07/06/2016 - PUSCIFER @ Teatro degli Arcimboldi - Milano

Pubblicato il 19/06/2016 da

Introduzione a cura di Davide Romagnoli
Report a cura di Davide Romagnoli e Valentina Mevoli

Se mai nella vita qualcuno abbia dubitato del potere e della follia di Maynard James Keenan, in questa occasione sicuramente si potrà definitivamente ricredere. Al Teatro degli Arcimboldi di Milano l’artista americano è infatti riuscito a presentare del wrestling messicano. Roba non da poco, per quanto riguarda il postmodernismo della fusione e della rottura di batterie tra generi e pubblici. Quello che era un side-project solista del frontman tooliano diventa un main act ampiamente acclamato e per la prima volta presente nei palchi europei con una veste innovativa e dissacrante, che è quella di “Money Shot”, in cui l’associazione con il wrestling made in Mexico diventa una delle punte più grottesche della produzione artistica del viticoltore dell’Arizona. In apertura al concerto, e anche per molti degli intermezzi del concerto stesso, sono infatti presenti sul palco dell’Arcimboldi i fantomatici Luchafer, cinque individui su un ring amplificato per risuonare come una cassa da discoteca che saltellano simulando mosse letali e incitando il pubblico all’applauso. Quantomai straniante per effetto e tentativo di connessione con il nome dei Puscifer e del mood della loro musica, il pubblico milanese sembra inizialmente molto destabilizzato, nonostante l’atmosfera surreale diventi ben presto un tripudio di applausi.

puscifer - band - 2016
PUSCIFER

Un Arcimboldi poco nutrito quello del 7 giugno. Non tanto, probabilmente, per il poco appeal suscitato dalla proposta in oggetto, ma soprattutto a causa dell’altro concerto meneghino della serata, quello dei Deftones, che ha soffiato via parecchi dei probabili partecipanti all’evento. Poco male, in effetti, in quanto il pubblico presente sembra essere uno di quelli più fedeli al verbo dei Tool e del suo portavoce, in mancanza della main band e degli altrettanto osannati A Perfect Circle: astanti pronti a tutto pur di assaporare di nuovo l’ugola cantilenante e sofferente del caro e vecchio Maynard James Keenan. Uno show, quello di questa sera, che si focalizza principalmente sulla scenografia: il ring dei lottatori rimane sul palco per tutto lo spettacolo ed è su quello che fa la sua apparizione Keenan accompagnato alla voce da una strepitosa Carina Round. Il protagonista della serata, come da tradizione, rimane molto spesso fuori dall’attenzione principale: sono anni, ormai, che il pubblico è abituato alle sue performance in cui è girato di spalle e, in questo caso, invece, il frontman indossa inizialmente una maschera nera, non facendosi mai illuminare dalle luci. Giù dal ring, ma esattamente al centro del palco, invece, Jeff Friedl e la sua batteria fanno un lavoro immenso di precisione e tecnica. Lo spettacolo si suddivide in quattro atti, ognuno dei quali intervallato dall’ingresso in scena dei cinque lottatori, che mettono in piedi dei siparietti che alternano momenti di eccellenti prestazioni fisiche e atletiche a vere e proprie gag tra il comico e il grottesco. Ad incitarli gli stessi musicisti, seduti su degli spalti messi appositamente ai lati del palco. Si parte con “Simultaneous”, introdotta da un video in cui Maynard, camuffato, si cimenta in discorsi filosofici. Il pubblico degli Arcimboldi sembra perplesso fino alla quarta canzone, “Vagina Mine”, che spazza via ogni dubbio: quello a cui tutti stiamo assistendo è qualcosa di unico…non solo musica, ma anche danza, teatro, cinema. Ogni brano si accompagna, infatti, con proiezioni visionarie che ipnotizzano lo spettatore, tanto da non rimpiangere più, dopo poco, il non poter guardare in faccia il fautore della mise-en-scène. Tutto, ogni dettaglio, sembra perfettamente calibrato. Incredibile la performance di Mahsa Zargaran, polistrumentista che suona le tastiere, le percussioni, il banjo, la chitarra e canta, intersecando perfettamente la sua voce con quelle di Maynard e Carina, in una rincorsa di linee vocali che alle orecchie dei presenti risulta perfetta. Maynard parla poco con il pubblico, anzi non dice praticamente nulla, se non chiedere la traduzione in italiano di “Chicken Soup”, e questo pochi secondi dopo aver portato sul palco un secondo ring, piccolo questa volta, dove a combattere sono due galli meccanici. Il terzo e quarto atto sono così pregni di stimoli visivi e sonori che è difficile scegliere da che parte guardare. Lo schermo continua a proiettare immagini che mescolano natura e scene quasi oniriche. Sul palco c’è la band ma ci sono anche i lottatori che continuano imperturbabili a combattere per aggiudicarsi il titolo di campione. Carina canta e danza. Maynard sprigiona tutto il suo carisma, è lui il vero deus ex machina, la cui presenza è palpabile ma non visibile. Bisogna solo crederci. Con “Money Shot” lo spettacolo si avvia verso la parte finale, ma il pubblico è ormai perfettamente calato in questa atmosfera surreale e qualcuno si alza, canta, invita gli altri a supportare a gran voce i protagonisti sul palco, prima di essere redarguito dalle maschere del teatro. I Puscifer non lesinano sull’encore e concludono con “The Humbling River” e “Autumn”. Difficilmente troverete foto e video realizzate dai presenti: ogni dispositivo per registrare, riprendere o fotografare è stato rigorosamente vietato in sala. Niente di male, per una volta si è assistito a uno spettacolo in cui il pubblico ha davvero riscoperto il piacere di gustare ogni singola nota e sfumatura. Con con le orecchie e con gli occhi. Ancora una volta, nel coacervo delle digressioni del cantante di Akron, Ohio, si è assistito ad una mescolanza artistica, scenica e musicale che, al di là di estetiche stranianti, ha sicuramente dalla sua un contenuto di ampio spessore artistico. Senza dubbi.

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