A cura di Raffaele “Salo” Salomoni
Foto di Serena Girelli
Appuntamento imperdibile per ogni rocker che si rispetti quello del 25 ottobre al suggestivo Black Horse Pub di Cermenate. E’ infatti l’occasione buona per ammirare di nuovo Richie Kotzen in compagnia di Pat Torpey alla batteria, come ai tempi dei Mr. Big. E’ sempre un piacere per occhi ed orecchie, e molti sono accorsi alla venue per godersi questo ‘spettacolo nello spettacolo’. Un locale letteralmente gremito di fan che in religioso silenzio hanno assistito alla performance di uno degli ultimi grandi performer rimasti in circolazione.
RICHIE KOTZEN
Sono le otto e mezza quando le porte del Black Horse Pub si arrendono alla calca dei fan, impazienti di vedere il grande Richie Kotzen all’opera. Il tempo di mangiare qualcosa, e si fanno subito le dieci e mezza, quando puntuale il cavallo di razza sale sul palco posto praticamente in mezzo al locale, con tanto di tavoli in primissima fila. La presenza del simpaticissimo Pat Torpey dietro alla batteria ci assicura che questo non sarà uno dei tanti concerti. Si parte subito alla grande, e Richie mostrerà la sua classe nonostante il piccolo inconveniente che, a causa di un disguido, lo costringerà ad utilizzare una chitarra presa in prestito all’ultimo momento. Sappiamo tutti che Kotzen è stato un grande virtuoso dello strumento, e ricordiamo il fantastico album fusion/rock “Tilt”, in compagnia di Greg Howe e soprattutto i suoi trascorsi con Mr. Big e Poison. Non sono così tanti invece i conoscitori del Kotzen ‘cantante’. La sua splendida voce (una versione impreziosita di Chris Cornell) matura con gli anni, facendosi sempre più espressiva e potente, tanto da lasciare più di una emozione non appena esegue per noi alcuni dei suoi classici, come “Losing My Mind”, la commovente “A Love Divine”, la nuova “Fooled Again”, le complicate “Socialite” e “Don’t Ask”. La band, composta da soli tre elementi, si diverte autenticamente, e ciò traspare dalla voglia irrefrenabile di infarcire i pezzi di improvvisazioni, variazioni e soprattutto smorfie di varie tipologie (vero Pat?). La seconda metà dello show si concentra sui pezzi più sanguigni del chitarrista, su tutti la bellissima “Change”, la impressionante “High”, dove Kotzen può tirare fuori tutta la voce di cui è dotato, ed il classico dei Poison “Stand”, uno dei pochi pezzi davvero belli presenti su “Native Tongue”. Un concerto ‘rock’ fino al midollo, dove sudore e passione sono le uniche coordinate, un piacere per i numerosi fan accorsi. Ora possiamo affermarlo definitivamente: Kotzen non è un chitarrista. E’ un artista.