Il tour europeo dei Rhapsody Of Fire – di supporto al loro ultimo disco “Glory For Salvation”, edito nel 2021 e accolto in maniera entusiasta da tutti gli appassionati – sbarca in Italia per le ultime due tappe: quella del Revolver di San Donà di Piave (provincia di Venezia), alla quale abbiamo assistito, e quella conclusiva del giorno seguente e completamente sold-out al Legend Club di Milano. Una tourneè che ha visto il gruppo di Alex Staropoli attraversare svariati paesi per incendiare i palchi di quasi trenta diverse venue tra Francia, Spagna, Inghilterra, Polonia, Repubblica Ceca ed altre.
A supporto della band triestina sono stati selezionati dei gruppi spalla di caratura più ridotta, dando spazio quindi ad act che difficilmente hanno varcato in passato i propri confini nazionali: si sono alternati lungo il tour i francesi Nightmare, Manigance e Avaland ed i cechi Symphonity; queste ultime due, le band che si esibiranno sul suolo italico. Da una parte quindi la mancanza di un’altra vera attrazione imperdibile come solida spalla ai Rhapsody, ma dall’altra la possibilità di vedere all’opera qualche gruppo di nicchia, mai visto prima in Italia.
Siamo al Revolver Club, un locale non molto ampio ma ormai un riferimento per la scena metal in Veneto, perfetto per accogliere serate di questo tipo. E tutti tra gli addetti ai lavori sembravano davvero soddisfatti nel constatare come il pubblico presente – che riempiva quasi totalmente la grandezza della sala – andasse ben oltre le aspettative registrando un quasi sold-out.
Puntuali come un orologio svizzero sono saliti sul palco prima gli italiani ANTHENORA, ospiti speciali della serata ma che abbiamo perso a causa di qualche ritardo. Siamo certi che il gruppo di Cuneo abbia rotto il ghiaccio nella maniera migliore aprendo così la via agli AVALAND. Freschi di stampa del loro ultimo lavoro “The Legend Of The Storyteller”, che segue il debutto di due anni fa “Theater Of Sorcery”, l’act transalpino si è fiondato sul palco mostrando gran dedizione e passione: se su disco il gruppo punta sulla presenza di diversi ospiti (come Zachary Stevens, ex Savatage e Circle II Circle e Zaher Zorgati dai Myrath), qui si devono arrangiare con ben tre frontman che si alternano sul palco. Nonostante suoni non proprio perfetti – e neppure, in generale il livello vocale – è l’attitudine che i Nostri mettono sul palco a rendere partecipe il già numeroso pubblico.
Il loro è un power sinfonico che dal vivo prende binari più decisi e potenti: l’elegante “To Be The King” colpisce con un bel coro dove si alternano le due voci lasciando poi le luci della ribalta all’assolo di chitarra di Lucas Martinez, e poi via sui ritmi più sparati di “Betrayers”, tra i momenti migliori dell’ultima release. Il lavoro preciso dietro le pelli di Leo Mouchonay aiuta a sprigionare una buona dose di carica che continua con la più dinamica “You’ll Be The Legend” e infine con l’inno “Crimson Tyranny”, chiusa con Giacomo Voli ed alcuni membri dei Symphonity tutti sul palco a cantare le note del facile ma coinvolgente ritornello. Brani tutt’altro che memorabili e tecnica individuale nella norma; ma l’evidente felicità di essere in tour e presentare ogni sera le proprie composizioni davanti ad un pubblico caldo com’è stato quello di San Donà ha reso lo show degli Avaland comunque piacevole.
La curiosità di osservare i SYMPHONITY dal vivo era elevata: il leader e chitarrista Libor Křivák muoveva i primi passi con il nome della sua prima band Nemesis già tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del nuovo secolo, riuscendo a pubblicare un unico ma superlativo disco a nome “Goddess Of Revenge” nel 2003 sotto l’etichetta italiana Underground Symphony – cose da vecchi cultori del genere, insomma – poi la nascita di questi Symphonity, ma nel solco di una strada sonora che si è rivelata la naturale continuazione dei Nemesis. Nulla di memorabile, forse, ma per gli amanti di quel power metal melodico alla Stratovarius, il gruppo ceco può vantare alcune buonissime carte da giocarsi lungo i tre dischi fin qui prodotti.
Anche loro si presentano con due cantanti: David Akesson, come ospite vista la mancanza del musicista ucraino Kostantin Naumenko, con un timbro più acuto e pulito, e Marián ‘Mayo’ Petranin con la sua voce più ruvida ma altrettanto affilata (ottima la sua prestazione). I riff stoppati e le atmosfere orientaleggianti di “Crimson Silk” – dall’ultimo disco in studio “Marco Polo” – scorrono via che è un piacere, sui ritmi galoppanti del ritornello tutto da cantare. Libor alle sei corde e senza troppa scena piazza assoli al fulmicotone, disegnando melodie avvincenti che continuano ispirate con la tiratissima power song “The Plague”.
La band esegue alla perfezione l’intera scaletta, anche se non è aiutata dalla pulizia dei suoni, dimostrandosi anch’essa carica a mille come successo in precedenza con i colleghi francesi Avaland. Corre spedita, spinta dai tasti d’avorio del bravo Johannes Frykholm, posizionato in primo piano sulla sinistra del palco, l’elegante “Evening Star” estratta dal debutto “Voice From The Silence”, con il suo bridge neoclassico in grado di viaggiare a tutta velocità grazie a tastiere e chitarre che si intrecciano seguendo la lezione impartita da Malmsteen e Stratovarius. La ballata “Dreaming Of Home” spezza per un breve tempo le atmosfere powereggianti, lasciando un attimo di respiro ai presenti, prima di rituffarci a testa bassa sui ritmi sparati di “I Found My Way Back Home” prima e “Give Me Your Helping Hand” poi, chiudendo così con due brani vivaci spinti dalla doppia cassa scoppiettante del batterista Josef ‘Pepa’ Cigánek.
Un bel passo in avanti rispetto agli Avaland; i Symphonity hanno dato sfoggio delle proprie qualità con pezzi di ottima fattura e tecnica più che buona. Anche col senno di poi, l’opportunità di poterli vedere dal vivo era da acchiappare al volo!
Inutile dire che tutti i presenti abbiano scelto di presenziare alla serata per assistere allo show degli headliner: l’orgoglio italiano del power metal sinfonico che risponde al nome di RHAPSODY OF FIRE. Ma prima della salita sul palco di Giacomo Voli e soci, con nostro stupore, abbiamo ‘dovuto’ assistere alla breve esibizione di un’artista spagnolo. Un certo HUECCO, cantante e compositore che dopo aver pubblicato alcuni dischi solisti, dai quali deve aver riproposto nel breve tempo a disposizione qualche brano tra rock, punk, flamenco e pop, ha collaborato proprio con i Rhapsody per incidere un singolo “Fuego Valyrio” ispirato alla saga de “Il Trono Di Spade”.
Dopo questa breve – forse evitabile – parentesi, la tensione inizia a salire quando le note dell’intro “Tales Of A Hero’s Fate” esplode dalle casse, ed uno ad uno i componenti del gruppo triestino salgono sul palco. La scaletta appare molto incentrata sulle ultime due produzioni della band, e c’era da aspettarselo con la partenza affidata alla coinvolgente “I’ll Be Your Hero”, elegante brano power metal già entrato di diritto tra i classici composti dalla formazione italiana.
Molti dei presenti ancora non avevano assistito ad un concerto dei nuovi Rhapsody, quelli con mister Voli al microfono a sostituire Fabio Lione e l’attesa era notevole; diciamo anche che non è stato difficile incontrare, di tanto in tanto, lo sguardo di qualche fan notevolmente colpito dalla prestazione vocale brillante del cantante di origini emiliane. I ritmi vorticosi di “Chains Of Destiny” scorrono quindi che è un piacere, spinti dall’ugola d’oro di Giacomo che arriva a toccare note elevate.
Notiamo, come unica pecca, l’utilizzo di qualche effetto vocale per aggiungere l’eco in alcuni passaggi, che onestamente abbiamo apprezzato poco. Dopo la possente “The Legend Goes On”, condotta dalla doppia cassa roboante di Paolo Marchesich, viene rispolverato un classico del passato: la possente “Unholy Warcry”. Alessandero Sala al suo basso macina note senza sosta mentre, inutile dirlo, la prestazione del chitarrista Roberto De Micheli è da leccarsi i baffi (tutti i chitarristi presenti erano inebriati nel notare la pulizia dei suoi movimenti): riff precisi e potenti lasciano spazio ad assoli suonati alla perfezione con tecnica sopraffina.
L’epico midtempo “A New Saga Begins”, estratto da un disco fin troppo bistrattato come “Triumph Or Agony”, prende il posto di un brano che ormai era fisso in scaletta come “March Of The Swordmaster” (peccato però per nessun estratto da “Power Of The Dragonflame”!) ma sorprende e riesce a coinvolgere, mentre la successiva “Son Of Vengeance” colpisce con le tastiere di Alex Staropoli, finora un po’ in disparte, che diventano protagoniste assolute prima del break centrale dove Giacomo mette in mostra tutte le sue doti vocali.
Torna sul palco Huecco – ormai idolo della folla – per riproporre la sua collaborazione con la band, duettando con Giacomo in “Fuego Valyrio”, siparietto simpatico per qualcuno, irritante per i defender più intransigenti. Si torna a pestare sull’acceleratore con la possente “Master Of Peace” e con la successiva “Rain Of Fury”, mentre ha sempre il suo perchè la meravigliosa ballad cantata, per la gioia di Giacomo, tutta in italiano, “Un’Ode Per l’Eroe”, estratta dall’ultimo disco, con cui le emozioni salgono vertiginosamente, tanto che speriamo che questo pezzo resti nella setlist anche nei prossimi tour. L’esaltazione sale alle stelle quando viene annunciata l’immortale “Dawn Of Victory”, momento incandescente che riesce probabilmente a far cantare persino l’addetta al guardaroba.
E’ tempo di bis dopo la breve uscita della band, che viene richiamata a gran voce dal pubblico. E’ una piacevole sorpresa veder intonata “Reign Of Terror” con i suoi ritmi oscuri e indemoniati ed un approccio aggressivo e quasi growl di Voli, accompagnato da cori possenti che fanno vibrare l’intero Revolver Club. Non si poteva che chiudere con un’accoppiata leggendaria estratta dal disco più iconico della band: “Symphony Of Enchanted Land”. Prima le tastiere vigorose di Alex a dare il via alla favolosa “Wisdom Of The Kings”, fino al ritornello cantato da tutti i presenti, poi la chiusura con il brano più famoso, l’immancabile “Emerald Sword” capace di dare la carica ad ogni metalhead presente, che non attendeva nient’altro che cantare con il pugno alzato il coro “For the king for the land for the mountains”.
Una prestazione fenomenale per una formazione che ormai da anni ha trovato un equilibrio perfetto: cinque musicisti che si muovono all’unisono ed alla perfezione come una macchina ben rodata. In attesa di nuovo materiale (“Le canzoni del nuovo disco sono già pronte!” si lascia scappare Alex mentre scambiamo due parole con lui e la band a fine concerto) e di qualche nuova data, magari con l’inserimento in scaletta di qualche altro classico del passato come “Land Of Immortal”.
Setlist:
Tales Of A Hero’s Fate (Intro)
I’ll Be Your Hero
Chains Of Destiny
The Legend Goes On
Unholy Warcry
March Against The Tyrant
A New Saga Begins
Son Of Vengeance
Fuego Valyrio (con Huecco)
Master Of Peace
Rain Of Fury
Un’Ode Per l’Eroe
Dawn Of Victory
Encore:
Reign Of Terror
Wisdom Of The Kings
Emerald Sword