27/10/2011 - ROTTEN SOUND + AIRLINES OF TERROR + BUFFALO GRILLZ @ Traffic Live Club - Roma

Pubblicato il 28/10/2011 da

La Al Produzioni riporta in Italia nel 2011 i re del grindcore europeo, i Rotten Sound. I finlandesi avevano suonato per una manciata di date ad aprile, anche a Roma, e avevano lasciato evidentemente un ottimo ricordo se il pubblico romano ha deciso in massa di tornare a esaltarsi per la loro esplosiva miscela di grindcore a tutta velocità. La prima data di questa nuova parte del “Cursed 2011” tour va in scena proprio nella Capitale. Freschi di un trasferimento aereo i quattro finlandesi sono pronti a scatenare l’inferno al Traffic di Roma, location in periferia dove il grande impatto sonoro dell’intero bill non desterà sospetto. Una serata a grande prevalenza grindcore cui Metalitalia ha partecipato per farvi sapere com’è andata.

 

 

BUFFALO GRILLZ
Folkloristici come i rappresentanti di una piece teatrale firmata Salemme, i Buffalo Grillz salgono sul palco alle dieci in punto. La loro mise è già tutto un programma: se il leader infatti veste la maglietta del Napoli – quella di Maradona, scudettata – il bassista, dalle forme care a Botero, adopera la maschera mandibolare alla Brujeria, una giacca d’annata e una cravatta che, a comando, è capace di lampeggiare. Simpatici. Qualche secondo e la loro musica svela una cattiveria che, sì inframezzata da dialoghi frequenti con il pubblico, oramai diventato “amico” con la band per via delle sue frequenti esibizioni a Roma, spazza via il folklore e denota un grindcore di impatto ferale. Bandite le divagazioni, gli arpeggi melodici e altre soluzioni metalliche, i Buffalo Grillz sono solo riff serrati, tempo di batteria unico, ovviamente quello più veloce, e urla disumane da parte di Enrico Giannone, anche voce degli Undertakers. I Buffalo eseguono diverse canzoni, facendo il verso agli Asesino, ai Brujeria e ai Napalm Death (specie quando tirano fuori una canzone da un secondo sulla falsariga di “You Suffer”). Ottimi per riscaldare l’ambiente, dotati di un manipolo di fedelissimi che li segue e li osanna specie quando presentano la canzone “Manzo Criminale” (geni!). Importa poco dei testi politicamente scorretti. Il loro barbecue musicale è servito in venti minuti. Grindcore nella sua forma più ignorante e minimalista.

 

AIRLINES OF TERROR
Romani, anche loro dotati di un certo seguito e famosi per annoverare dietro le pelli Giuseppe Orlando dei più famosi Novembre, gli Airlines Of Terror fanno da farcitura al panino grindcore, stretti come sono fra i Buffalo Grillz e gli headliner Rotten Sound che suoneranno in seguito. La loro musica è un death thrash metal che questa sera interessa poco al pubblico, chiaramente voglioso di riff serrati, blast beat e vocals che incitino alla violenza. Non che gli Airlines siano una band soffice, ma le melodie alla sei corde questa sera sono bandite. Eseguono pezzi anche divertenti e ben scritti (“Disorient Express”), sui quali il batterista mostra le sue indubbie qualità, variando il più possibile la solfa. Ma non essendo dei fenomeni nel genere, il pubblico ne approfitta per fumarsi qualche sigaretta. A seguire i romani rimangono i fedelissimi. Mezz’ora buona di intrattenimento, tutta in attesa dei Rotten Sound. Spiace per loro, ma il pubblico freme in attesa dei finlandesi. Pur non demeritando, gli Airlines Of Terror non conquistano la grande folla.

 

ROTTEN SOUND
Un rapido cambio di palco, un check velocissimo, in tempo per far rimbombare le pareti con le note di basso e rasoiare i muri con la chitarra che suona come se fosse brandizzata McCulloch, ed ecco i quattro, fino a qualche istante prima disponibilissimi al banco merchandise con tutto il pubblico a ingurgitare birra (e il cantante non sappiamo quanta vodka), pronti a scatenare l’inferno. L’appello vede tutti presenti sotto al palco. Gli sguardi delle prime file svelano la volontà di farsi male senza neanche riscaldarsi. Partire a folle velocità per i Rotten Sound sarebbe troppo prevedibile. Ecco quindi che si inizia con “The Effects”, opener del penultimo album “Cycles” che concede una trentina di secondi mid-tempo prima di accelerare all’unica velocità padrona della serata: il blast-beat. Segue manco a dirlo “Praise The Lord” e il panico si materializza: pogo sfrenato, gente che si dimena nella maniera più strana, rapita dal sottofondo sonoro di rara virulenza. È come se il giardiniere vi stesse falciando il prato di casa costringendovi con l’orecchio vicino alle lame. È il caos nel pit. Una dopo l’altra fanno la comparsa le hit di “Cursed”, ultimo album del gruppo. “Superior”, “Alone”, la fantastica “Self” (una delle canzoni migliori mai scritte dai quattro) e la lenta ma pesantissima “Choose” dove si tira il fiato per un minuto o poco più. Non ci sono pause nello show. Il batterista dimostra una capacità di pestare duro ma anche di variare per quanto concesso nelle dure regole del genere. I Napalm Death vengono subito omaggiati con “The Kill”, cover presente su “Napalm”. Straordinaria la miscela delle canzoni dei finlandesi. Partenze secche, riff tagliati che sembrano stringerti al muro tale è l’impatto, stacchi thrasheggianti che ti fanno tirare il fiato per qualche secondo in attesa che la giostra riparta a velocità incontrollata. Non ci si aspetta niente di diverso da tutto ciò.  Il cantante – fresco di nomina come vocalist dei Nasum negli show d’addio del gruppo nel 2012 – canta alla maniera di Mika Luttinen degli Impaled Nazarene, ma accelerato dieci volte. Ottimo screamer, cerca di scherzare con il pubblico tradendo un evidente zeppola, anche se parla in inglese. “Hollow”, sempre da “Cursed”, è lenta e cadenzata, con riff lunghissimi e pesanti prima della virata thrash. Sarà, con i suoi tre minuti, neanche, la canzone più lunga dello show. E poi ancora “Corponation”, canzone di “Cycles” devastante e dove il batterista dimostra che si possono fare cose folli con il suo strumento, roba da strabuzzarsi gli occhi. Tra le altre ricordiamo anche “Colonies” e “Caste System”, altro pezzo “pausa” col suo incedere lento e danzereccio. Ma è giusto un attimo prima che tornino i blast-beat con “Nation” e altri, velocissimi brani. Il pubblico è in delirio. Gente che cerca di farsi male, che tramuta la violenza sonora che sgorga dal palco in violenza fisica, sfogandosi col vicino di turno e issando per aria il cantante quando questi scende al pulpito per cantare un brano fra la folla. I fan lo elevano a dominus della serata e cercano di portarselo via, ma Keijo Niinimaa fa cenno che i metri del cavo del microfono stanno per finire e quindi indica la via del palco. Lo stage diving è folle e i nostri, dopo mezz’ora che vale una giornata intera, tale è l’intensità sprigionata, abbandonano la scena. Con i cori e gli improperi più strani, i romani li riportano sul palco. “Two more songs”, urla Keijo. Si parte con “Sell Your Soul” e si conclude con “Burden”, i brani migliori di “Exit” che regalano gli ultimi minuti di massacro fisico al pubblico del Traffic. Concerto finito, baci e abbracci e stand del merchandise preso d’assalto. Quando si suona come si deve e si conquista il pubblico, il riscontro c’è. Roma in estasi per i Rotten Sound. Se l’America ha i Brutal Truth, l’Europa dopo i Nasum ha eletto i finlandesi come re del genere.

 

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