15/06/2019 - POSSESSED + BULLDOZER + NORDJEVEL + EVILSPELL @ Slaughter Club - Paderno Dugnano (MI)

Pubblicato il 19/06/2019 da

Report a cura di Andrea Intacchi

Bene ma non benissimo. Così possiamo riassumere, prendendo in prestito uno degli slogan più abusati degli ultimi anni, l’ottava edizione dedicata alle Brigate dell’Inferno. In quel dello Slaughter Club di Paderno Dugnano, l’Hellbrigade Festival ha radunato i Possessed, padrini assoluti del death metal, gli eterni Bulldozer, i norvegesi Nordjevel e i lombardi EvilSpell. Un bill di tutto rispetto, con un picco di ovvia esaltazione per la band di San Francisco: la calata di Jeff Becerra e compagni è ogni volta un appuntamento più che imperdibile per gli estimatori del movimento underground nudo e crudo. Tanta attesa dunque, scaturita dagli ottimi responsi registrati dall’ultimo “Revelations Of Oblivion” e testimoniata dall’altrettanto ottima affluenza di pubblico. Insomma, i presupposti per assistere ad un’indiavolata notte dedicata all’Anticristo erano stati messi in fila per benino; come in fila, un po’ a rilento, la gente si è apprestata ad entrare nel locale dove, nel frattempo, termometro alla mano, il caldo stava già lavorando per rendere infernale l’ambiente. Ma è stato proprio sul più bello che l’ingranaggio diabolico ha subito un brusco, inatteso e, soprattutto, fastidioso black-out. I suoni ed i volumi durante le prestazioni dei Bulldozer, ed in parte degli stessi Possessed, hanno preso le forme più disparate: altissimi, quasi al limite, per la band tricolore, minimali, con alcuni problemi tecnici al microfono di Jeff, per gli statunitensi. Disagi che non hanno comunque impedito ad entrambe le band di portare a termine la propria missione: scaraventarci addosso un tiratissimo thrash d’annata per i primi; trasportarci nei gironi infernali più blasfemi e terremotanti per i secondi. Alla fine dunque, la rossa coda biforcuta dei Possessed ha colpito a dovere i numerosi presenti accorsi per l’importante evento: fan di qualsiasi età che, tra le altre cose, hanno voluto omaggiare il buon Becerra con tanto di… torta ‘posseduta’! Ma torniamo indietro di qualche ora: raggiungiamo lo Slaughter proprio quando gli EvilSpell stanno per chiudere la loro setlist; si attendono i Nordjevel che, con qualche minuto di ritardo rispetto al running order previsto (ritardo che via via aumenterà), salgono lentamente sul palco. Buona lettura!

 


NORDJEVEL

Tornano in Italia, dopo poco più di un mese, i black metaller Nordjevel. Supportato da due maxicroci devotamente inverse, il quintetto scandinavo prende immediatamente possesso dello stage, sparando sulla folla la propria dose di black metal dalle forti tinte svedesi, nonostante, per assurdo, la band provenga dalla vicina Norvegia, altra patria fondamentale del Metallo Nero. Tralasciando inutili disquisizioni geografiche, è il leader Doedsamiral ad alzare solennemente un calice grondante sangue, versarselo puntualmente sulla testa, dando quindi il via alla tonante “Sunset Glow”, apripista perfetta nonché opener dell’ultima fatica, recentemente rilasciata, chiamata “Necrogenesis”. L’assalto monolitico, coadiuvato sì da suoni discreti, viene sapientemente guidato dall’ex Dark Funeral Dominator on drums e dal possente Dezepticunt al basso, mentre le chitarre di Destructhor e Valla dilaniano l’aria a suon di riff malefici. Tutto ciò mentre lo stesso Doedsamiral, abbigliato di tutto punto, non smette di sputare parole sanguigne, premiando in particolar modo la recente release. Da “Necrogenesis” vengono infatti proposti ben sei brani degli otto previsti in setlist: spiccano, tra le altre, “Devilry”, “Nazarene Necrophilia” e “Amen Whores”, mentre dal precedente e primo album trova spazio la più melodica “Det Ror Og Ror”. Sinistramente statici, è il solo frontman a dilaniarsi come un demone a centro palco, lasciandosi andare, tra i fumi creati ad hoc e i raggi ‘freddi’ e tenebrosi, a sporadici incitamenti nei confronti della folla. E dopo aver indossato una sorta di cappuccio di maglia brunito, è la conclusiva “The Fevered Lands” a chiudere la parentesi più Nera della serata, concedendo agli astanti la possibilità di respirare.

BULLDOZER
Si nota con piacere come all’esterno dello Slaughter sia scoppiato un allegro temporale, utile a riportare le membra ad un temperatura quantomeno ragionevole. Con altrettanta preoccupazione, tuttavia, ci si accorge di come i ritardi di cambio palco, prima ancora tollerabili, si stiano accumulando vorticosamente. Non solo: qualcosa, in fase di soundcheck, non funziona con il basso di AC Wild che, a differenza delle ultime uscite, ha abbandonato il leggio sacerdotale, imbracciando nuovamente lo strumento. Nulla, il problema sembra persistere ma ‘the show must go on’ e, dopo mezz’ora rispetto alla tabella di marcia, l’inconfondibile overture apre la strada alla fulminea “Neurodeliri”. E nel delirio sonoro il pubblico parte nell’immediato pogo più sano e roboante, acclamando continuamente il gruppo. AC, con tanto di mantello, conduce l’orchestra a menadito, e dal passato ecco un’altra perla da sfoggiare a piena velocità, “Desert”. E’ una festa, nonostante si faccia veramente fatica a distinguere gli strumenti sparati a volumi vertiginosi nei timpani dei presenti. I Bulldozer proseguono comunque imperterriti dedicando uno dei pezzi più famosi e dissacranti ad una donna, parole dello stesso AC Wild, ‘alla quale è stato abbassato ingiustamente il vitalizio’; e il brano non poteva essere che “Ilona The Very Best”, a scatenare un nuovo moshpit tra le prime file. I cori si sprecano ed allora ecco il primo gioiello storico partorito dalla band milanese: la carta d’identità recita trentasei anni ed il suo nome è “Fallen Angel”. E mentre il frontman dalle basette indiavolate squadra il pubblico con il suo classico ghigno, non si può non notare la grinta euforica del compagno Andy Panigada, oltre alla sempre puntuale e tempestiva prestazione di Manu alla batteria, già impegnato un paio di giorni prima, a poca distanza dallo Slaughter, insieme ai Distruzione. Con il più classico dei ‘beep’ ormai fisso nelle orecchie, “Minkions” fa tremare il pavimento del locale milanese prima che “The Final Separation” lanci la successiva “Ride Hard Die Fast”, la quale, a causa degli eterni problemi acustici, solleva un vero e proprio massacro sonoro. La folla rimane tuttavia in visibilio e quando AC Wild pronuncia la parola ‘Milan’ ecco che la goduria si alza ancor di più e non tanto per la squadra in sé, quanto piuttosto per il brano che ne segue, quel “The Derby” che non conosce eguali in fatto di trascinamento e distruzione. Come da programma, ai giornalisti inglesi viene riservata “Impotence” ed è a questo punto che il leader dei Bulldozer, con una smorfia di ovvia insofferenza, annuncia come, proprio per i ritardi susseguitisi, lo show subirà il taglio di alcuni brani. C’è spazio allora per la festaiola “Whiskey Time” e la solenne “Willful Death”, dedicata come sempre a Dario Carria, uno dei fondatori del gruppo. Un vero peccato: per la storia, per l’importanza che hanno avuto nell’esplosione del thrash nazionale, i Bulldozer avrebbero meritato miglior sorte. Ma l’ovazione finale scaturita dai presenti ha comunque dimostrato che, nonostante tutto, AC Wild e compagni hanno ancora una volta colpito nel segno. E adesso tiriamo il fiato…stiamo per scendere all’Inferno.

POSSESSED
La crescente attesa per la band di San Francisco è andata di pari passo con il crescente numero di coloro che hanno preso posto all’interno dello Slaughter. Due pannelli con tanto di logo, posti ai bordi del palco, hanno anticipato l’incipit tenebroso dell’ultimo “Revelations Of Oblivion”: l’intro “Chant Of Oblivion” accompagna la salita on stage di Daniel Gonzalez, Claudeous Creamer, Robert Cardenas ed Emilio Marquez, rispettivamente alle loro chitarre, basso e batteria. E poi c’è lui, Jeff Becerra, simbolo assoluto del death metal più underground: seduto sul proprio trono a rotelle, prende posizione e si prepara ad urlare la violenza sonora di “No More Room In Hell”. Ma, ahinoi, anche per i Possessed sorgono immediatamente seri problemi tecnici: è il microfono di Becerra a fischiare in continuazione, tanto che è lo stesso Jeff a stoppare il pezzo chiedendo l’intervento immediato in quanto ‘these motherfuckers want to hear me!!!. La cosa sembra risolversi ed allora il brano riparte dall’inizio. Se la voce del frontman risuona un tantino meglio dalle casse, lo stesso non si può dire per il resto della formazione con la chitarra di Gonzalez quasi inesistente per almeno i primi cinque/sei brani. Ma tant’è. Oggi non si festeggia solamente il ritorno dei Possessed in Italia, oggi è un giorno particolare ed il pubblico lo sa, tanto che, poco prima della paurosa “Pentagram”, ecco servito un ‘happy birthday” proprio nei confronti di Jeff, giunto per l’occasione a quota cinquantun anni. E’ quindi il turno di una turbolenta “Tribulation”, prima che dal recente nuovo album arrivi uno dei brani più riusciti, come testimoniato dalla risposta del pubblico: “Demon” è magica e grintosa, contemporaneamente sorretta dalla solita vagonata di riff oltre che dai continui cambi di tempi. A proposito, mentre Jeff viene festeggiato nuovamente con una vera e propria torta bollata ‘Possessed’, spendiamo due parole per il resto della formazione: semplicemente letali e precisi Daniel e Claudeous alle chitarre, maestoso ed incazzato Robert al basso, senza aggettivi la prestazione di Marquez. Spente le dovute candeline, fatti i dovuti ringraziamenti, si torna a macinare death prima con “Evil Warriors”, quindi con “Heretic”, in cui è proprio lo stesso Emilio a dare sfoggio, quasi ce ne fosse bisogno, delle sue immense qualità. Oltre alla soddisfazione di vedere all’opera uno dei gruppi must, nonché storico, del genere, con “Abandoned”, finalmente, anche la sei corde di Gonzalez trova la sua dimensione sonora. Giusto in tempo per la pazzesca “Storm In My Mind”, durante la quale dei proiettili umani si fiondano da destra a sinistra e viceversa lungo tutta la platea, per la felicità di spalle e gomiti del pit. Bene così, perché di caldo qua dentro non è ancora abbastanza ed è con la magistrale “Shadowcult”, uno dei pezzi migliori dell’ultima release, che il clima si surriscalda ulteriormente. Jeff ringrazia in continuazione, salutando tutti con tanto di corna alzate: si piega su stesso mentre urla la disperazione di “The Eyes Of Warrior” e “Graven”, prima che un intro epocale riporti tutti al 1985, quando da San Francisco arrivò “Seven Churches” e la devastante “The Exorcist”. Il gran finale, ma si sapeva del resto, è dedicato proprio a quell’album, lì dove tutto è iniziato: dalla magica “Fallen Angel” all’acclamatissima “Death Metal”, sino alla sentenza finale a firma “Burning Hell”. Non ce n’è per nessuno: con una prestazione chirurgica simile, anche i suoni, alla fine, si sono settati per i fatti propri. Poi si giunge al termine, i Nostri salutano e danno appuntamento ai fan giù dal palco, per una foto, per una stretta di mano, per un autografo. Tra gli altri, si distingue ancora una volta lo stesso Jeff Becerra, che per prima cosa ci chiede scusa per aver fatto tardi con l’orario. Un vero signore… del Male. Le Brigate dell’Inferno, combattendo con ogni contrattempo tecnico, hanno vinto ancora una volta.

0 commenti
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.