09/02/2013 - REDEMPTION FESTIVAL 2013 @ Button Factory - Dublino (Irlanda)

Pubblicato il 19/02/2013 da

Report di Luca Pessina
Foto di Simone Cetorelli

“L’idea era di organizzare un altro concerto ‘tra le mura domestiche’, ma di renderlo qualcosa di speciale; così abbiamo provato a trasformarlo in un festival di un giorno”. Questa è la risposta di Alan “Nemtheanga” Averill, frontman dei Primordial, alla nostra domanda sulle origini del Redemption Festival, happening che recentemente ha avuto luogo a Dublino, presso la centralissima Button Factory. Un concerto appunto speciale, in cui il gruppo irlandese è stato supportato da formazioni appositamente selezionate, che certamente rientrano fra le favorite del gruppo stesso. Un bill quindi all’insegna del metal estremo/epico più raffinato e “di culto”, che, non a caso, ha spesso diversi punti di contatto con la proposta degli stessi Primordial. Il risultato finale è stato di quelli memorabili: locale sold out, suoni perfetti e performance quasi tutte all’altezza della situazione. Insomma, una gran bella giornata, che i Primordial e il resto dell’organizzazione locale intendono ripetere l’anno prossimo. Dal canto nostro, è un po’ presto per assicurare la nostra presenza, ma di certo ci rimangono ottimi ricordi di questa prima edizione e, di conseguenza, non possiamo fare altro che augurare all’evento sempre più fortuna negli anni a venire.

redemption festival - locandina foto - 2013

MAEL MORDHA

Il festival prende ufficialmente il via attorno alle 15:00, quando gli irlandesi Mael Mordha calcano il palco della Button Factory accompagnati dalle note del flauto del loro frontman Roibéard Ó Bogail. Il gruppo si auto-definisce una “gaelic doom metal band” e possiamo capire il perchè: a partiture prettamente doom e black metal, i Nostri affiancano spiccati rimandi alla tradizione e alla musica popolare della loro terra, sfoderando a tratti anche interventi di corno e, appunto, di flauto. I suoni sono più che buoni e si intuisce che tra il quartetto e i Primordial vi sia ben più che reciproco rispetto: i Mael Mordha, considerati alla stregua di fratelli minori, hanno senz’altro avuto modo di eseguire un vero e proprio sound check e di preparare il loro spettacolo nel migliore dei modi. A loro insomma non tocca il classico destino degli opener: la loro proposta viene udita nei minimi dettagli, le luci sono ben regolate e la band, infine, riesce anche a godere di un più che discreto supporto da parte dei già numerosi astanti. D’altra parte, i ragazzi quest’oggi giocano in casa e per tutto l’arco dello show danno infatti l’idea di trovarsi fra amici, denotando una sicurezza e una padronanza del palco invidiabili. Per i Mael Mordha, in definitiva, è un piccolo successo. Chissà, magari godranno di posizioni più alte nella lineup nelle future edizioni…

Setlist:

Cluain Tarbh
Curse Of The Bard
All Eire Will Quake
Bloody Alice
Pauper Of Souls

 

WINTERFYLLETH

La nostra impressione è che i Winterfylleth si siano un tantino inflazionati negli ultimi tempi, almeno nel Regno Unito e zone limitrofe. Quasi ogni volta che un nome medio-grosso della sfera black/pagan metal tiene uno show da queste parti, il gruppo di Manchester rientra fra le support band. Di conseguenza, anche se troviamo la loro proposta per nulla disprezzabile, dobbiamo ammettere che quest’oggi non riusciamo a seguire il concerto con estrema attenzione e trasporto. Di certo, comunque, i Nostri suonano e tengono il palco nel migliore dei modi, mettendo appunto in mostra un’esperienza e una confidenza in netta crescita. Inoltre, il resto del pubblico pare proprio pensarla diversamente da noi, tanto che i Winterfylleth si ritrovano ad esibirsi di fronte ad una platea di tutto rispetto a livello numerico – già adatta a band superiori in scaletta – e anche piuttosto partecipe. Va dato atto al gruppo di possedere un buon tiro dal vivo e di essere in grado di rivisitare i propri brani, da sempre molto lunghi e strutturati, senza risultare dispersivo. Su disco abbiamo infatti l’impressione che a volte la band sia priva di un po’ di mordente, ma on stage le cose vanno certamente meglio. La setlist è breve, ma ben equilibrata nel suo presentare almeno un estratto da ognuna delle ultime tre release, e il picco di partecipazione viene raggiunto senz’altro all’altezza di “The Wayfarer Pt.3 – To Find Solice… Where Security Stands”, suite principale dell’apprezzato “The Mercian Sphere”. I Winterfylleth si congedano tra gli applausi e dimostrano ancora una volta di essere in procinto di diventare uno dei punti di riferimento per tutti gli amanti delle sonorità black metal underground più epiche ed ariose.

Setlist:

The Wayfarer Pt.1 – The Solitary One Waits For Grace
Mam Tor (The Shivering Mountain)
The Wayfarer Pt.3 – To Find Solice… Where Security Stands
The Threnody Of Triumph

 

GRAVE MIASMA

I Grave Miasma sono purtroppo l’unico gruppo della giornata a dover fare i conti con dei presunti problemi tecnici. A parte dei suoni ancora da calibrare, quando i death metaller britannici salgono sul palco tutto pare andare bene, ma dopo un paio di minuti i Nostri sono costretti a interrompere lo show e a tornare dietro le quinte. Sul momento non è effettivamente chiaro se si tratti di questioni di natura tecnica o se i membri della band stiano addirittura litigando tra loro: resta il fatto che il palco rimane silenzioso per quasi un quarto d’ora, mentre crew e musicisti si agitano e confabulano continuamente. Alla fine tocca rassegnarsi e assistere a uno spettacolo “mutilato”: il gruppo rientra e, senza dire una parola, riprende da dove aveva iniziato, riducendo però la setlist. Il sound catacombale della formazione, tra Incantation e black ellenico della prima ora, si abbatte comunque sugli astanti con una pesantezza impressionante: i Grave Miasma sono ormai noti per saper ricreare una sensazione di soffocamento totale durante le loro performance live e questa sera le aspettative non vengono per nulla disattese. Il gruppo è certamente il più opprimente in cartellone e sembra provare gusto nel vedere alcuni avventori lasciare la sala: questa è una parentesi interamente dedicata a sonorità mortifere e non vi è spazio per compromessi di alcun tipo. C’è chi storce il naso e chi viene rapito dalla proposta e dall’attutidine del quartetto. Come sempre, o lo si ama o lo si odia.

Setlist:

(brano interrotto)
Gnosis Of The Summon
(inedito?)
Arisen Through The Grave Miasma
This Tomb Is My Altar

 

SOLSTAFIR

Dal gruppo più asfissiante del bill a quello più “solare”. I Solstafir sono reduci dal successo di “Svartir Sandar” e arrivano al Redemption Festival cavalcando ancora quella cresta dell’onda, che ha permesso loro di scalare diverse posizioni nelle personali playlist degli appassionati di metal atmosferico e di diventare uno dei nomi più noti della scuderia Season Of Mist. Li avevamo apprezzati parecchio al Roadburn festival dello scorso anno, anche perchè l’atmosfera vintage e “freakkettona” dell’happening olandese si addice particolarmente alle sonorità attuali del quartetto islandese; stasera, tuttavia, la performance dei Nostri ci sembra un pochino impacciata o comunque non impeccabile come in altre circostanze. La band pare un po’ stanca e dà l’impressione di non trovarsi completamente a suo agio davanti ad un pubblico prettamente “metal”, che a tratti sembra non gradire più di tanto certe derive “radio-friendly” del proprio sound. In particolare, la ormai nota “Fjara” viene accolta con una certa freddezza, segno che gli avventori del festival, almeno per buona parte, prediligono i passaggi in cui si spinge sull’acceleratore e nei quali emerge il background black metal della band, piuttosto che quelli dove viene lasciato spazio a velleità country e dark wave. In ogni caso, la buona lena del frontman Aðalbjörn Tryggvason permette comunque ai Solstafir di “salvarsi” e di portare a casa la serata: la sua presenza scenica migliora di volta in volta, così come la sua padronanza del microfono. Questi ragazzi sono destinati a togliersi diverse soddisfazioni, ma forse un evento come il Redemption Festival non è più il contesto maggiormente adatto a loro.

Setlist:

Köld
Ljós í Stormi
Fjara
Goddess Of The Ages

 

ROTTING CHRIST

Proprio come avvenuto all’ultimo Nuclear War Now! Festival di Berlino, lo show di questa sera dei Rotting Christ è esclusivamente basato su materiale datato, dai demo al terzo full-length ufficiale “Triarchy Of The Lost Lovers”, che è da tempo considerato lo spartiacque tra gli esordi e la parte centrale della carriera della band di Atene. Di recente i Rotting Christ hanno dato il benvenuto a due nuovi membri nella lineup per i concerti – il bassista Vagelis Karzis e il chitarrista George Emmanuel – e dobbiamo constatare che entrambi sono perfettamente entrati nei meccanismi della formazione, palensado ottima conoscenza del materiale e vagonate di entusiasmo, soprattutto quando si tratta di coinvolgere la folla in cori, battimani e ovazioni varie. La band è carica e motivata, il pubblico è numeroso e tutto dalla sua parte e i suoni sono più che buoni: non manca perciò alcun ingrediente per far sì che lo spettacolo dei greci sia un successo. Ed effettivamente è così: Sakis Tolis, come suo solito, prende posizione al centro del palco e per un’ora diventa il dominatore della serata, dettando i tempi dello show ed esprimendosi con il suo ormai intramontabile trasporto attraverso una setlist che è una vera manna dal cielo per tutti i die-hard fan della prima ora. Basterebbero gli estratti da “Thy Mighty Contract” per decretare la vittoria del quartetto su tutte le realtà esibitesi sinora al Redemption Festival, ma si decide di esagerare con una “Forest Of N’Gai” che e è pura poesia diabolica. Il finale concede meno sorprese con le “solite” “King Of A Stellar War” e “Non Serviam”, ma qualcuno osa lamentarsi? Di certo non noi davanti a un tale calore. Gli anni passano, ma i Rotting Christ danno sempre l’impressione di vivere ogni concerto come se fosse il primo. Impagabili in ogni situazione.

Setlist:

Feast of The Grand Whore
Forest Of N’Gai
The Sign Of Evil Existence
Transform All Suffering Into Plagues
Fgmenth, Thy Gift
The Fifth Illusion
Satanas Tedeum
King Of A Stellar War
Archon
Non Serviam

 

PRIMORDIAL

E’ finalmente giunto il momento degli headliner/padroni di casa. I Primordial si giocano tanto, visto che hanno appena assistito ad un ottimo concerto marchiato Rotting Christ, ma Alan Averill non è certo tipo da spaventarsi o da mostrare nervosismo in simili situazioni. Più che un cantante, il Nostro sul palco dà spesso l’idea di essere un condottiero ed è proprio con questo spirito che egli affronta l’esibizione di questa sera: motivando il pubblico, invitando quest’ultimo a diventare parte integrante della performance, cantando e tenendo il palco come se fosse una delle ultime, se non l’ultima, chance per condividere e celebrare la proposta musicale e il messaggio del suo gruppo. La folla è sua amica e non oppone alcuna resistenza, i cori sono praticamente da stadio e ogni nota che fuorisce dagli amplificatori è esaltata da un mixaggio veramente curato. Due ore di concerto: uno spettacolo imponente, per alcuni anche estenuante o un po’ pretenzioso, ma che di certo non lascia niente al caso nè delude chi ha coperto notevoli distanze per presenziare all’evento. Dal canto nostro, l’unico appunto che ci sentiamo di fare ai Primordial questa sera è l’assenza nella setlist di brani estratti da “Storm Before Calm”, che reputiamo essere uno dei capitoli più riusciti nella discografia del quintetto. Una delusione che comunque viene mitigata da una sequela di perle grandiosa: dalla recente “No Grave Deep Enough” a “As Rome Burns”, da “Dark Song” a “The Coffin Ships”, senza dimenticare la vecchia “Let The Sun Set On Life Forever “, ripescata a sorpresa in un set che comunque, al di là di tutto, concede grande spazio soprattutto al materiale degli ultimi album, quelli con cui gli irlandesi si sono finalmente affermati nell’olimpo epic metal. Vedendo la quantità di persone accorse da Germania, Francia, Inghilterra, Italia e vari altri paesi europei, si può proprio affermare che i Primordial siano ormai un nome di comprovata grandezza nel panorama metal mondiale: non solo un segreto da tramandare fra famelici appassionati di underground, ma una realtà che, nel suo abbracciare contemporaneamente epic, classic, doom e black metal, oltre a derive folk/tradizionali, può ambire a traguardi decisamente importanti senza rischiare mai minimamente di compromettere la sua indubbia credibilità. Questa sera Averill e compagni hanno celebrato la loro carriera da veri signori e ci auguriamo che possano continuare a farlo regolarmente per svariati anni a venire. Ottimo lavoro!

Setlist:

No Grave Deep Enough
Children Of The Harvest
Lain With The Wolf
Journey’s End
Bloodied Yet Unbowed
As Rome Burns
Traitors Gate
Dark Song
The Mouth Of Judas
And The Sun Set On Life Forever
Gods To The Godless
Heathen Tribes
Cities Carved In Stone
The Coffin Ships
Empire Falls

 

6 commenti
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.