ROCK HARD FESTIVAL 2011
17/09/2011 – Live Music Club – Trezzo sull’Adda (MI)
Running order:
Apertura porte: 12.45
13.45-14.15 – HELLSTORM
14.25-14.55 – METHEDRAS
15.10-15.40 – HOLY MARTYR
15.55-16.35 – MORTUARY DRAPE
16.50-17.30 – DETESTOR
17.45-18.25 – SCHIZO
18.35-19.15 – MASTER
19.25-20.20 – NECROMASS
20.40-21.40 – ONSLAUGHT
22.00-23.30 – CORONER
Introduzione
Ore 13.35, Trezzo sull’Adda, Live Music Club: finalmente, dopo un bel po’ di ritardo, vengono aperte le porte del locale e il Rock Hard Festival 2011 prende pian piano vita. Un appuntamento, quello odierno, che ci riporterà indietro di diversi anni, grazie ad un bill per intenditori che, sebbene non pensiamo sia in grado di richiamare grandi masse di gente, può certamente fare la felicità di una bella fetta di metalfans. I Coroner, assieme ai Master, agli Schizo, ai Mortuary Drape e ai Necromass, sono certamente dei prime-mover del loro genere e sarà un piacere rivederne le gesta on stage. Ben rappresentata oggi è la scena italiana estrema del tempo che fu, con nomi che forse devono levarsi di dosso un po’ di polvere, ma che allo stesso tempo sono in grado di richiamare alla mente ricordi da far rifulgere.
Mentre scriviamo, i primi astanti stanno curiosando tra i vari stand di merchandise, vestiario, CD e vinili, in attesa dell’esibizione degli opener della giornata, i milanesi Hellstorm.
Restate collegati con noi di Metalitalia.com per seguire (quasi) in tempo reale le performance degli artisti in programma, sperando in un rispetto degli orari che per ora ci pare ballerino.
Buona giornata di metal!
(Marco Gallarati)
HELLSTORM – 13.45 / 14.15
Provenienza: Milano, Italia
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Alle 13.45 in punto si presentano sul palco gli Hellstorm, band milanese in attività dal lontano 1995, ma che ha prodotto ben poco in studio (un demo, un full-length ed un EP) rimanendo prevalentemente confinata nell’underground nostrano. Il ferale thrash/black eruttato dai Nostri proviene dalle grigie città industriali tedesche dei primi anni Ottanta, periodo nel quale Sodom, Destruction e Kreator coniarono un nuovo sound. L’esibizione del combo si mantiene su standard accettabili e non fatica a coinvolgere le pochissime decine di spettatori assiepate nelle prime due file, anche se forse le canzoni finiscono per assomigliarsi troppo, senza regalare particolari sussulti. Attendiamo il nuovo studio album per essere smentiti…
(Gennaro Dileo)
METHEDRAS – 14.25 / 14.55
Provenienza: Milano, Italia
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Dal revival del thrash teutonico, pur restando in ambito di formazioni milanesi, ci trasferiamo in zona Bay Area, da Testament e Machine Head, per la performance dei Methedras, visti in azione un paio di mesi fa al Metal Valley Open Air. Al chiuso e al buio pare che nella band si materializzi ancor più ardore e bisogna dire che i ragazzi tengono il palco bene e sprizzano grinta da tutti i pori, vogliosi anche di dare un grosso saluto al chitarrista solista Pietro Boggi, giunto all’ultimo live con il gruppo. I suoni non sono ancora ottimali e la voce di Claudio Facheris fatica un po’ ad emergere. Comunque stiamo scrivendo di un concerto più che sufficiente, nel quale i Methedras hanno riproposto la cover di “Davidian” dei Machine Head, purtroppo non eseguendola in maniera soddisfacente. Molto meglio i brani propri. Vivi e vegeti, come dimostra la lunga militanza sulla scena.
(Marco Gallarati)
HOLY MARTYR – 15.10 / 15.40
Provenienza: Cagliari/Milano, Italia
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Unica band classic metal in mezzo a un’orda di gruppi ben più estremi, gli Holy Martyr vengono accolti da un pubblico poco numeroso e piuttosto tranquillo. La performance è ad ogni modo di ottimo livello, guidata in prima persona dalla buona prova vocale di Alex Mereu, discreto anche come frontman. Il resto della band, soprattutto la coppia di chitarre, appare invece un tantino statica e impegnata sullo strumento. La breve setlist pesca soprattutto dall’ultimo e buon album “Invincible”, con la titletrack, “Lord Of War” e “Takeda Shingen” a rappresentarlo degnamente. Notevole infatti il tiro dei nuovi brani, dal vivo più aggressivi che su disco. Il tempo è poco e purtroppo al bellissimo “Hellenic Warrior Spirit” viene dedicata la sola “Lakedaimon”, mentre la chiusura spetta alla tirata “Warmonger”. Set breve e conciso dunque, che viene salutato dagli applausi di una platea che nel frattempo si è fatta leggermente più affollata ma che, per la già citata prevalenza di band estreme, non ha sostenuto a dovere quello che secondo noi è uno dei gruppi epic metal migliori della scena italiana e non solo.
(Alessandro Corno)
SETLIST:
Invincible
Lord Of War
Lakedaimon
Takeda Shingen
Warmonger
MORTUARY DRAPE – 15.55 / 16.35
Provenienza: Alessandria, Italia
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Terminata la piacevole parentesi epic/classic targata Holy Martyr, con i Mortuary Drape il festival torna su lidi estremi. Inaspettatamente – considerato che si è ancora nel primo pomeriggio e che molti dei presenti sembrano ancora intenti ad ambientarsi – lo storico gruppo piemontese viene accolto in maniera decisamente calorosa. L’entrata in scena dei nostri, d’altronde, è di quelle che lasciano il segno: da una parte il look horrorifico richiama subito l’attenzione, dall’altra l’impatto dei pezzi non lascia scampo a fraintendimenti. Pur giocando da sempre con un immaginario macabro, i Mortuary Drape hanno un solido rifferama thrash come base di buona parte del proprio materiale, che in sede live fa letteralmente faville. Insomma, siamo davanti a una band che a un’immagine ricercata e a un’atmosfera occulta unisce anche tanta sostanza sottoforma di un brutale metallo ottantiano che si presta benissimo a essere riproposto dal vivo. Avendo decenni di esperienza alle spalle, il quintetto tiene il palco con estrema sicurezza e nel giro di pochi minuti riesce a scatenare anche un bel pogo tra le prime file. I quaranta minuti a disposizione dei Mortuary Drape volano via e, dal canto nostro, non esitiamo a definire la loro performance la migliore tra quelle di questa prima parte del Rock Hard Festival 2011.
(Luca Pessina)
DETESTOR – 16.50 / 17.30
Provenienza: Genova, Italia
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Dopo l’ottima prova dei Mortuary Drape, per mantenere alta la tensione serve uno show più che buono e i Detestor, considerando almeno il loro storico passato, sembrano poter essere in grado di soddisfare le aspettative. Tuttavia, dei suoni molto confusi, che danneggiano in particolar modo la chitarra, e una setlist troppo sbilanciata sull’ultima fatica discografica “Fulgor” non fanno decollare il concerto. I nuovi pezzi non paiono prestarsi granchè alla sede live: la voce pulita risulta ancor più rivedibile che su disco e gli intrecci growl/pulito sembrano a volte lasciati un po’ al caso. Le cose vanno meglio quando il sound si fa più ruvido e aggressivo, anche grazie all’entusiasmo dei due frontman – Niki e Jaiko – che di certo non lesinano energia, incitando il pubblico a più riprese. Tuttavia, la platea non si dimostra particolarmente entusiasta e purtroppo lascia la sala vuota in ampie zone. D’altronde, quest’oggi il melodic death metal della band ligure manca proprio di impatto e presa e non riesce a coinvolgere. Peccato, perchè erano in molti coloro che si attendevano un gran concerto, magari memori degli show infuocati di cui i Detestor si rendevano protagonisti negli anni ’90. Invece, a parte forse durante la rabbiosa “I Have The Power”, posta in chiusura di concerto, sono mancate le emozioni…
(Luca Pessina)
SCHIZO – 17.45 / 18.25
Provenienza: Catania, Italia
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Dopo la a dir poco claudicante prestazione dei Detestor, gli Schizo hanno quasi l’obbligo di offrire uno show terremotante, che risollevi un po’ l’andamento del Rock Hard Festival 2011, ormai entrato nella parte che conta. E il quintetto catanese, orfano ormai da qualche anno di Alberto Penzin, uno dei suoi membri fondatori, riesce nel compito assegnatogli sfoderando una prova vigorosa e più che positiva. I suoni sono amici degli Schizo, belli grassi e potenti, anche se non pulitissimi, e sia che i ragazzi accelerino con il loro proto-grindcore (“Violence At The Morgue”, “Electric Shock”), sia che dettino groove assassini sulle composizioni più recenti (“Demise: Desire”, “Ward Of Genocide”), il risultato finale è quello di scaldare la platea finalmente riempitasi di pubblico, impegnato in sfuriate di pogo a tratti intransigenti. Poche parole per il vocalist Nicola Accurso, salito sul palco in passamontagna come al solito. Insomma, gli Schizo hanno subito rifornito d’adrenalina l’audience accorsa al Live, forti di corrosione e potenza, caratteristiche della formazione che rimangono ben solide.
(Marco Gallarati)
MASTER – 18.35 / 19.15
Provenienza: Stati Uniti
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Tra i progenitori del death metal, normalmente vengono citati gruppi fondamentali come Possessed e Death, ma raramente vengono menzionati gli statunitensi Master, band che dalla metà degli anni Ottanta sino all’inizio della decade successiva ha contribuito fattivamente a forgiare questo genere. Paul Speckmann e cattiva compagnia si presentano sul palco sicuri dei propri mezzi e senza troppi fronzoli si rendono autori di una performance di ottimo livello, esaltata da un sound massiccio ma al contempo cristallino. I Nostri badano al sodo, lasciando in secondo piano la perizia tecnica per dare sfoggio a tanta sana violenza, baciata comunque da un songwriting ispirato. Il pubblico gradisce lo show sin dalle prime battute, lasciandosi andare ad un furioso ed incessante headbanging e tributando un doveroso omaggio ad una band che è sempre stata lontana dalle luci della ribalta, ma che ad oggi può reclamare il proprio trono. Massimo rispetto.
(Gennaro Dileo)
NECROMASS – 19.25 / 20.20
Provenienza: Firenze, Italia
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Tredici lunghi anni lontani dalle scene sembrano non aver scalfito più di tanto la coesione dei Necromass. I nostri, una delle migliori black metal band che la scena nazionale abbia partorito, ostentano sicurezza sin dalle prime battute del loro set: la presenza scenica, a dire il vero, è un po’ statica, ma gli incintamenti a un pubblico che appare molto curioso non tardano ad arrivare, in particolare da parte di un Ain Soph Aour che risulta veramente “dentro” la performance. La folla risponde piuttosto bene, anche fra le frange di thrasher che stanno iniziando a radunarsi per le prossime esibizioni di Onslaught e Coroner, e, grazie anche a dei suoni tutto sommato all’altezza della situazione, lo show decolla in un attimo. Vengono proposti tutti i classici dai cult album “Mysteria Mystica Zothryana” e “Abyss Calls Life” (ristampati pochi mesi fa dalla Funeral Industries) e soprattutto quelli estratti dalla fatica più “recente” dimostrano di non aver affatto sofferto il passare degli anni: il materiale suona attualissimo e, anche dal vivo, riesce a palesare la grande personalità del quartetto, che, a nostro avviso, non ha mai raccolto quanto effettivamente meritasse. Ci auguriamo che le suddette ristampe e i buoni riscontri ottenuti questa sera possano fungere da nuovo trampolino di lancio per la band toscana, perchè al momento si sente proprio il bisogno di black metal band di tale carisma.
(Luca Pessina)
ONSLAUGHT – 20.40 / 21.40
Provenienza: Inghilterra
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Alle 20.30 il Live Club è diventato un’autentica bolgia ed il pubblico è estremamente impaziente nel veder comparire sulle assi del palco gli Onslaught, storica thrash metal band inglese, che negli anni Ottanta ha sfornato un paio di ottimi full-length, “Power From Hell” e “The Force”, rimanendo purtroppo confinata nelle viscere dell’underground. Penalizzati da un suono ovattato, i Nostri hanno sopperito a questa lacuna rendendosi autori di uno show estremamente coinvolgente. Sy Keeler ha dimostrato di essere un frontman sufficientemente preparato sia negli acuti, che nelle parti più aggressive, instancabile nell’aizzare la folla in un furioso moshpit. Va doverosamente evidenziato che i vecchi brani come “Let There Be Death” e “Metal Forces” sono stati riarrangiati in una forma decisamente più moderna, facendo storcere il naso ad una parte del pubblico. Verso la fine dello spettacolo sono saliti on stage i nostrani Methedras per una simpatica e caotica improvvisata conviviale, che ha posto il punto esclamativo ad un concerto più che dignitoso.
(Gennaro Dileo)
CORONER – 22.00 / 23.30
Provenienza: Svizzera
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L’evento sta per compiersi. Marquis Marky, Ron Royce e Tommy T. Baron, ossia i leggendari Coroner, si presentano sul palco alle 22.30 acclamati a gran voce dal pubblico in trepidante attesa di ammirare con i propri occhi e le proprie orecchie le acrobazie stilistiche della band svizzera. I Nostri dimostrano da subito di essere in gran forma, offrendoci uno spettacolo intenso ed emozionale, dove tecnica, fantasia, gusto ed improvvisazione si fondono in un orgiastico e poliedrico mood. I sinuosi e glaciali schemi compositivi si decompongono in una spirale di riff concentrici ed esaltanti, speziati da ispirati guitar solo, lasciando completamente da parte l’irruenza degli esordi. Il trio elvetico dedica giustamente ampio spazio al notevole “Grin”, estraendo “The Lethargic Age”, “Serpent Moves”, “Still Thinking” e “Grin (Nails Hurt)”, quattro episodi che distruggono completamente il classico concetto di etichetta o genere musicale, trascinandoci in un mondo parallelo composto da note che si rincorrono tra loro, tra stop’n’go e deliziosi assoli, plasmando un’anarchia sonora che rievoca il leggendario Big Bang. Quanto scritto viene testimoniato dalla reinterpretazione delle cover “Foxy Lady” di Hendrix e la discussa/discutibile “Tanz Der Mussolini” dei D.A.F., qui completamente stravolte e rivisitate sotto l’ottica di questi tre geni, che potremmo paragonare senza timore di smentita ai Rush; e che questa sera hanno dato una lezione a tutti i gruppi progressivi sul come forgiare composizioni prive di ogni schema, ma dotate di un gusto assoluto. Da lacrime.
(Gennaro Dileo)