Introduzione e report di Roberto Guerra
Fotografie di Filippo De Dionigi
La lunghissima fila presente fuori dall’ingresso dell’Alcatraz di Milano questo freddo giovedì sera lascia ben intuire il livello enorme di attesa per un evento con un obiettivo ben preciso: fornire ai presenti una serata di puro intrattenimento, a base di power metal e trovate estetiche peculiari. Non ci sono infatti molti fronzoli intellettuali di cui parlare, in quanto tutte e tre le formazioni coinvolte puntano da sempre a fare sostanzialmente una sola cosa: divertire gli appassionati, permettendo loro di godersi qualche ora di buona musica senza dover tenere esageratamente connesso il cervello. Tra la sgargiante presentazione dei Warkings, l’ostentazione della passione per i videogiochi dei Dragonforce e le atmosfere horror/fantasy dei Powerwolf c’è davvero tanto materiale con cui ricordare un’altra faccia a noi tanto cara della nostra musica preferita. Come in ogni situazione analoga, è inevitabile che non mancheranno gli alti e i bassi nel corso della serata, ma l’importante è poter tornare a casa con un sorriso una volta che queste tre line-up avranno compiuto la loro missione. Buona lettura!
WARKINGS
Non abbiamo nessun problema ad ammettere la nostra relativa freddezza nei confronti del progetto Warkings, il cui successo ci è sempre parso più legato alle maschere e alla componente gimmick, anziché alla musica vera e propria. Questo perché non ci risultano pezzi particolarmente ficcanti e/o ben scritti nel loro repertorio, fatto perlopiù di reiterazioni di elementi già abbondantemente sciorinati, peraltro nella loro forma più basica, con tanto di ritornelli catchy in cui il titolo stesso della canzone di turno viene ripetuto a gran voce, senza nessuna sferzata degna del nome. In buona sostanza, una formazione dedita ad un power metal senza alcun tratto distintivo, a parte il look che vede ogni singolo membro agghindato come un guerriero proveniente da un diverso periodo storico.
Ebbene, anche dal vivo la nostra sensazione non cambia, anche se è necessario fare comunque un plauso a questi quattro ragazzoni, la cui presa su un pubblico in cui figurano parecchi giovani è evidente, forse proprio per quella semplicità estrema che permea brani come “Spartacus”, “Hephaistos” e la conclusiva “Gladiator”, eseguiti con cura e valorizzati da un comparto sonoro all’altezza. Al limite del cringe il momento in cui il frontman Georg Neuhauser, vestito da tribuno romano con relative movenze, coinvolge il pubblico nell’esecuzione del brano intitolato semplicemente “Fight”, che altro non è che una cover riadattata della peculiare e a noi ben nota “Bella Ciao”.
Qualcuno etichetta le formazioni analoghe ai Warkings con epiteti come ‘metal per ragazzini’ o ‘metal da fiera del fumetto’, e in effetti riteniamo che l’elemento battagliero più caro ai nerd sia presente e palpabile, ma continuiamo a pensare che una maggiore cura per il songwriting potrebbe giovare alla resa live, oltre a mettere i Nostri su un livello quantomeno equiparabile a quello di altri colleghi, inclusi i due schieramenti che calcheranno il palco nelle prossime ore.
DRAGONFORCE
Una delle band più amate e nel contempo più odiate del panorama, nonché quella che per un determinato periodo è stata probabilmente la formazione di genere power metal più esagerata al mondo, capace di far tremare letteralmente il mercato con la propria combinazione ultratamarra di capacità tecnica, gusto melodico ed estro nerd: questo, in poche righe, riassume la storia della formaziione britannica. I due cabinati presenti on stage sono il simbolo dell’amore dei Dragonforce per il settore videoludico (condiviso peraltro da chi vi scrive), nonché per determinate soluzioni musicali tanto catchy quanto esaltanti indipendentemente dall’album di provenienza: che si tratti della iniziale “Highway To Oblivion”, della più contemporanea “Three Hammers” o della storica e apprezzatissima “Fury Of The Storm” il piglio di Herman Li e soci rimane solido come le scaglie di un drago. Anche l’esecuzione generale e la resa scenica ci son parse sinceramente le più genuine della serata, con un retrogusto quasi di stampo anni ’80 e numerosi siparietti dedicati all’Italia, incluso l’elenco delle bestemmie conosciute dal biondissimo frontman Marc Hudson, apprese probabilmente dal nostrano batterista Gee Anzalone, che non perde occasione di interagire direttamente con il pubblico.
Divertente la parentesi dedicata alla cover di “My Heart Will Go On” di Céline Dion, che comunque nulla può nel momento in cui alla più tranquilla “Cry Thunder” segue la conclusiva e immancabile “Through The Fire And The Flames”, oramai divenuta un vero e proprio inno dell’intero panorama metal, capace di far esplodere i presenti in un moshpit degno di un concerto degli Slayer, mentre le ugole vanno a fuoco.
Piacciano o non piacciano, coi Dragonforce ci si diverte sempre da matti ed è innegabile che si tratti di una formazione che ha raggiunto una perfetta consapevolezza, tangibile nella loro capacità di intrattenere senza dimenticarsi di essere una band, e che come tale ha bisogno della musica per trionfare.
Setlist:
Highway To Oblivion
Three Hammers
Fury Of The Storm
The Last Dragonborn
My Heart Will Go On (Céline Dion cover)
Cry Thunder
Through The Fire And The Flames
POWERWOLF
Per i Powerwolf sulla carta vale un discorso similare a quello che abbiamo utilizzato per parlare dei Sabaton e degli Amon Amarth recentemente, trattandosi anche in questo caso di una formazione improntata all’intrattenimento e presto divenuta una vera e propria istituzione, capace di costruirsi una fanbase enorme e di giungere letteralmente sul tetto della scena con uno stile peculiare e riconoscibile. Là dove i Sabaton sembrano commercialmente inarrestabili, ora come ora, mentre per gli Amon Amarth sembra ogni giorno più evidente una sorta di declino artistico, potremmo dire che il punto di forza dei Powerwolf sia la coerenza compositiva e scenica, che di fatto fa apparire la loro discografia quasi come un calderone da cui pescare sempre e comunque estratti vincenti, mantenendo del tutto inalterata la componente visiva, e il risultato è un successo attualmente ancora in crescita, come testimoniato dal pubblico sempre più numeroso riscontrabile ai loro concerti.
La contropartita in tutto questo è la tendenza ad autoriciclarsi, e non a caso molti pezzi dei lupi clericali per antonomasia tendono a somigliarsi: ad esempio “Cardinal Sin”, eseguita stasera, può sembrare francamente un collage della più datata “Dead Boys Don’t Cry” e la più nuova “The Sacrament Of Sin” (pur essendo successiva), entrambe non presenti in scaletta, ma potremmo menzionarne altre. Similmente, anche i concerti dei Powerwolf sono eseguiti con cura maniacale, risultando di fatto ognuno la replica dell’altro, con un copione da seguire nelle movenze e nei siparietti, con pressoché nessuna sbavatura sotto nessun punto di vista. Ciò è sia un bene che un male in base al punto di vista, e anche stasera vale lo stesso discorso: Attila e soci mettono su uno spettacolo esaltante, colmo di pezzi tra i migliori del repertorio e confezionato a dovere, accolto con sommo entusiasmo da tutti i presenti intenti a cantare a tutto volume le varie “Incense & Iron”, “Stossgebet”, “Army Of The Night”. Si può anche danzare grazie a “Dancing With The Dead” e “Blood For Blood”, nonché scambiarsi qualche smanceria con la toccante “Where The Wild Wolves Have Gone”, mentre invece avremmo evitato “Sainted By The Storm”, che di fatto sembra un plagio nemmeno così velato ai Sabaton.
Insomma, ci sono tutti i tasselli volti a confezionare un classico show d’intrattenimento, e il risultato prontamente viene portato a casa positivamente, anche se nell’encore pesa la mancanza di “Resurrection By Erection”, generalmente affiancata alle varie “Sanctified With Dinamite” e “We Drink Your Blood”, e a questo punto possiamo noi stessi definirci entusiasti di quanto visto, nonché del fatto che una band così stia ottenendo un grande successo anche da noi. Ci domandiamo tuttavia quanto potrà durare tutto questo, prima di cominciare a stagnare, sperando che la formazione teutonica all’occorrenza possa avere anche la capacità di rinnovarsi, perché il talento c’è e sarebbe un peccato vederlo un giorno scemare come un fuoco di paglia.
Setlist:
Faster Than The Flame
Incense & Iron
Cardinal Sin
Amen & Attack
Dancing With The Dead
Armata Strigoi
Beast Of Gévaudan
Stossgebet
Demons Are A Girl’s Best Friend
Fire And Forgive
Where The Wild Wolves Have Gone
Sainted By The Storm
Army Of the Night
Blood For Blood (Faoladh)
Let There Be Night
Sanctified With Dynamite
We Drink Your Blood
Werewolves Of Armenia