Parlare dei Poison Ruin e di questa loro calata europea ci permette, con tutti i dovuti distinguo, di riflettere circa l’evoluzione di alcuni generi e più in generale di che strade stia imboccando la musica più o meno estrema.
Partiamo dal fatto che la band di Philadelphia esca per Relapse (etichetta comunque rivolta soprattutto al mondo metal), e stiamo parlando di una band capace di mescolare punk, post-punk o hardcore melodico anni ’80, debitrice delle scene di Boston e Washington in particolare; si tratta inoltre di musicisti che si definiscono anche ambient/dungeon synth grazie ad intro, interludi e un’immagine chiaramente medievale sui generis (un po’ più seriamente di come la potrebbero intendere i Tenpole Tudor ma non molto: non aspettatevi chissà cosa e loro ne sono ben consci).
Senza generalizzare, i Poison Ruin possono ben rappresentare le commistioni di generi e di stili, anche visuali, che etichette come la Relapse hanno portato avanti negli anni. Nell’anno 2023 i concetti di ‘underground’, di ‘estremo’ e quindi in qualche modo di ‘autentico’ sono molto differenti da quelli del passato: basti pensare ad una etichetta come la Profound Lore che ha prodotto i primi dischi di Lingua Ignota tanto quanto il più sulfureo e dissonante death metal in voga in questi anni, Con questi presupposti e una certa curiosità verso una creatura potenzialmente ibrida come i Poison Ruin, decidiamo perciò di dirigerci verso il piccolo circolo DEV di Bologna.
Per chi non lo conoscesse, il circolo DEV si trova in una via laterale nella zona centrale di Bologna ostile al parcheggio ma non alla movida: il piccolo locale non dovrebbe essere in grado di contenere più di un paio di centinaia di persone e la sua dislocazione non permette orari particolarmente notturni delle esibizioni, ma per chi vi scrive, in trasferta da nord, non è necessariamente un problema. Anche stavolta, la fiducia riservata al circolo sarà poi ben riposta visto che gli orari verranno pienamente rispettati, i suoni saranno sempre più che buoni e l’atmosfera all’interno del locale, anche se affollato, sarà sempre vivibile.
In cartellone, in apertura alla band di Philadelphia sono previsti i trentini ASTIO, un quartetto che dimostra fin dalle prime note di sentirsi a proprio agio sul palco del piccolo locale bolognese. La loro proposta è in bilico tra punk e rock con una certa vena ‘post-‘ debitrice di Joy Division, The Cure, Smiths, ma si sentono anche un po’ Nirvana e certi The Cult, soprattutto per l’insistenza nel proporre melodie squillanti di chitarra. Alcuni brani dal “Demo 2020”, proposti lungo la setlist, dimostrano una verve superiore dal vivo rispetto alle versioni studio. Gli Astio, divertenti ed essenziali, hanno intrattenuto il pubblico nel modo migliore ed è da citare la prova della sezione ritmica, particolarmente ricca di feeling.
Chi vi scrive aveva evitato, un po’ di proposito, di documentarsi su come fosse la versione live dei POISON RUIN e lo ammettiamo, c’è un po’ di sorpresa nel vedere quattro ragazzotti americani molto più simili a dei jocks usciti da “Riverdale” che a dei punk rockers usciti da “Fuori Di Cresta”. Tanto per dire, parte della crew che li accompagna (probabilmente driver, merchandiser e compagnia) continuerà a girare per il locale durante la serata con un look decisamente più punk del loro; quello che invece definisce l’appartenenza dei nostri alla scena musicale rock/metal sono le t-shirt, una verde dei Pestilence per il chitarrista/cantante Mac Kennedy e una dei Mammoth Grinder invece per il robusto bassista, l’unico in definitiva con un aspetto sufficientemente trascurato e rock’n’roll.
Sappiamo tutti bene che il look non è così importante per un certo tipo di musica, ma nel caso dei Poison Ruin era lecito aspettarsi qualcosa che invece non è stato per niente confermato: del concept medievale rimangono solo gli intermezzi dungeon synth ed epici, piccole schegge infilate in una scaletta punk rock e hardcore melodico vecchio stampo che il pubblico di Bologna, ormai numeroso e partecipe, ha sicuramente gradito. Nell’ora scarsa di esibizione le interazioni col pubblico sono state minime, visto che il leader Mac Kennedy non sembra affatto un chiacchierone e si limita a ringraziare i presenti. Gli altri componenti, se escludiamo il più teatrale bassista, mantengono grosso modo la stessa attitudine divertita e coinvolta, ma non esagerata. Nessuno dei Poison Ruin insomma, è un vero animale da palco.
Quello che conta però, come sempre, è la resa musicale, e i pezzi migliori dei due album vengono eseguiti tutti, fra questi le belle “Doppelganger”, “Fog Of War”, “Harvest” e “Resurrection II”.
Il suono complessivo è coeso, ben bilanciato, molto simile a quello presentato negli album e non perde né l’anima punk né le importanti melodie che caratterizzano il songwriting: il merito va sicuramente alla resa del circolo DEV ma anche alla capacità dei musicisti che, anche in questo, sono decisamente poco anarchici e più quadrati come attitudine. Nel complesso, i Poison Ruin hanno stupito in fretta la scena musicale per la loro originale miscela deathrock, post-punk e hardcore melodico che li ha portati nel giro di pochi anni ad essere invitati in situazioni importanti come il Roadburn (proprio in occasione di questo tour, probabilmente ricamato attorno all’importante vetrina di Tilburg) e molti appassionati hanno avuto l’impressione che di casuale, nel quartetto di Philly, ci sia poco.
Se in definitiva ci sia furbizia, reale progettualità o talento è ancora difficile da dire, ma per quel che ci riguarda la loro dimensione live mostra tante sfumature, ma di sicuro non una performance da slabbrato e volutamente dozzinale gruppo punk come potrebbe far pensare la proposta musicale nuda e cruda. Di stranezze più o meno creative, legate alla possibile immagine medievale e alle parti dungeon synth, come già detto, nessuna traccia: in definitiva lo scarto tra ciò che potrebbe suggerire il concept che emerge dai dischi c’è, ma non è, per chi vi scrive, un fattore negativo. I Poison Ruin perciò anche dal vivo sono promossi, con la curiosità di vedere dove andranno a parare in futuro.
Setlist:
Resurrection II
Doppelgänger
Torture Chamber
Paladin’s Wrath
Pinnacle of Ecstasy
Fog of War
Härvest
Crucifix
Augur Die
Demon Wind
Carrion
Edifice
Morning Star
Not Today, Not Tomorrow