Si è concluso lo scorso weekend, con le due date di Vicenza e Como, il “Buried Deep” tour dei finlandesi Purtenance, accompagnati stavolta nel loro giro europeo dagli italiani Dead Chasm. Chi vi scrive ha già avuto modo di vedere i Purtenance nel 2018, affiancati allora da alcune band di cui non è rimasto nessun particolare ricordo se non per gli italici Perfidious ed il loro piacevole death metal di matrice satanica.
Gli stessi finlandesi, al tempo, non regalarono purtroppo la migliore delle impressioni dal punto di vista live e l’acquisto della t-shirt di “Member Of Immortal Damnation”, da tempo tempo atteso, fu forse l’highlight vero della serata. Nonostante questo e vista la distanza ragionevole, la possibilità di verificare la qualità di una nuova location e il bill a quattro band con gli opener locali, abbiamo deciso di dirigerci in quel di Schio.
Il CSA Arcadia ha la sua sede nella zona industriale della cittadina vicentina e il primo impatto all’arrivo non è dei migliori: troppe sono le memorie di locali più o meno storici, realizzati in edifici industriali completamente inadatti per la musica live. Estetica a parte, ci dovremo fortunatamente ricredere nel corso della serata, visto che l’Arcadia è nel complesso un buon locale per piccoli eventi, in linea con quanto sta realizzando il Bocciodromo di Vicenza: buon servizio bar a prezzi onesti, allestimento palco e impianto sonoro non stellari ma sicuramente funzionali ad offrire allo spettatore una esperienza adeguata.
Le band aggiunte in apertura sono entrambe venete: Restos Humanos e Membrance, entrambe in giro da diverso tempo e con una lista di uscite più o meno underground in discografia.
I RESTOS HUMANOS sono trevigiani e in line-up, fino a qualche tempo fa, il basso era affidato a Sara, la cantante dei talentuosi Messa; le vicende del gruppo si incrociano inoltre con quelle di altri nomi piuttosto noti della zona come Hobos o Askesis. Abbiamo avuto modo di vedere il quartetto molti anni fa e la loro proposta era un death metal ruvido con influenze a volte thrash a volte grindcore, dove risultava chiara la matrice della scuola brasiliana e dei Sepultura del medio periodo.
Sul palco del CSA invece abbiamo avuto modo di vedere un power trio con un approccio abrasivo (in qualche momento hanno ricordato proposte concrete e taglienti come quelle dei Crowbar) e un songwriting semplice ma efficace. I pezzi dei nostri non sono mai miracolosi, ma danno l’idea di senso compiuto visto che i Restos Humanos non puntano sicuramente sull’originalità: se pure non abbiamo ritrovato frangenti realmente estremi, i vecchi ricordi di influenze carioca vengono confermati, ascoltando soprattutto i midtempo scanditi dal cantante e chitarrista Julian, e in definitiva la prova dei musicisti è piacevole.
Dopo un cambio di backline quasi completo è l’ora dei veneziani MEMBRANCE, band death metal che fino a questo punto ci risultava solamente un nome legato alle numerose prove live nella zona della Pianura Padana. E’ evidente, fin dall’allestimento del palco con le bandiere della Serenissima, come i nostri tengano ad evidenziare la loro provenienza, e spunti molto spesso una attitudine dissacrante e divertente nel loro death metal quasi sempre violento (per rendere l’idea, guardatevi le varie foto del gruppo in circolazione o il titolo dello split “Highway To Schifo”). La prova sullo stage dell’Arcadia è in linea con quanto si supponeva, mentre sorprende invece come ogni tanto il cantante Davide Lazzarini infili nel repertorio del gruppo linee vocali simili a quelle più ‘core’ dei Dying Fetus. Musicalmente, i territori sono ben battuti anche per loro: saltano fuori un po’ tutti i giganti del death metal nelle canzoni dei Membrance (anche in questo caso è un po’ difficile parlare di originalità), ma la loro prova è positiva, adeguata per una band d’apertura.
Saliamo sicuramente di livello con i DEAD CHASM, terzetto composto da veterani della scena underground italiana tra cui Gigi Corinto (già con Perfidious, Evilspell, Violentor, Daemoniac e molti altri, nonché booking agent di questo tour), Lorenza De Rossi (Psychotomy, Stench Of Profit) e Davide Bacchetta (Fuoco Fatuo, Funest, Horrid, Into Darkness, Daemoniac e mille altri ancora). La band è emersa nel 2020 e sta vivendo un momento importante con l’uscita recente del full-length “Sublimis Ignotum Omni” per F.D.A. Records (seguito di un apprezzabile mini del 2021).
La compattezza, la coesione e di conseguenza il suono complessivo del gruppo si distanziano subito dalle prove degli opener e ci fanno entrare nel vivo della serata. La matrice musicale è chiara: death metal oscuro e sostenuto nei tempi, molto simile nell’interpretazione e nell’esecuzione a quanto ci hanno abituato i greci Dead Congregation e di conseguenza la scuola Incantation, Immolation (primo periodo) e Grave Miasma. Nei Dead Chasm però il suono non è mai caotico o slabbrato, non si indulge mai in territori dove è il caos a raddensare le atmosfere: emerge invece una volontà compositiva ed esecutiva molto chiara e dal piglio oseremmo dire quasi thrash nella precisione delle architetture. I migliori suoni della serata li sostengono quasi da subito ed è un vero piacere vedere come le prove individuali si sommino realizzando un set di grande qualità.
Al CSA sono ormai presenti una sessantina di persone e l’entusiasmo si è alzato: un po’ per il tasso alcolemico, un po’ per la prova dei Dead Chasm, ma per il piccolo locale girano volti felici. I finnici PURTENANCE mantengono, come nella calata italica del 2018, due dei membri originali dell’ormai mitico (e recentemente ristampato da Xtreem) “Member Of Immortal Damnation”: il batterista Harri e il chitarrista Juha. Alla voce e basso c’è da citare il nepalese Aabeg Gautam, visto di recente anche nei particolari Benothing. Per chi se lo fosse chiesto, la provenienza del singer è il motivo della sciarpa con scritto Nepal che spunterà più volte tra il pubblico durante il set.
La scaletta offerta dai nostri è formata da una decina di pezzi, con la stragrande maggioranza proveniente dal debutto, un inedito e un paio di intervalli dedicati ai dischi più recenti che, ad opinione di chi scrive, rimangono discreti.
L’impatto live è grosso modo lo stesso che avevamo riscontrato alcuni anni fa: i Purtenance non sono assolutamente una band ragioniera, ma hanno un approccio molto rock’n’roll nell’eseguire il loro death metal, che live perde forse d’impatto ma guadagna in coinvolgimento. Durante la prova anche stavolta qualche sbavatura emerge qua e là, ma l’entusiasmo dei presenti e della band coprono tutte le possibili mancanze di esecuzione. D’altronde, pezzi come “Black Vision” o “In The Misty Morning” hanno solo bisogno di essere suonati col giusto piglio, e i Purtenance hanno esperienza a sufficienza per portare a casa la serata. Magari non saranno mai dei primi della classe, ma trasudano onestà: per chi scrive è più che sufficiente a giustificare spese e chilometri in auto.
Setlist:
In The End Only Death Will Remain
Deep Blue Darkness
Shrouded Vision of Afterlife
Deathbed Confession
The Lost Memories
In the Misty Morning
An Invisible Master
A Dark Cloud Arises
Black Vision
Reality Isn’t Disappeared