Live report a cura di Andrea Raffaldini
Foto a cura di Enrico Dal Boni
Sembra incredibile a dirsi, ma sono trascorsi nove lunghi anni dall’ultima apparizione live dei Rhapsody On Fire in Italia. Proprio a causa di questa lunga assenza, l’attesa di rivedere on stage Fabio Lione, Luca Turilli ed Alex Staropoli ha fatto sì che l’Estragon di Bologna fosse pieno zeppo. Nonostante la maggioranza dei ragazzi fosse di giovane età, non mancavano rocker e metallari di vecchia data pronti a supportare gli alfieri del metal italiano. Amati e odiati, non si può negare ai Rhapsody Of Fire il merito di aver rilanciato, insieme a Labyrinth e Lacuna Coil, il metal made in Italy, ed a renderlo conosciuto a livello internazionale. Altra piccola, grande soddisfazione sono i Vexillum, una giovane band italiana che ha avuto la possibilità di seguire i triestini durante tutto il tour europeo, dimostrando un valore inaspettato, vista l’età dei singoli componenti.
VEXILLUM
Con “Neverending Quest”, i Vexillum si presentano al nutrito pubblico giunto in quel di Bologna. Difficile per una band ancora non molto conosciuta entrare subito nel cuore dei presenti, ma questi giovani musicisti hanno compiuto il miracolo. Nonostante il loro power epic metal non si possa certo dire innovativo o particolarmente personale, la carica e la grinta di questa giovane formazione ci ha lasciato piacevolmente stupefatti. Tecnicamente i Vexillum si dimostrano molto preparati, canzoni come “The First Light” ed “Avalon” si impongono subito grazie a melodie ispirate e capaci di essere memorizzate sin dal primo ascolto. Il singer Dario Vallesi si rivela un discreto frontman, in grado di dare la carica a tutti i presenti. Ottimo anche il lavoro di chitarre, danneggiato soltanto da suoni non sempre all’altezza. Con “Traveller” i toscani si congedano, ottenendo una serie di meritati applausi da centinaia di metallari fieri di questa new sensation italiana.
VISION OF ATLANTIS
Un breve cambio palco, ed ecco i Vision Of Atlantis fare la loro apparizione on stage. Con quattro album all’attivo, la band dovrebbe avere la giusta esperienza per proporre uno show all’altezza, ma qualcosa però va storto. Il melodic metal della band tinteggiato da influenze gotiche (grazie ad un ormai abusato cantato femminile operistico) stenta a decollare ed a parte un paio di estratti (“At The Back Of Beyond” e “Seven Seas”), siamo di fronte ad un concerto piatto, moscio e noioso. Il singer Mario Planck cerca in tutti i modi di gasare i fan, ma senza ottenere risultati soddisfacenti. Nasce spontanea la perplessità sulla scelta di portare in tour una band come i Visions Of Atlantis, il panorama power metal offre tutt’oggi band molto valide e dall’impatto scenico di gran lunga superiore a questi ragazzi, che nonostante i loro sforzi sono soltanto riusciti a far urlare il nome Rhapsody al pubblico ben prima della fine del loro show. A questo punto, perché non pensare la prossima volta, ad una triade tutta italiana?
RHAPSODY OF FIRE
Signori, tutto si può dire tutto dei Rhapsody (e diciamo Rhapsody perché quel “Of Fire” ancora non va giù a molti), ma la loro capacità di far scorrere l’adrenalina nelle vene degli amanti del power metal epico e sinfonico è indubbia. Come rimanere indifferenti alla maestosa intro “Dar-Kunor”, come non sentir ribollire il sangue di fronte alla voce di Cristopher “Saruman” Lee e, ancora, come rimanere indifferenti di fronte alle pompose orchestrazioni del muscoloso Alex Staropoli? “Triumph Of Agony” scatena il putiferio all’interno dell’Estragon, i fan cantano insieme a un Fabio Lione in eccellente forma vocale, e amplificano i già imponenti cori preregistrati. Il cantante toscano ha compiuto passi da gigante: ancora lo ricordiamo, incerto e poco convincente negli antichi show della band. Lione oggi è un motore di traino, insieme al simpatico ed impacciato Turilli, non certo un animale da palcoscenico, ma capace di farsi voler bene dai fan. Bastano le prime note di “Knightriders Of Doom” per farci alzare i pugni al cielo! Indiscutibilmente uno tra i migliori brani dei Rhapsody in assoluto, che intreccia splendidamente cantato in inglese e italiano per poi esplodere in un ritornello che più epico non si può. La frangia estera della band svolge a dovere il proprio lavoro, Holzwart in primis si conferma una poderosa macchina da guerra, ma le attenzioni sono tutte puntate sulla triade italiana. Staropoli imbastisce le orchestrazioni gestendo tutto dalle sue tastiere, mentre Turilli non manca di lanciarsi in assoli malmsteeniani di grande forza. Se “Guardiani Del Destino”, atmosferico brano in italiano, coinvolge totalmente i presenti, la vecchia “Land Of Immortals” genera fuochi artificiali! La canzone, presente nel lontano esordio della band, è ancora uno dei pezzi più amati dai fan e la band se ne accorge! “Dawn Of Victory” scatena come da copione un muro solenne di cori, per poi lasciar spazio alla devastante “Holy Thunderforce”. Il finale tocca al mid tempo “The March Of The Sword Master”, i Rhapsody si congedano ed il pubblico chiede a gran voce i bis e soprattutto un ben noto brano. Turilli e soci ci accontentano, dopo “Reign OF Terror”, la mitica “Emerald Sword” ci regala gli ultimi minuti di adrenalina di uno show che ha veramente lasciato il segno. La musica dei Rhapsody Of Fire è efficace, per quanto condizionata dalle basi preregistrate. I nostri complimenti a Luca, Alex e Fabio per essere riusciti a farsi perdonare la lunga assenza dai nostri palchi con uno show dinamitardo. I detrattori se ne possono andare a pesca, oggi il regno di Algalord ha trionfato su tutti i fronti!