Live report a cura di Emilio Cortese
Settimana intensa a Bologna, e in particolare all’Estragon: dopo aver ospitato Obituary e Amon Amarth mercoledì sera, il venerdì la serata del locale è all’insegna delle tinte moderne, progressive e sporche di metalcore. Un tour da headliner dopo soltanto un paio di album poteva sembrare pretenzioso per i Protest The Hero, e invece l’affluenza è stata di tutto rispetto, forse merito anche dei gruppi di supporto. Ovviamente il locale non era gremito, ma vista l’ampiezza del capannone sarebbe stato sciocco aspettarsi di riempirlo. A una serata divertente, con ottimi musicisti a calcare il palco e band emergenti alla ribalta, non potevamo mancare!
THE HUMAN ABSTRACT
Quando i Californiani The Human Abstract salgono sul palco dell’Estragon il locale vanta già una discreta affluenza di pubblico, e il quintetto può esibirsi non solo di fronte a una manciata di persone come spesso accade agli opener. Come traccia di apertura viene scelta la canzone di chiusura di “Nocturne”, il primo full-length della band: “Vela, Together We Await The Storm”. Fatte le solite presentazioni del caso, ecco che vengono estratte “Violent Strike” e “Breathing Life Into Devices”, dall’ultimo bellissimo album della band, “Midheaven”, uscito nel 2008. La proposta musicale è un metalcore contaminato da una vena classica, volentieri si scomoda il termine progressive per definire un sound ricco di influenze, ispirato e, udite udite, personale! Per chiudere vengono proposti altri brani dal precedente album, “Polaris”, “Crossing The Rubicon” e “Mea Culpa”, forse la setlist poteva essere basata più sulla nuova uscita che vanta brani sicuramente interessanti e anche un po’ più d’impatto rispetto a quelli scelti, che vengono comunque eseguiti con estro passionale e intensità emotiva. La presenza scenica dei ragazzi poi è veramente notevole,questi musicisti trasudano energia e mettono tutto l’amore per quello che fanno sotto forma di note. Promossi a pieni voti!
THE CHARIOT
Dopo essere rimasti incantati dalla performance dei The Human Abstract arriva il turno dei The Chariot, band che vede alla voce quel Josh Scogin che faceva parte dei Norma Jean. La proposta è molto simile a quella dei Dillinger Escape Plan, sia dal punto di vista musicale che da quello della presenza scenica. Questa sera però troviamo sul palco una band che sembra più che altro far gara a chi farà la stronzata più grossa, ecco quindi che in apertura il chitarrista si gioca subito il pezzo forte arrampicandosi sulle transenne, lasciando la chitarra a terra a fischiare e rumoreggiare. Man mano che lo show prosegue vengono sciorinati tutti gli altri pezzi forti, come il lancio per aria degli strumenti, la roteazione dei medesimi attorno al collo, calci e salti vari da parte degli strumentisti, arrampicate su ogni angolo arrampicabile del palco, fino ad arrivare allo smontaggio della batteria finale in chiusura di concerto. Problema principale di questi ragazzi è che lo show e l’attitudine hanno veramente questa parvenza di forzato, una foga di stupire tutti, una ferma intenzione a voler far parlare di sé soprattutto (se non addirittura esclusivamente) per i movimenti sul palco piuttosto che per la musica vera e propria. Per quanto riguarda la musica, infatti, c’è poco di cui parlare, la personalità dai The Chariot è abbastanza carente, il loro math core vorrebbe essere isterico e fuori controllo, ma i suoni sono confusi e rumorosi, così come numerosi sono gli errori e le imprecisioni. Di conseguenza non sentiamo proprio di poter dire di esserci trovati di fronte a un bello spettacolo, anzi.
PROTEST THE HERO
Avevamo già assistito ad una performance dei canadesi quando quest’inverno si aggregarono, all’Altamont Never Say Die Tour, ad altre band del calibro di Unearth, Despised Icon, Parkway Drive. In quell’occasione i nostri suonarono (per poco e con suoni abbastanza approssimativi) una buona performance; vederli a qualche mese di distanza da headliner richiamare un pubblico tutto sommato abbastanza numeroso fa molto piacere per loro. A colpire sin da subito è una presenza scenica sicura, disinvolta e sempre più movimentata. Il frontman Rody Walker instaura col pubblico un dialogo simpatico, a base di autoironia e più di qualche lattina di birra, fedele compagna anche degli altri componenti della band. Dal punto di vista strumentale i Protest The Hero sono ineccepibili, le difficili strutture dei loro brani vengono proposte con una scioltezza notevole, scale e intrecci solistici tra basso e chitarre vengono alternati a granitiche ritmiche cadenzate, facendo susseguire aperture melodiche realmente emozionali. La cosa incredibile è che in tutto questo susseguirsi di tecnicismi (assolutamente non fini a se stessi, precisazione doverosa) i ragazzi trovano anche il modo di scherzare tra loro, e stabilire un feeling con il pubblico che ovviamente li adora. Assolutamente superlativa la prova di Rody dietro al microfono, nonostante gli strascichi di una tosse o di un malanno che si fanno sentire mentre parla, alle prese con le canzoni la sua timbrica è di quelle da mozzare il fiato, i suoi picchi sono degni delle migliori ugole power, e nell’alternanza tra voce pulita, urlata e growl la fluidità è ineccepibile. Per quanto riguarda la setlist vengono riproposte tracce da entrambe gli album più o meno in egual misura, da segnalare in particolar modo la piena riuscita di tracce come “Sequoia Throne” o “Wretch” dove, durante l’esecuzione, appaiono anche a ballare sul palco il bassista e il chitarrista dei The Chariot. Si chiude alla grande con “Bloodmeat”, e via a prendere d’assalto il banchetto del merchandise. Crescono a vista d’occhio i Protest The Hero, sentiremo ancora parlare di loro.