12/04/2006 - Rage + Freedom Call @ Rainbow - Milano

Pubblicato il 22/04/2006 da

A Cura di Carlo Paleari

Il ritorno in Italia dei Rage, accompagnati per l’occasione dai conterranei Freedom Call, è stato un appuntamento gustoso per tutti gli amanti del power metal tedesco. Le due band, profondamente diverse tra loro, hanno mostrato due modi di interpretare un genere: da una parte le melodie facilissime e di presa sicura, ritornelli orecchiabili e atmosfere gioiose e ‘innocue’; dall’altra la potenza e l’assalto sonoro di un trio devastante che, pur senza dimenticare classe e melodia, stende gli ascoltatori con la sua carica travolgente. Il Rainbow Club risponde con entusiasmo all’evento e il popolo metallico milanese (e non) si riversa in buon numero nel locale che, però, non arriva a registrare il pienone, indice del fatto che, nonostante i vent’anni abbondanti di carriera e le indubbie qualità artistiche, i Rage non sono ancora una band capace di eguagliare il successo degli altri esponenti di punta della scena.
 

FREEDOM CALL

A causa del solito traffico milanese, il sottoscritto arriva al Rainbow Club quando la performance dei Freedom Call è già iniziata: dal palco arrivano le note di “We Are One”, tratta dal debutto della band, e i cinque musicisti, un po’ impacciati a causa del poco spazio disponibile sul palco non certo immenso, iniziano a scaldare i pochi astanti. Il gruppo di Dan Zimmermann e Chris Bay, comunque, non si lascia scoraggiare e inizia a snocciolare una manciata di canzoni che ripercorrono tutta la loro carriera. Naturalmente viene lasciato ampio spazio al fortunato ultimo album, “Circle Of Life”, da cui vengono tratti brani come “Mother Earth”, “Hunting High And Low” e “Hero Nation”. La band suona con convinzione, cercando di coinvolgere il più possibile il pubblico, incitandolo a cantare i loro ritornelli ultra-melodici e accennando anche la celeberrima “We Will Rock You” dei Queen. Bisogna dire, però, che i presenti, pur partecipando, non sembrano particolarmente coinvolti, forse perché più interessati allo show degli headliner; d’altra parte la proposta della band, così prevedibile e derivativa, finisce per risultare troppo uguale a se stessa, lasciando un po’ perplessi, nonostante l’impegno dei musicisti. Il set dei Freedom Call volge al termine con l’esecuzione della canzone che porta il loro nome e, per finire, “Hymn To The Brave”, un altro estratto dall’album di debutto, che suggella una prestazione non certo eccezionale.

RAGE

È il turno dei Rage, che salgono sul palco accompagnati da un’enfatica introduzione declamata per poi lanciarsi immediatamente nella title-track di “Speak Of The Dead” che, assieme alla successiva “No Fear”, dimostra la validità del nuovo materiale in sede live. Il trio è come sempre compattissimo, con l’enorme Peavy Wagner a dettar legge con la sua voce roca, Victor Smolski a sciorinare riff impazziti e il solito animalesco Mike Terrana a percuotere le pelli come un ossesso. Naturalmente la maggior parte dei brani suonati proviene dagli album dell’ultima incarnazione della band, così i presenti possono gustarsi le terremotanti “Down”, “War Of Worlds”, “I’m Crucified” e “Human Metal”, senza contare la riproposizione integrale della controversa “Suite Lingua Mortis”, lunga ed articolata composizione ad opera di Victor Smolski, che vede ancora una volta la band affiancata da un’orchestra. Il brano riesce a superare la prova live, nonostante la presenza di numerose parti registrate che, per ovvie ragioni, sostituiscono il lavoro dell’orchestra. Durante lo show c’è anche spazio per qualche momento solista con Mike Terrana, presentato da una voce fuori campo come ‘the sexiest drummer in the world’, a regalarci un pregevole assolo di batteria su una base simil-orchestrale; e Victor Smolski a dimostrare la sua incredibile abilità tecnica in una serie di assoli e di acrobazie ai limiti dell’inumano. Si continua così, un pezzo dopo l’altro, con l’atmosfera che diventa sempre più calda e partecipe: il pubblico salta, canta e si lancia in sporadici mosh, accompagnando una band visibilmente soddisfatta della bella accoglienza. Dal bellissimo “XIII” viene ripescata “Turn The Page”, mentre dal classico “Trapped!” fanno capolino due vere chicche: “Enough Is Enough” e “Baby, I’m Your Nightmare”, a dare il giusto tributo al passato glorioso della band. I tre musicisti non lasciano scampo, lasciando poco spazio alle chiacchiere e concentrandosi sulla loro performance. Il concerto si avvia verso la chiusura e, naturalmente, non poteva mancare il capolavoro “Don’t Fear The Winter” che, dopo un divertente inizio swing, esplode in tutta la sua potenza tra i cori a squarciagola del pubblico. La band saluta ed esce per pochi istanti, ritornando subito sul palco per gli ultimi encore. Ancora una volta viene proposto un pezzo nuovo, “Full Moon”, che la band ha registrato in diverse lingue (ma non in italiano, purtroppo). Il finale, ovviamente, è affidato a quello che è diventato il brano di chiusura della band da qualche tempo a questa parte: parliamo chiaramente di “Higher Than The Sky”, accolta dal pubblico con un boato, che si rivela ancora una volta un pezzo trascinante ed energico. Inaspettatamente, però, la band regala un’altra sorpresa, inserendo all’interno del brano la loro versione di “Jawbreaker”, classico dei Judas Priest che galvanizza ancora di più i presenti (o almeno il sottoscritto!). Un concerto maiuscolo, insomma, che conferma i Rage come una band di caratura elevatissima e, almeno per chi vi scrive, una delle punte di diamante della scena power metal mondiale.

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