Report di Bianca Secchieri
Foto di Giuseppe Craca
Cronaca di un successo annunciato: così potremmo definire il report della serata di sabato.
I Rammstein, nati nell’ormai lontano 1993 all’interno della corrente della Neue Deutsche Härte (‘nuova durezza tedesca’) sono cresciuti tanto da diventare un unicum nel panorama internazionale: neanche i testi in lingua madre hanno fermato il successo della band, amatissima in tutto il mondo grazie alla personale miscela di musica industriale (Laibach su tutti), metal, atmosfere gotiche, synth-pop tedesco e techno, il tutto condito da un piglio estremamente teatrale e da un immaginario forte e provocatorio. Un mix reso ancor più irresistibile dagli show sempre più elaborati e sensazionali ai quali i sei berlinesi hanno abituato il loro pubblico. E dopo l’incredibile spettacolo offerto dalla band nella data del luglio 2022 allo Stadio Olimpico di Torino era abbastanza scontato aspettarsi il sold-out nel più piccolo Stadio Euganeo di Padova, puntualmente verificatosi: sono circa quarantamila le persone provenienti non solo dall’intera penisola ma un po’ da tutto il mondo, con una forte presenza teutonica, complice la posizione ‘strategica’ rispetto a lago di Garda e spiagge dell’alto Adriatico (luoghi tra i preferiti dagli austro-tedeschi per le vacanze italiane).
L’organizzazione funziona correttamente: arriviamo senza problemi nei pressi dello Stadio e lasciamo l’auto in uno dei parcheggi dedicati, peccato solo il prezzo tutt’altro che abbordabile – tra i venticinque e trenta euro, in base alla zona – che non era stato minimamente segnalato sul sito degli organizzatori (Zed! Live), unica doccia fredda di una giornata praticamente perfetta. È metà pomeriggio quando ci inoltriamo tra le strade immediatamente adiacenti allo Stadio, chiuse al traffico e allestite per l’occasione con chioschi di cibi e bevande. L’atmosfera è quella di un festival, e sono già tantissime le persone che sostano ai tavoli, complice la cornice ‘verde’ e la giornata umida ma tutto sommato clemente, sempre considerando gli standard dell’estate in pianura padana.
Accediamo facilmente alla tribuna e ci prepariamo per quello che – lo sappiamo – sarà un grandissimo spettacolo.
Anche questa volta l’onere/onore di aprire la serata spetta alle ABÉLARD, le due pianiste francesi Héloïse Hervouët e Katherine Nikitine, che il pubblico ha imparato a conoscere con il tour europeo dello scorso anno. Il duo si esibisce su un palchetto staccato, una piattaforma allestita nei pressi di una delle quattro torri destinate a prendere fuoco durante lo show dei Rammstein. Le ragazze cominciano a suonare alle 20:00 in punto, salutando il pubblico con un “Ciao Verona!” che genera ilarità tra chi sta prestando attenzione a ciò che accade sul piccolo palco; non tutti infatti si sono effettivamente resi conto che è iniziata la loro esibizione, né sembrano aver immediatamente individuato dove rivolgere lo sguardo. Questo è un po’ il limite – molto probabilmente voluto – di uno show congeniato in questo modo: un live acustico, che si tiene in posizione defilata rispetto al palco centrale e alle spalle della cosiddetta ‘Feuerzone’, ovvero la porzione di pit più vicina al main stage, risultando poco incisivo.
Ad ogni modo il duo si fa perdonare la piccola gaffe iniziale con un set piacevole, che si compone di reinterpretazioni acustiche di brani dei colossi berlinesi, operazione non semplice considerando che i brani dei R+ hanno una genesi altra rispetto al piano e ritmiche possenti e quadrate; nonostante questo la sfida riesce quasi sempre al meglio e le due musiciste si dividono piuttosto abilmente il lavoro tra melodie principali e ritmiche, suonate con i soli pianoforti. Tra tutte “Mein Herz Brennt” cattura l’attenzione di molti tra i presenti, che applaudono al ritmo incalzante della canzone. Per il resto si tratta di un bel sottofondo, che crea un’atmosfera soft e rilassata, introducendo dolcemente al solo ed unico motivo che ci porta lì quel giorno. Perché – parliamoci chiaro – in occasioni come queste è abbastanza raro lamentare l’assenza di un gruppo spalla, anzi, a noi sembra una scelta intelligente evitare sodalizi improbabili, e proporre invece un antipasto ‘a tema’ che il pubblico ha la scelta di seguire con attenzione o non prendere in considerazione per continuare con le proprie chiacchiere e attività di ristoro. Sono quasi le 20:30 quando le Abélard introducono gli ultimi pezzi (“Sonne”, “Deutschland”, “Du Hast”) e si accomiatano dal pubblico. Intanto il flusso di persone in arrivo non accenna a fermarsi, la ‘Feuerzone’ e gli spalti sono gremiti, come un buon tre quarti dell’intero parterre.
Nel frattempo sul mastodontico palco principale fervono gli ultimi preparativi e viene scoperta la batteria. Sono le 21:00 spaccate quando i RAMMSTEIN, introdotti dalla consueta “Musica Per I Reali Fuochi d’Artificio” di Hendel, fanno il loro ingresso in scena, con Lindemann che viene calato dall’ascensore posto sulla torre centrale. Il pubblico è compatto e attentissimo, migliaia di telefonini alzati a tentare di catturare qualche secondo di un arrivo trionfale – quasi un Dio sceso in terra – sulle note dell’iconica “Rammlied”, uno dei brani più evocativi dell’intera discografia dei musicisti tedeschi. Il cielo è plumbeo e nuvoloso (c’è stato qualche scroscio di pioggia nel tardo pomeriggio) e l’aria frizzante, una cornice naturale perfetta per il concerto, in attesa che gli ultimi scampoli del giorno lascino il passo al buio della notte. Si prosegue a ranghi serrati con i ritmi marziali di “Links 2-3-4” e la rocciosa “Bestrafe Mich”. Una tripletta iniziale da paura per una scaletta che non dà modo di deludere, dividendosi abbastanza equamente tra gli otto album pubblicati dal 1995 ad oggi. Tra gli estratti dall’ultimo “Zeit”, accolto con responsi non completamente unanimi (ma comunque un altro successo dei berlinesi) troviamo “Giftig”, l’ottima “Angst” e la title-track, uno dei pezzi più introspettivi e toccanti dell’intero set. I R+ non permettono di staccare gli occhi dall’incredibile spettacolo offerto, curato in modo maniacale in tutti i suoi aspetti: Kruspe e soci sono celebri anche grazie al proprio gusto estetico che tanto deve all’immaginario futuristico apocalittico creato dal capolavoro di Fritz Lang “Metropolis”, a quello della regista Leni Riefenstahl (l’utilizzo di suoi spezzoni video ha creato in passato non pochi problemi alla band, accusata di simpatie destrorse ripetutamente smentite) e più in generale agli anni ‘20 e ‘30 del secolo scorso e all’universo steampunk.
Molte le vere e proprie scene da cabaret che si susseguono, sempre in tema con i testi dei brani; non le stiamo a descrivere una per una, un po’ per non rovinare la sorpresa a chi non ha mai visto un loro concerto – nemmeno su DVD – ma soprattutto perché non potremmo rendere giustizia ad una componente scenica unica nel panorama metal (sia pure inteso in senso lato). Citiamo unicamente un minaccioso Till Lindemann che che durante “Mein Teil” compare vestito da cuoco-macellaio psicopatico – con tanto di asta del microfono a forma di coltellaccio – e spinge sul palco un enorme pentolone fumante, dal quale emerge un Christian ‘Doktor Flake’ Lorenz intento a suonare il synth come se nulla fosse. Ma non è tutto, perché il buon Flake – che in precedenza avevamo ammirato correre sul tapis-roulant, nella sua tuta gialla d’ordinanza – viene poi letteralmente arrostito da Lindemann con un lanciafiamme.
E qui arriviamo al fuoco, elemento primigenio e spettacolare che da sempre affascina ed è al contempo temuto dagli esseri umani, simbolo di distruzione come di purificazione e rinascita: i Nostri, coadiuvati da un autentico team di artificieri, ne fanno un uso abbondantemente ottenendo ripetutamente un effetto wow che vale da solo il prezzo del biglietto. La formazione tedesca gioca con i colori e le forme, stilizzate ed eleganti; le luci si tingono di rosso, verde, ma anche blu e oro e bianco avorio, illuminando ogni volta parti diverse dell’immenso palco, dando via via risalto a dettagli differenti della bellissima struttura in metallo, coi suoi pieni e i vuoti. Anche il lancio dei coriandoli, pratica sempre più diffusa tra le formazioni metal più teatrali, e altrettanto discussa (e discutibile) acquista un suo senso all’interno del grande spettacolo allestito per il tour: la pioggia di leggeri coriandoli di carta nera che si disperdono nell’aria fresca della sera assieme alle nubi di polvere pirica, volteggiando per alcuni minuti alla fine di “Puppe” ha in sé un che di poetico che ben si sposa con il contesto.
Ma i Rammstein non sono solo ‘contorno’, anche se lo spettacolo è enorme, messo in scena e recitato a puntino: le canzoni ci sono e la band appare compatta e in forma nonostante il periodo molto difficile che sta attraversando a causa delle accuse di molestie e somministrazione di stupefacenti mosse al cantante e frontman Till Lindemann da alcune (ex) fan, a seguito delle quali la Universal ha ‘congelato’ i rapporti con la band, in attesa dell’esito delle indagini preliminari in corso di svolgimento da parte della procura di Berlino. E proprio per evitare ulteriori attacchi e polemiche il gruppo – che respinge fermamente le accuse – ha fatto alcune modifiche nella scaletta, sostituendo “Pussy” e l’annesso ‘Sperm Cannon Of Mass Destruction’ con una struggente “Ohne Dich” a chiudere il primo round dei ‘bis’, apertosi con la versione acustica di “Engel”, eseguita sul palco staccato accompagnati dalle Abélard al pianoforte.
L’acustica è molto buona e la voce di Till potente e precisa. Il resto della band non è da meno in termini di esecuzione, e in particolare Christian Lorenz e Richard Kruspe (gli autori principali del songwriting) confermano la solidità della propria presenza scenica, che non è però comparabile col magnetismo scaturito da Lindemann, istrionico mattatore della serata. Mood ed influenze si alternano: ci sono la durezza di “Mein Herz Brennt”, la tamarraggine divertente di “Ausländer”, la ‘doppia’ “Deutschland”, eseguita prima in versione remix techno-house e poi suonata nella consueta veste magniloquente; poi ci sono l’epicità da brividi di “Sonne” e le hit di vecchio corso “Du Hast” e “Rammstein” . E sono tantissimi i classici sparati dalla band, che non si ferma praticamente mai, suonando due ore piene e salutando sulle note dell’ultimo estratto da “Zeit”, la ballad malinconica dall’appeal brechtiano “Adieu”, che sembra scritta appositamente per congedarsi dopo due ore di musica, teatro, fuoco ed emozioni.
Anche per noi è il tempo di salutare e sciamare fuori, e andando a casa ci resta un gran sorriso sulle labbra e la consapevolezza di aver assistito ad un evento speciale.
Setlist:
Music for the Royal Fireworks (intro)
Rammlied
Links 2-3-4
Bestrafe mich
Giftig
Sehnsucht
Mein Herz Brennt
Puppe
Angst
Zeit
Deutschland (remix)
Deutschland
Radio
Mein Teil
Du Hast
SonneEngel (piano-version)
Ausländer
Du Riechst So Gut
Ohne Dich
Rammstein
Ich will
AdieuSonne (piano-version – outro)
Haifisch (remix – outro)
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