soci. Ed è proprio ai Megadeth che i Nostri rendono omaggio, proponendo una “Symphony Of Destruction” che porta, com’era prevedibile, ad un intenso headbanging tra le prime file. Alcuni problemi tecnici costringono un leggero taglio all’esibizione dei quattro, i quali, dopo le nuove “No One Ever” e “I Was Wrong”, ci salutano con una fulminea quanto incazzata “Chemtrails”. Saremo forse di parte, ma questi Bullet-Proof vanno seriamente tenuti d’occhio; la scena italiana (e slovacca per essere precisi) ha forse trovato una freccia importante al proprio arco metallico.

PHIL CAMPBELL AND THE BASTARD SONS

Rischiando di cadere nella facile retorica, da circa due anni ormai, ogni volta che Phil Campbell prende possesso del palco (rigorosamente alla sinistra del pubblico) la memoria torna indietro nel tempo. Inutile nascondersi, e ciò viene ben testimoniato dai numerosi ‘Snaggletooth’ presenti sulle magliette dei fan accorsi sotto le transenne per assistere allo show degli headliner di questa sera. Troppo importante la figura di Lemmy, e dei suoi Motörhead, per l’intera carriera di Phil: più di trent’anni in una delle band più leggendarie dell’heavy metal, accanto ad un uomo così ingombrante, sono difficili da mettere in un cassetto. E questo lo si può notare benissimo guardando il suo volto mentre mette in scena quelle canzoni che hanno fatto la Storia: come già sottolineato dallo stesso Phil in una delle ultime interviste, suonare dal vivo senza Lemmy è qualcosa di veramente strano; rimani spaesato, quasi incredulo. Ed è quindi un velo di malinconia, oltre ad un altissimo tasso di grinta, quello che si stende sull’intera area adibita al concerto. Piccola premessa prima di scendere nei particolari di un live adrenalinico, coinvolgente e, musicalmente parlando, ben riuscito: proprio per quanto ricordato qualche riga fa, il fardello Motörhead è troppo pesante perché Phil si possa permettere di lasciare in un angolo i successi del suo ex gruppo. E allora, alternandoli ad alcuni pezzi realizzati in collaborazione con i suoi ‘figli bastardi’, ecco che, dai ventidue dischi prodotti dalla ‘peggior band del mondo’, vengono proposte le classiche “Going To Brazil”, “Born To Raise Hell” (cantata da tutti, ma veramente tutti) ed “Ace Of Spades”, la più moderna “Rock Out”, oltre a brani storici ma meno gettonati come “RAMONES”, la goliardica “Eat The Rich” e la storica “We Are The Road Crew”. Tutte cover certo, ma interpretate in una chiave più rock, anche grazie alla prestazione vocale di Neil Starr, unico membro del gruppo a non avere ‘conflitti familiari’. Da parte loro, i Bastard Sons ci propongono tre brani originali, “Big Mouth”, “Straight Up” e la motörheadiana “No Turning Back”, in attesa, come accennato in sede di introduzione dell’evento, del loro debut album, che dovrebbe vedere la luce nei primi mesi del 2018. La chiusura della serata è affidata ad altre due cover, ormai stabili nella setlist dei nostri: oltre a “Sharp Dressed Man” dei ZZ Top, scatena un’autentica festa “Silver Machine”, canzone iper-psichedelica lanciata proprio da Lemmy quando militava negli Hawkwind. Semplici questi Bastard Sons, come semplice è Phil Campbell (anche se qualcuno lo definisce schivo). Diversamente dal suo ex collega Mikkey Dee, non ha cercato fortuna altrove; ha voluto semplicemente proseguire a suonare del sano quanto fottuto rock’n’roll. Simple and straight!

 

 

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