15/09/2012 - ROCK HARD FESTIVAL 2012 @ Live Music Club - Trezzo Sull'Adda (MI)

Pubblicato il 18/09/2012 da

ROCK HARD FESTIVAL 2012
15/09/2012 – Live Music Club – Trezzo sull’Adda (MI)


Introduzione a cura di Marco Gallarati
Report a cura di Luca Pessina, Andrea RaffaldiniMarco Gallarati, Alessandro Corno e Thomas Ciapponi
Foto di Bianca Saviane

La stagione dei festival estivi si è appena conclusa ma, sebbene per il calendario si sia ancora in estate, arriva il Rock Hard Festival ad aprire ufficialmente l’annata concertistica 2012-2013, che in questi primi mesi vedrà un ammassarsi di eventi davvero pressante. Il sempre professionale e accogliente Live Music Club di Trezzo sull’Adda si presenta ancora nella sua versione open-space, con il tendone esterno atto ad ospitare alcuni stand promozionali e il merchandise ufficiale, oltre che offrire un secondo bar di rafforzo. All’interno della venue, oltre alle solite note bancarelle di CD e vinili e agli amici di Rock Hard, ci siamo anche noi con il nostro stand. Per l’edizione 2012, il Rock Hard Festival si veste d’estremo e, pur mantenendo alta l’appetibilità del bill, tramite la chiamata di nomi non esattamente sempre in giro dalle nostre parti (Helstar, Exumer, Immolation, Artillery, Assassin), rischia forse un pochettino in partenza d’essere snobbato. Ma così non è e così non sarà: il Live si è riempito pian piano di gente e bisogna ammettere che, all’altezza dell’ultimo terzetto di band, il colpo d’occhio non è stato affatto male. Complice anche il bel sabato soleggiato, che ha permesso a tutti di farsi un giro nella parte aperta del locale, oppure anche fuori dalle quattro mura, considerata la presenza dei braccialetti ma soprattutto del permesso di uscire a piacimento, la giornata e la manifestazione si possono dire riuscite in pieno, impreziosite certamente dalle esibizioni-must di Helstar, Immolation, Artillery e Bulldozer. Ma vediamo com’è andata qui di seguito, con il nostro report scritto e fotografato in diretta!


ANTROPOFAGUS
Gli Antropofagus avviano il Rock Hard Festival 2012 con una prova concisa ma altamente feroce. Esattamente ciò che ci aspettavamo da uno dei massimi portabandiera del death metal made in Italy. I ragazzi hanno anche la fortuna di godere di suoni già ben calibrati e riversano sulla folla – tutto sommato discreta, considerando l’orario – praticamente tutti gli episodi migliori del loro repertorio, da “Loving You In Decay” a “Demise Of The Carnal Principle”, passando per l’eccellente “Sanguinis Bestiae Solium”, che dal vivo acquista ulteriori marce in più. Il gruppo nostrano si esibisce di rado su palchi tanto grandi, ma Tya e soci riescono comunque a “coprirlo” a dovere e a mettere in mostra una presenza scenica più che adeguata. Il pubblico, dal canto suo, reagisce abbastanza bene, tanto che sulla succitata “Loving You In Decay” parte anche un po’ di pogo. Il minimo di fronte a una performance così precisa e violenta. Una bella partenza.
(Luca Pessina)

PHANTOM-X
Freschi del nuovo “The Opera Of The Phantom”, gli americani Phantom-X si presentano sul palco con tutta la loro furia. Lo US power metal della band appare devastante sin dai primi minuti dello show, grazie alla poderosa sezione ritmica e ad un sound figlio degli anni Ottanta. Non a caso l’ex Omen Glenn Malicki al basso si rivela uno dei protagonisti del concerto, con la sua foga ed un innato animo da mattatore. Episodi come “Black Sails” riescono ad infiammare i presenti che, pur in numero ancora esiguo, si accalcano sotto il palco. Il cantante Kevin Goocher non perde tempo nel ricordare il suo status di fan di Ronnie James Dio, tanto che la band in tributo dell’elfo del rock esegue una potente versione di “Heaven And Hell”, con il pubblico in delirio. Il massacro sonoro prosegue con “Into Battle We Ride”, tratto dal penultimo “This Is War”, brano quadrato e dal refrain anthemico, epico e coinvolgente. Non ci sono scuse, i Phantom-X hanno dato vita ad un concerto all’insegna dell’heavy metal più classico e tradizionale e lo hanno fatto con energia, attitudine e passione. Non si può davvero chiedere di più ad una formazione che, seppur ancora relegata al circuito underground, riesce a scatenare fuoco e fiamme sul palco.
(Andrea Raffaldini)

FINGERNAILS
Io vorrei sapere chi è quer fijo de ‘na mignotta che m’ha fregato la majetta!‘. Con questa estemporanea frase si riassume in poche parole l’esibizione odierna dei romani Fingernails, un’esplosione di urgenza d’espressione che probabilmente avrà pochi uguali nel corso della giornata. Ignoranti ai massimi livelli e dall’attitudine più roccherrolle che metal, i quattro capitolini hanno sciorinato una sequela di brani a velocità supersonica, in pieno savoir-faire motorheadiano. Ovviamente la mera esecuzione e il mero cantato, in queste occasioni, prendono tutta un’altra importanza e ciò che più è utile ai Fingernails è il fatto che abbiano saputo coinvolgere, fino ad un violento pogo – per la verità stroncato sul nascere da solerti buttafuori – buona parte degli astanti presenti. L’apoteosi del concerto del quartetto nostrano è giunta con l’esecuzione di “Crazy For Blowjobs”, che supponiamo abbia riscosso più di un sogghigno in platea. Graditissima sorpresa questi Fingernails, quindi, sebbene la loro irruenza sulle lunghe distanze non sappiamo come possa venir digerita dal pubblico. Venticinque minuti ci sono bastati per apprezzarne tutta la verve e per farci sghignazzare alquanto.
(Marco Gallarati)

OPERA IX
Il Rock Hard Festival 2012 si tinge di nero con l’arrivo degli Opera IX, storica formazione black/occult metal tricolore. I Nostri non hanno mai suonato dal vivo molto spesso, ma gli oltre vent’anni di esperienza si fanno comunque sentire sul palco del Live di Trezzo che, come ormai di consueto, mette il gruppo nelle condizioni di esibirsi con dei suoni assolutamente all’altezza della situazione. Headliner a parte, il bill del festival non è particolarmente devoto a sonorità nere, tuttavia gli Opera IX riescono comunque ad esprimersi davanti a una platea nutrita, che pare effettivamente seguire lo show con interesse. I ragazzi ostentano sicurezza on stage e snocciolano una serie di “hit” recenti di sicura presa, tra cui “Maleventum” e “Mandragora”. Gli influssi più classicamente heavy presenti in “Eyes In The Well” coinvolgono infine anche i più scettici e coloro meno avvezzi a formule extreme metal, soprattutto a fronte dell’ottima interazione tra la chitarra del leader Ossian e il lavoro di tastiera. Qualche thrasher oltranzista sbuffa comunque, ma poco importa: il concerto degli Opera IX può senza dubbio dirsi riuscito sotto ogni punto di vista.
(Luca Pessina)

 

RAW POWER
Si cambia completamente approccio con i Raw Power, leggenda hardcore italiana che ancora all’estero conoscono e rispettano, come dimostra il fatto che gli Immolation siano presenti fra il pubblico che si assiepa all’inizio del set della band emiliana. Essendo il festival impostato prevalentemente sul thrash d’annata, è ovvio come il parterre non sia ancora particolarmente fomentato a quest’ora del pomeriggio, le 16.30. Questo, almeno, quanto rilevabile dopo i primi sette-otto pezzi di setlist. I Raw Power però ingranano la quarta all’improvviso e i pogatori die-hard al Live di Trezzo si ravvivano di colpo, accompagnando il combo d’annata con delle sessioni di pogo furiose. Mauro Codeluppi ha il carisma innato del frontman con alle spalle decenni di carriera e gli bastano pochissime parole per dare senso al suo ruolo, oltre ovviamente ad una performance vocale non impeccabile ma sicuramente iconica nel genere e soprattutto andata in crescendo: qualche ‘grazie’ e la raccomandazione paterna ‘fate i bravi’, poi solo e sempre musica. Più che buono, dunque, lo show dei Raw Power, che ricordiamo hanno suonato quest’oggi in sostituzione dei defezionari – e attesi – Mekong Delta. Certo, l’hardcore old-school dei Nostri c’entra poco nel bill del Rock Hard Festival odierno, però sottolineiamo anche con piacere quanto l’hardcore abbia in comune con il thrash. Ottimo diversivo!
(Marco Gallarati)

 

HELSTAR
Trent’anni di carriera non possono certo vantarli tutti i gruppi e al Rock Hard Festival arrivano gli Helstar a festeggiare i loro. Diciamo pure tranquillamente che è uno degli show più attesi quest’oggi ed infatti la platea comincia ad essere bella pienotta, per un evento che, grazie anche alla sezione esterna all’aperto in cui ci si può svagare a piacimento, comincia a prendere sembianze importanti. Purtroppo, per l’impegno obbligatorio e improvviso dell’intervista ai Bulldozer, l’intesa tra noi redattori non si compie perfettamente come al solito, quindi ci troviamo a reportarvi un concerto non intero. E’ comunque assodato che la band di Houston ha lasciato pochi prigionieri, tramite un thrash metal old-school orchestrato alla miglior maniera. James Rivera si è rivelato tuttora un frontman ed un cantante coi fiocchi, nonostante un calo di voce comprensibile verso fine esibizione; in grande spolvero, invece, durante i brani centrali, eseguiti ottimamente da un combo accolto addirittura con cori d’osanna tra una traccia e l’altra. Si è notato a pelle, come un po’ è successo per i Raw Power, l’entrata nel vivo della manifestazione, che ora può scivolare verso una manciata di esibizioni thrash si spera di tutto rispetto, fino all’intermezzo death a nome Immolation e alla chiusura affidata ai blackster Marduk.
(Marco Gallarati)

 

EXUMER
Brutti, sporchi, ignoranti e cattivi. Questi sono gli Exumer, che si presentano al pubblico italiano a suon di p***od*o. Come non prenderli in simpatia? Il thrash metal della formazione tedesca suona duro come un macigno, da veri seguaci della scuola capitanata da Slayer, Destruction e Kreator. “Winds Of Death” e “Journey Of Oblivion” vengono suonate a folle velocità, mentre il muro sonoro costruito dalla chitarra di Ray Mensh si erge imponente ed apparentemente indistruttibile. “The Weakest Limb”, canzone estrapolata dall’ultimo disco “Fire & Damnation”, ci riporta a tempi più quadrati e marziali, ma con la successiva “Fallen Saint” gli Exumer tornano a pestare sull’acceleratore senza ritegno. La voce di Mem Von Stein suona ruvida e letale, sia durante l’esecuzione dei brani sia durante i siparietti intermedi con cui il cantante cerca di riscaldare i numerosi presenti. “The Vermin Of The Sky” prosegue a doppia cassa sparata: Matthias Kassner dietro le pelli suona in modo belligerante, quasi a voler dirigere una schiera di cannoni pronti a far fuoco per distruggere il nemico senza lasciare superstiti. Il volume alto risulta quasi fastidioso, tra le prime file i timpani sembrano esplodere; solo allontanandoci riusciamo a goderci pienamente la performance di questa band letale. Benchè la proposta musicale dei metallari teutonici non presenti spunti originali, va dato loro atto di aver puntato tutto sulla brutalità e su brani straight-in-your-face e dall’impatto quasi insostenibile. A concerto finito sentiamo il bisogno di una sacrosanta e meritata birra per rilassare i nostri padiglioni auricolari. Devastanti Exumer!
(Andrea Raffaldini)

 

IMMOLATION
Agli Immolation bastano gli otto minuti dell’iniziale “Close To A World Below” per spazzare via praticamente tutto ciò che si è esibito prima di loro sul palco del Rock Hard Festival 2012. Non sono solo i suoni bestiali che fuoriescono dagli amplificatori del Live di Trezzo a decretare la superiorità dei quattro statunitensi sul resto della combriccola metallica; come infatti sottovalutare lo stile personalissimo del death metal dei Nostri, da sempre lontano da clichè e schemi prestabiliti? Il suono dei newyorkesi è costruito su una serie di dissonanze e progressioni ritmiche che da sempre non trovano eguali nella scena death metal. Gli Immolation suonano da Immolation, non si sfugge, e il pubblico apprezza in massa, e non poco, nonostante le sonorità siano ben più cervellotiche e compresse di quelle dei comunque ottimi Exumer. Robert Vigna, poi, vale da solo il cosiddetto prezzo del biglietto: trovateci un altro chitarrista nell’attuale panorama death metal tanto coreografico quanto il Nostro. Le sue movenze sul palco sono ormai leggendarie in questo ambiente, come del resto la sua preparazione tecnica: Vigna si muove come un tarantolato, incita il pubblico in continuazione e, al tempo stesso, suona con una precisione incredibile. Eroe. Che dire invece di Ross Dolan? Growling possente, carisma d’altri tempi, umiltà e simpatia innate. Dio del metal. C’è poco da fare: gli Immolation non si fanno vedere troppo spesso da queste parti, ma ogni volta che passano lasciano decisamente il segno.
(Luca Pessina)

 

ASSASSIN
Sarà stato lo show magistrale degli Immolation, sarà stata la fame, ma gli Assassin non sono riusciti a convincerci per nulla. La band tedesca, tornata in vita da pochi anni dopo lo scioglimento del 2009, ha mostrato grosse lacune sotto molto punti di vista, a partire dall’affiatamento on stage, di livello dilettantistico se non addirittura inesistente, fino a una serie di errori tecnici non trascurabili, enfatizzati da una prova decisamente sottotono del singer Robert Gonnella, poco attivo a livello di intrattenimento e, ci scommettiamo, vittima di qualche litro di troppo. Il pubblico sembra darci ragione, restando principalmente freddo per buona parte dell’esibizione e snobbando la band persino quando lo svogliato Robert chiama a gran voce “Not With Us”, pezzo estratto dal disco post-reunion, “The Club”. Assassini di nome ma non di fatto, dunque, almeno per buona parte dello show, salvo poi svegliarsi nel finale, proponendo una manciata di pezzi – soprattutto recenti e quindi dotati di un maggiore impatto sonoro – che si assestano su livelli accettabili, richiamando una fetta di pubblico – per la maggior parte composto di ‘vecchietti’ – intento a prendersi una sana boccata d’aria. A valorizzare questa ulteriore ripresa casca a pennello l’annunciata ospitata di un vero e proprio big della scena teutonica, ovvero Frank Gosdzik, qui nel ruolo di singer per una divertente rimpatriata tra amici. Da qui in poi, complice un manipolo di pezzi storici estratti dal debutto “Upcoming Terror”, l’atmosfera si surriscalda leggermente, portando una ventata di aria nostalgica che permette agli Assassin di uscire di scena tra gli applausi del pubblico. Non un concerto orrendo, ma se non fosse stato per una degna chiusura mirata a esaltare i vecchi fan, parleremmo di certo del concerto meno riuscito della giornata, o comunque del più deludente, vista l’elevata posizione in scaletta e le conseguenti aspettative da parte di tutti.
(Thomas Ciapponi)

 

ARTILLERY
Con alle spalle un album più che discreto come “My Blood” e uno fenomenale come “When Death Comes”, gli Artillery erano piuttosto attesi dal pubblico di fede thrash presente al Rock Hard Festival. Il cantante Søren Nico Adamsen, dal trascorso più classic, ha dato nuova linfa a questa band storica del thrash metal europeo, che oggi vive una sorta di seconda era. La partenza è affidata alla fantastica “When Death Comes”, uno dei pezzi thrash migliori sentiti negli ultimi anni. La formazione danese parte un tantino fredda, ma basta aspettare il duo “By Inheritance” / “Death Is An Illusion” per sentire di che pasta è fatto il quintetto e vedere il pubblico lanciarsi in un pogo sfrenato. Adamsen si dimostra un fenomeno, spaziando con disinvoltura per tutte le tonalità, e la coppia di chitarre dei due fratelli Stützer suona con un gran tiro tra riff schiacciasassi, armonizzazioni e soli melodici. Positiva anche la prova del nuovo batterista Josua Madsen. Lo show è tutto un’alternanza tra brani del nuovo corso, come “Mi Sangre (The Blood Song)” o “10.000 Devils”, e i più vecchi classici quali “The Challenge”, “Khomaniac” o la conclusiva e coinvolgentissima “Terror Squad”. Ottima prova di una band che può contare su una formazione rivitalizzata e può vantare una resa live tra le migliori per quanto riguarda le thrash metal band della vecchia guardia.
(Alessandro Corno)

 

BULLDOZER
Il pulpito insanguinato troneggia minaccioso sul palco vuoto mentre l’overture iniziale accompagna l’ingresso dei Bulldozer. AC Wild, demoniaco come da tradizione, alza le corna al cielo; il fido compagno Andy Panigada intona gli immortali riff di “Neurodeliri”. Inutile dire che tra le prime file si scatena un pogo infernale e incontrollabile, nel frattempo che la band continua la sua carneficina a suon di decibel. Non appena viene annunciata “Ilona The Very Best” sotto il palco è delirio, le ritmiche squisitamente thrashy macinate da Panigada sono supportate da un Pozza in grande forma. Il suo drumming potente e preciso assume il ruolo di spina dorsale per i pezzi. Per la prima volta nella loro carriera, i Bulldozer eseguono “Misogynists” dal vivo. Criticata ingiustamente ai tempi che furono, nessuno colse l’ironia di questa canzone, dedicata al gentil sesso. AC si tiene aggrappato al pulpito, quasi come se lui stesso fosse colpito dal devastante muro sonoro che si abbatte sui presenti a volumi altissimi. E’ tempo per un altro grande classico firmato Bulldozer, “The Derby”, che presto lascia spazio a “Impotence” e la fantastica “Minkions”. Tutta la band appare affiatata e travolgente e convince in modo più marcato rispetto a tutti coloro che li hanno preceduti sul palco durante la giornata. In quest’occasione speciale arrivano altre due chicche mai proposte dal vivo, “The Final Separation” e ” Ride Hard Die Fast”, eseguite alla perfezione in modo infinitamente più potente rispetto alle versioni in studio. “Bastard”, “Cut Throat” e “Whiskey Time” impreziosiscono una scaletta assolutamente perfetta, una vera gioia per i fan. Purtroppo il tempo è tiranno e quando i Bulldozer si congedano, la folla soddisfatta li acclama clamorosamente. Sarà molto difficile per i Marduk riuscire a fare meglio di questa formazione, che da trent’anni è fonte d’orgoglio per la scena metal italiana. Un vero (neuro)delirio!
(Andrea Raffaldini)

 

MARDUK
I Marduk chiudono il festival con una performance ricca di sfaccettature, nonostante questa verta sempre e comunque sul black metal senza compromessi che da sempre è marchio di fabbrica dei Nostri. Il quartetto opta infatti per una setlist piuttosto variegata che, accanto a delle tracce estremamente coriacee e criptiche provenienti dagli ultimi lavori, presenta episodi maggiormente dinamici e groovy risalenti agli esordi, quali ad esempio “The Black Tormentor Of Satan” (da “Heaven Shall Burn…”) oppure “On Darkened Wings” (da “Those Of The Unlight”). Molto riuscita soprattutto quest’ultima, grazie in particolare all’inconfondibile melodia di basso resa alla perfezione da un capace Devo Andersson. In ogni caso, tutta la band si dimostra in forma questa sera: le numerose date già tenute in questo tour stanno indubbiamente incidendo sull’affiatamento della lineup, che appare ultra-compatta e davvero ‘dentro’ lo show; a partire da uno stentoreo Mortuus, che praticamente insulta gli astanti pur di ottenere delle ovazioni fragorose, sino ad arrivare a un Lars Broddesson dietro le pelli in modalità mitragliatrice. Un pezzo (splendido) come “Temple Of Decay” regala inoltre una gradita parentesi dedicata all’atmosfera, cosa che, in una carneficina quale può essere un concerto medio dei Marduk, risulta davvero una trovata azzeccata. Sono finiti i tempi in cui gli svedesi sul palco pensavano soltanto a snocciolare i loro brani più veloci e taglienti: soprattutto da quando Mortuus è entrato a far parte della lineup, i Marduk hanno iniziato a confezionare dei concerti emotivamente più intensi e variegati, in grado di intrattenere – o per lo meno di incuriosire – anche coloro che non sono strettamente dei loro fan. La prova al Rock Hard Festival 2012 non concede cali di alcun tipo e, anzi, chiude in crescendo un evento che sin qui aveva già regalato diversi spettacoli di alto livello.
(Luca Pessina)

 

 

2 commenti
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