Report a cura di Marco Gallarati
Serata dal fortissimo sapore underground, al limite della ghost-town a dire il vero, quella trascorsa sabato 12 maggio all’ACSI Svolta di Rozzano, hinterland meridionale di Milano. Peccato davvero per la risicatissima presenza di pubblico, in quanto le tre formazioni chiamate ad esibirsi nel locale meneghino di certo non meritavano tali vuoti nel parterre. Ma del resto si sa, è ardua oggigiorno la vita per questi locali, e da quando il Lo-Fi di zona Rogoredo ha cambiato target della sua programmazione, le serate dedicate al post-metal e similia si sono piuttosto striminzite in quel del capoluogo lombardo: peccato dunque per i Red Apollo, in giro a promuovere il nuovo disco “The Laurels Of Serenity”, fresco-freschissimo di pubblicazione; peccato per gli Infection Code, anch’essi in fase di promozione dell’ottimo “Dissenso”; e peccato infine per i bresciani Sunpocrisy, alle prime date di rodaggio con la nuova e ridotta formazione. Se da un lato la mancanza di pubblico mette depressione, però, dall’altro ha permesso ai pochi intimi presenti di gustarsi quasi meglio le performance, comunque professionalissime, di tre entità diverse fra loro ma ben amalgamate per offrire un bello spettacolo.
SUNPOCRISY
Siamo piuttosto affezionati ai ragazzi, ormai anche un po’ cresciuti, dei Sunpocrisy, che negli ultimi mesi hanno perso prima Stefano Gritti, tastiere e visuals, e poi Riccardo Fanara, batteria. Eravamo molto curiosi, quindi, di vedere come gli autori dei tuttora indimenticati capolavori “Samaroid Dioramas” e “Eyegasm, Hallelujah!” avessero sopperito a questi due pesanti abbandoni. Tutto sommato bene, diremmo ora, dopo averli visionati attentamente lungo la cinquantina di minuti d’esibizione in quel di Rozzano: per ora eliminati i visual, il programming e alcune parti di tastiera sono adesso a carico del vocalist e chitarrista Jonathan Panada, davvero senza un secondo libero on stage, mentre dalla buona destrezza ci è parso il nuovo drummer Alessandro Di Vito, mai del tutto visibile dietro il drumset a causa del gioco di luci e del ghiaccio secco usati dalla formazione: possiamo solo ipotizzare che fosse seduto dietro i tamburi, insomma! Per il resto, con Jonathan e Gabriele Zampieri sul palco e i due chitarristi Matteo Bonera e Marco Tabacchini a ridosso del pubblico a giochicchiare con le pedaliere, i Sunpocrisy hanno confermato ancora una volta ciò che più volte ci hanno dimostrato nel corso degli anni. Un enorme lavoro di songwriting e composizione viene trasposto in modo aggressivo ed emozionale attraverso un liveset dinamico, vivo ed organico, che concede pochi attimi di pausa e alterna parti ipergroovy e possenti a lunghi crescendo avvolgenti ed ipnotici, in cui le costruzioni matematiche dei Nostri hanno il sopravvento sui cinque sensi. Suoni vagamente cacofonici, soprattutto quando tutti gli strumenti ci davano dentro a pieno volume, hanno in parte scalfito il loro show, più contenuto e minimale che in passato, ma sempre bombastico.
INFECTION CODE
Da anni li seguiamo nelle loro peripezie nel sottobosco di uno dei generi metal più underground esistenti: l’industrial. Oltretutto, lo stile dissonante e di protesta degli Infection Code non aiuta certo a farseli piacere di primo acchito. Anzi, immaginiamo bene la difficoltà nel raccapezzarsi di chi li debba sentire per la prima volta. Eppure, a vederli dal vivo, si percepisce quasi immediatamente lo spessore e la genuinità artistica di un gruppo di ragazzi che da vent’anni si sbatte e calca i palchi italiani spargendo sudore e grida con grande dignità e autorevolezza. Basti vedere la foga del drumming tentacolare dell’ottimo Ricky Porzio, uno di quei batteristi che hanno la cosiddetta ‘botta’ e che sanno trascinare con impeto agonistico tutto il resto del gruppo, fronteggiato poi da un Gabriele Oltracqua mai fermo, tarantolato ed agitato quanto servirebbe a smuovere le masse…certo, se queste ci fossero. Ai loro lati, Paolo Penna alla fischiante chitarra e Davide Peglia al basso sostitutivo del defezionario Enrico Cerrato (impegnato in Francia col suo progetto parallelo Petrolio) hanno provveduto a fornire la spinta e la profondità necessarie affinché le partiture della band, a tratti ossessive, a tratti indiavolate, si infiltrassero subdole nel cerebro degli astanti. “Santa Mattanza” ha aperto il set degli Infection Code con fervore acido e belluino, set che poi si è mosso prevalentemente lungo l’arco del nuovo “Dissenso”, proponendo “Macerie”, “Ad Nauseam” fra le altre, e chiudendo con il lungo delirare di “Costretti A Sanguinare”, culminato nel silenzio assordante di un oblio attonito. Ci vogliono le palle per suonare in condizioni come quelle dell’odierno ARCI Svolta, immaginando di non trovarsi in sala prove e fornendo una prestazione dignitosa per diciamo pure quasi nessuno… Ebbé, i Nostri hanno dato prova di averne in abbondanza. Massimo rispetto.
RED APOLLO
Uscito da pochissimi giorni – 27 aprile – il nuovo disco “The Laurels Of Serenity”, i tedeschi Red Apollo si trovano nella scomoda posizione di dover suonare di fronte ad una ventina di spettatori in tutto. Come chi li ha preceduti, però, la professionalità, la passione ed il piacere di suonare anche e soprattutto per se stessi salgono sul palco assieme a questi quattro ragazzi per tirare fuori, possibilmente, un qualcosa di positivo e speranzoso. Se ne estrapola quindi, nei tre quarti d’ora suonati dai giovani di Dortmund, un concerto più che piacevole e certamente coinvolgente, carico di cupezza post e pesantezza sludge e avente un impatto atmosferico ben grasso e fumoso. Immersi costantemente in un tappeto di fari rossi – guarda caso – i Red Apollo hanno sciorinato una manciata di canzoni compatte e ondeggianti, presentando rare ma penetranti accelerazioni e restando per lo più su ritmiche cadenzate e groovy, su cui riversare riff a cascata dal forte stampo melancolico, permettendo al growl ‘aperto’ del bassista Christoph di farsi largo in modo subdolo quando usato. Proprio “The Laurels Of Serenity” e “The Ides Of March” hanno dato gustosi assaggi del nuovo lavoro, durante una setlist forse apparsa troppo breve ma che ha mostrato di certo le buone capacità interpretative e compositive di questo interessante combo, che non mancherà certo di suscitare interesse in chi segue la scena post, atmospheric e/o sludge. I ringraziamenti obbligati ai pochi survivor della serata ci congedano dai Red Apollo e dall’ACSI Svolta, per un ritorno a casa mesto ma del tutto soddisfatto.