15/06/2011 - ROCK IN IDRHO 2011 @ Arena Fiera Milano - Rho (MI)

Pubblicato il 24/06/2011 da

Introduzione a cura di Gennaro ‘DJ Jen’ Dileo
Report a cura di Gennaro ‘DJ Jen’ Dileo

 

 

Giunto alla quarta edizione, il Rock In Idrho quest’anno trasloca presso l’area esterna della Fiera di Rho, pronta ad accogliere sul suo asfalto bollente circa trentamila persone provenienti da tutta Italia (e non solo) per assistere prevalentemente all’esibizione di tre gruppi fondamentali del rock’n’roll. I Foo Fighters capitanati dal celebre Dave Grohl nelle due ore a disposizione riusciranno a far divertire tutti i presenti? Sarà in grado Iggy Pop alla veneranda età di sessantaquattro anni di fomentare la rivolta sotto il palco come ai vecchi tempi? L’aurea di mito che avvolge i Social Distortion è davvero meritata? Il monocromatico garage rock degli stralunati The Hives strapperà applausi o sbadigli? Il rock introspettivo dei Band Of Horses è fuori contesto in un festival del genere o sarà utile per stemperare l’elettricità delle altre band? Chi riuscirà a bere una birra in compagnia dei Flogging Molly senza stramazzare al suolo sotto il sole cocente? Tutti questi interrogativi troveranno risposta nel relativo reportage. PS: ci scusiamo con i fan dei Ministri e degli Outback, ma a causa del traffico intenso non siamo riusciti ad arrivare in tempo per la loro esibizione.

 

FLOGGING MOLLY

L’allegra ed alcoolica combriccola guidata dal navigato leader Dave King si presenta in piena forma centrando l’obiettivo di far divertire il pubblico con la sua miscela di punk rock impregnato sino al midollo di musica celtica. Questa pozione inebriante fa effetto sin dalle prime battute della saltellante “The Likes Of You Again” nella quale dettano legge le note festaiole della fisarmonica di Matt Hensley e delle veloci svisate di violino create dalla compassata Bridget Regan. Trovano spazio nella scaletta anche le nuovissime “Revolution” e “Saints & Sinners” e “Don’t Shut ‘Em Down”, canzoni goderecce estratte dall’ultimo studio album “Speed Of Darkness” che proseguono coerentemente il percorso artistico della band intrapreso oramai da dieci anni, mentre l’esecuzione della celebre “Drunken Lullabies” si rivela una buona scusa per aprire una lattina di birra e cantare in coro il ritornello “Must it take a life for hateful eyes to glisten once again Cause we find ourselves in the same old mess Singin’ drunken lullabies”. Impagabili.

BAND OF HORSES

Con il sole ancora alto e cocente giunge il turno dei Band Of Horses, band di Seattle molto apprezzata negli Stati Uniti che dal 2006 ha prodotto tre dischi – i primi due sono usciti sotto l’egida della storica Sub Pop, mentre l’ultimo album “Infinite Arms” è stato rilasciato lo scorso anno dalla major Columbia – che testimoniano l’amore per il rock più rurale dei seventies (leggasi Neil Young), infarcendolo con lievi impennate hard, melodie southern ed introspezioni dettate da un uso frequente ma non smodato del feedback chitarristico. Tutto sommato le composizioni del cantante/chitarrista Benjamin Bridwell sono piacevoli e intriganti, ma assolutamente fuori contesto per essere apprezzate in un rumoroso festival all’aperto. Le note introspettive e melodiche di “Laredo” e i feedback dissonanti di “The Great Salt Lake” ci presentano una band oggettivamente affiatata nella quale spiccano le malinconiche corde vocali di Bridwell associati ai puntuali ricami tastieristici di Ryan Monroe che ipnotizzano soltanto uno zoccolo duro di fans assiepati sotto il palco appositamente per loro, spingendo d’altro canto una buona parte del pubblico a recarsi ai baracchini per farsi un panino e una birra in attesa del prossimo gruppo. Come il bromuro.

THE HIVES

Dalle stalle alle stelle. Questo è il primo pensiero che ci passa per la testa quando la band svedese compare sul palco, alla quale spetta il compito di rialzare il livello di testosterone del pubblico sopito con il loro elementare e chiassoso rock’n’roll. Vestiti di tutto punto con il consueto look che rimanda agli anni ’60, furbescamente supportati dal logo tridimensionale posto alle loro spalle e da un ninja (!!!) che si occupa di percuotere la sonagliera in alcuni brani, i nostri partono subito all’attacco con “Come On”, ideale scheggia punk che deflagra con “Main Offender”, coinvolgendo da subito gli spettatori. L’indubbio carisma dell’istrionico frontman Pelle Almqvist è la carta vincente di un gruppo obiettivamente ancorato su schemi compositivi dozzinali riproposti in tutti i loro album, ma che acquisiscono una notevole efficacia ed un indubbio fascino in sede live. La prestazione positiva dei The Hives è coronata da alcuni cavalli di battaglia come la verace “Die, All Right!”, il simpatico ryhthm’n’blues di “Walk Idiot Walk” ed il frizzante quattro quarti “Hate To Say I Told You So”, mentre la chiusura dello spettacolo è logicamente affidata alla mega hit “Tick Tick Boom”, accolta come manna dal cielo da gran parte dei presenti che tributano cori e appalusi a questa simpatica combriccola. Noiosi in studio, efficaci dal vivo, ci può bastare.

SOCIAL DISTORTION

Stanchi, mosci, spenti. Questi sono gli aggettivi amari per stroncare in modo drastico la performance della band californiana, visto che le aspettative per assistere ad un gig memorabile erano realmente alte. Attivi da oltre trent’anni, i Social Distortion hanno guadagnato ampi consensi ed un alone di mito nel mondo del punk rock soprattutto in sede live con show incendiari e ottimi studio album, ma evidentemente Mike Ness ha imbroccato la serata sbagliata. Complice una prestazione vocale tutt’altro che eccelsa, un’esecuzione dei brani con il pilota automatico, nonchè una scaletta parzialmente incomprensibile – dall’omonimo capolavoro del 1990 è stata eseguita “Story Of My Life” e la celeberrima cover “Ring Of Fire” di Johnny Cash, mentre dal successivo ed eccellente “Somewhere Between Heaven And Hell” sono state ripescate solo “Bad Luck” e “Ball And Chain”, trascurando un pezzo da novanta come “When She Begins”, nonchè i due ottimi singoli “Reach For The Sky” e “Highway 101” da “Sex, Love And Rock’n’Roll” – i Nostri hanno eseguito un concerto formalmente buono, ma privo di reale sostanza e adrenalina. Inoltre, i Nostri hanno comprensibilmente eseguito ben tre brani dal nuovo album “Hard Times and Nursery Rhymes”, ma soltanto “Machine Gun Blues” è riuscita temporaneamente a rinverdire i fasti adrenalinici del recente passato. Pollice verso.

IGGY AND THE STOOGES

James Newell Osterberg Jr. meglio conosciuto come Iggy Pop è una leggenda vivente che ha rivoluzionato de facto la storia del rock’n’roll. Con gli Stooges ha inventato il punk dieci anni prima della sua esplosione ed ha plasmato la new wave con “The Idiot” prima che ‘la nuova moda’ prendesse piede dopo la caduta del punk e può fregiarsi della medaglia al valore di sopravvissuto come Lemmy Kilminster e Keith Richards. Insomma, un vero artista d’avanguardia avanti di almeno due lustri, si ritrova oggi ad intrattenere (al tempo stesso cercando di non essere una ridicola macchietta) circa trentamila persone in fremente attesa per i Foo Fighters. Rispolverato il logo degli Stooges con una formazione rimaneggiata – James Williamson alla chitarra, Scott Asheton alla batteria, Mike Watt al basso e Steve Mackay al sassofono – fa letteralmente crollare la venue con un’esibizione allucinante. Balla come un indemoniato, striscia sul palco come un cane durante “I Wanna Be Your Dog” fomenta la rivolta tra il pubblico, scende dal palco verso la prima fila stringendo più mani possibili e durante l’esibizione di “Gimme Danger” fa salire alcuni fortunati sul palco e li fa cantare assieme a lui: un esempio di follia ed umiltà al tempo stesso. La doppietta “Raw Power” e “Search And Destroy” stenderebbe anche un bisonte inferocito, mentre la forsennata “1970” mescola riff heavy a sincopi di batteria che rimandano alla psichedelia più estrema. Va rimarcato che gli altri membri della band non sono così in forma, soprattutto Steve Mackay è rimasto fermo sulle proprie gambe pur svolgendo complessivamente un buon lavoro al sax, ma Williamson e Watt hanno svolto il loro compito senza alcun guizzo d’estro particolare. Certo, quando suoni con Iggy Pop rischi di essere travolto dal suo carisma, ma sarebbe sintomatica una riflessione sul chiudere dignitosamente la propria carriera. L’iguana ci concede pure un bis; spetta alla sprezzante “No Fun” chiudere uno show memorabile di un frontman dotato di un carisma inarrivabile che ad oggi non ne vuole sapere di andare in pensione. Avete presente il concetto di animale da palco?

Setlist:

Raw Power
Search And Destroy
Gimme Danger
Shake Appeal
1970
Open Up And Bleed
I Got A Right
I Wanna Be Your Dog
No Fun

FOO FIGHTERS

Dopo alcuni anni di assenza ritornano in Italia i Foo Fighters, freschi di produzione del nuovo album intitolato “Wasting Light”, il quale ha già ottenuto il primato nelle classifiche britanniche e statunitensi, raggiungendo inoltre un ottimo quarto posto nel Bel Paese. Eguagliare la tempesta ormonale prodotta dall’iguana è un’impresa impossibile, di conseguenza spetta all’ex batterista dei Nirvana trovare una valida soluzione per coinvolgere ed al tempo stesso esaltare nelle due ore a disposizione tutti i presenti. Grohl ha l’indubbio talento di sapere scrivere canzoni dotate di tutti i crismi per potere sfondare nelle chart, ma va altrettanto sottolineato che questa sera egli stesso come se fosse posseduto dal sacro furore,  si è trasformato in un protagonista eccezionale, occupandosi con disinvoltura sia delle parti ritmiche che delle trame soliste, sgolandosi con eccezionale grinta nelle parti più aggressive senza tralasciare il gusto della melodia, intepretando con pochissime sbavature i brani più radio friendly. Inoltre, ha lasciato il giusto spazio a tutti i membri della band, con una nota di merito per lo scatenato batterista Taylor Hawkins che ha pestato con precisione e potenza i tamburi del suo drum kit senza lesinare il proprio entusiasmo nel trovarsi di fronte a tutta questa folla. Lo show si apre prevedibilmente con “Bridge Burning” e “Rope”, due dei migliori brani del nuovo album, ma il bello deve ancora venire, dato che i Nostri decidono di compiere un salto nel passato eseguendo tutte le hit che hanno sfornato in quindici anni di carriera. Si spazia così senza alcuna soluzione di continuità da “The Pretender” pescata dal penultimo studio album “Echoes, Silence, Patience & Grace” fino a risalire alle origini con “My Hero” e “I’ll Stick Around”, primo singolo che fece conoscere al mondo intero la band risorta dalle ceneri dei Nirvana. Inoltre, il frontman decide di scomodare due mostri sacri del rock tributandogli due cover ad alto voltaggio: la frenetica “Young Man Blues”, scatenato rock’n’roll portato al successo dai The Who e la ruggente “Tie Your Mother Down” dei Queen, eseguita con notevole perizia ed entusiasmo. Virtù che dovrebbero avere tutti i gruppi nei confronti del pubblico pagante (qualcuno ha nominato i S.O.A.D.?), perchè la grandezza di una band non si rileva soltanto dalle copie di dischi vendute, ma anche nel sapere comunicare al pubblico le proprie emozioni senza scadere in divismi controproducenti. Futuri mostri sacri.

Setlist:

Bridge Burning
Rope
The Pretender
My Hero
Learn To Fly
White Limo
Arlandria
Breakout
Cold Day In The Sun
I’ll Stick Around
Stacked Actors
Walk
Monkey Wrench
Let It Die
Generator
Times Like These
Young Man Blues
Best Of You
Skin And Bones
All My Life
Tie Your Mother Down
Everlong


 


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