Report a cura di Davide Romagnoli
Fotografie di Enrico Dal Boni
Direttamente nella parte dei cari vecchi nemici di circostanza, Homme e soci tornano a presentarsi al pubblico di Bologna, dopo poco tempo dall’ultima esibizione in supporto a “Like Clockwork”, a suo tempo album osannatissimo, che aveva riportato una profonda attenzione nei confronti delle Regine. Con il nuovo “Villains” le tonalità sono diventate più radiofoniche e per alcuni l’eccessivo semplicismo di alcune sue trovate è risultato un colpo basso. Ad ogni modo, con un ospite ancora quasi sconosciuto in Italia come i Broncho, la band di Homme riesce ancora una volta ad avere davanti a sé una folla entusiasta e decisamente numerosa. Sintomo, ancora una volta, che i Queens Of The Stone Age godono tutt’oggi di un’aura sacra, soprattutto in terra italica. E sintomo ancora una volta che i tempi di “A Song For The Deaf” non sono svaniti del tutto…
Artista: Queens Of The Stone Age | Fotografo: Enrico Dal Boni | Data: 4 novembre 2017 | Venue: Unipol Arena | Città: Bologna
BRONCHO
Ancora sconosciuti a molti, i Broncho risultano essere un mix di indie e rock’n’roll che si innesta in maniera molto ambigua all’interno della serata. Se per alcuni, infatti, la verve di Ryan Lindsey, sbarazzina ed esaltata allo stesso momento, risulta, come la sua voce, talvolta noiosa ancora prima che parta il pezzo successivo, è anche vero che la proposta della band di Norman, Oklahoma, sembra essere in linea con le divagazioni surreali e psichedeliche del main act della serata. Tendenze à la My Bloody Valentine si mischiano ad un impatto più rock’n’roll vicino all’indie dei War On Drugs, condito e reso originale dal timbro di Lindsey, e laddove si riscontra una piacevole originalità vi si nasconde anche la maggior pecca in sede live. Molti dei brani sembrano tutti uguali a sé stessi, a differenza di come potrebbero invece risultare da un ascolto su disco. Qualche applauso dopo una mezzora abbondante e rimandati alla prossima occasione.
QUEENS OF THE STONE AGE
Ancora una volta sembra essere “Like Clockwork” l’album precedente a “Villains” più recuperato della serata, quasi a ricordare lo status della formazione stabilizzatasi dopo l’entrata di uno dei suoi membri (ad oggi) più in forma, John Theodore. Sono infatti undici i pezzi tratti dagli ultimi due album della band, a sancire con forza l’equilibrio creatosi in questi ultimi cinque anni di musica a nome Queens Of The Stone Age. I pezzi tratti da “Villains”, all’interno della potenza della serata, non sono per niente male, soprattutto l’accoppiata “Feet Don’t Fail Me Now” e “The Way I Used To Do”, in stile White Stripes, suonati a volumi massicci e carica estrema rock’n’roll. Un po’ meno convincente risulta “The Evil Has Landed”, soprattutto quando viene subito dopo la chicca “Mexicola” in scaletta, mentre risulta un buon compromesso dinamico quella “Villains Of Circumstances” che sembra essere tra le migliori proposte della serata, soprattutto inserendo ampio spazio alle tonalità da crooner di Homme. Seppur la band sia decisamente in forma (cosa ormai assodata quando si ha Theodore alla batteria, Van Leuween alla chitarra, Fertita alle tastiere e Shuman al basso), è il frontman ad essere il protagonista assoluto: come noto a molti, non è che Homme brilli per particolare simpatia a livello umano e non sembrano particolarmente piacevoli alcune parole di troppo rivolte ad un fan con il dito medio alzato (“Sono tutto quello che tu vorresti essere. Solo un filo meglio”), o verso il personale di sicurezza (“Voi lavorate per me stasera”), laddove la carica del pubblico viene infatti smorzata nei toni di empatia verso il personaggio. La capacità e la professionalità da animale da palco quale è Homme, però, capiscono la direzione da prendere e da lì in poi il chitarrista innesta frasi di libertà e spirito rockettaro (anche fermando il reprise di Shuman in “No One Knows”) che fanno recuperare immediatamente la carica al palazzetto, ritornando ad ammirare la figura del frontman, paladino, da lì in poi, di una serata ormai in pugno, fino al fatidico “Bologna, siete la migliore audience del mondo!”. La musica dei QOTSA di quest’occasione risulta però quantomeno impeccabile in quanto a potenza e impatto, raggiungendo il limite dei volumi consentiti e ancorandosi su tonalità devastanti in tutti i suoi momenti. Se da un lato lo spirito stoner ne giova, è anche vero che le dinamiche di alcuni pezzi più ‘soft’ vengono annichilite da questo approccio, facendo risultare brani come “I Sat By The Ocean”, “Make It Wit Chu” o “I Appear Missing” privi delle dinamiche più proprie alle loro versioni più riuscite. Ad ogni modo, una potenza espressiva di questo calibro compiace a conti fatti tutti i presenti e sancisce lo status di band da grande pubblico e di grande potenza che il personaggio di Homme e i suoi ottimi musicanti sono riusciti a creare nel corso di questi anni. Senza scomodare i grandi paragoni col passato, coi vecchi brani, coi Kyuss, le collaborazioni e le canzoni per i sordi. Orecchie fischianti e appagate tornano a casa con un ottimo ricordo della serata all’Unipol Arena.
Setlist:
If I Had A Tail
Monsters In The Parasol
My God Is The Sun
Feet Don’t Fail Me
The Way You Used To Do
You Think I Ain’t Worth A Dollar, but I Feel Like A Millionaire
No One Knows
Mexicola
The Evil Has Landed
I Sat By The Ocean
Smooth Sailing
Domesticated Animals
Make It Wit Chu
I Appear Missing
Villains Of Circumstance
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.