11/04/2011 - ROTTEN SOUND + TRAP THEM + GAZA + THE KANDIDATE – Londra @ London Underworld - Londra (Gran Bretagna)

Pubblicato il 19/04/2011 da

A cura di Luca Pessina

Uno dei tour più “ruvidi” degli ultimi tempi fa ovviamente tappa anche a Londra, in un martedì sera non troppo primaverile, a dire il vero! Rotten Sound, Trap Them e la loro agguerrita combriccola di amichetti calano all’Underworld e, richiamando un pubblico di circa trecento persone (pergiunta in un giorno feriale), dimostrano come grind e affini non siano più strettamente materia per pochi fanatici dell’underground. Più che altro, ci tocca segnalare come, per l’ennesima volta, il sesso femminile non sia praticamente presente a concerti di questo tipo: la sua popolarità sta gradualmente aumentando, ma per il momento la scena grindcore è ancora una sterminata fiera della salsiccia…

THE KANDIDATE

Causa impegni lavorativi, ci perdiamo quasi per intero la performance degli opener Haust, quartetto crust-hardcore norvegese. Riusciamo a seguire soltanto un brano, ma, come ha giustamente fatto presente un utente del nostro forum, da segnalare vi è solo l’aspetto del frontman, il quale – maglietta dei Mayhem a parte – sembra a tutti gli effetti Paulo Roberto Cotechiño, centravanti di sfondamento. Invece, assistiamo allo show dei The Kandidate sin dal principio, curiosi di ascoltare dal vivo i brani del riuscito debut “Until We Are Outnumbered”. Purtroppo, ci tocca subito riconoscere come alla band danese serva una seconda chitarra: alcuni pezzi che su disco rendono molto bene, dal vivo mancano di tiro e risultano un po’ fiacchi. Manca quella “botta” che un gruppo di questo genere dovrebbe riuscire a dare in concerto. L’ex Hatesphere Jacob Bredahl, pur debilitato dall’influenza, si conferma per l’ennesima volta un grandissimo frontman, ma il resto della lineup non si dimostra sugli stessi livelli, rimanendo un po’ in disparte e, come accennato, non riuscendo sempre a replicare l’impatto del CD, a eccezione delle notevoli “Give Up All Hope” e “In Hell”, che invece centrano il bersaglio. Da rivedere.

GAZA

Di ben altra pasta il concerto dei Gaza, che letteralmente asfaltano l’audience con una mezzora di hardcore-grind tecnico e frenetico, nella migliore tradizione statunitense del genere. Già visti di spalla ai Converge circa un anno fa, la band non ci aveva impressionato granchè, ma questa sera – su un palco più piccolo e davanti al “loro” pubblico – i quattro americani non fanno prigionieri. Prendendo le basi da quel sound tanto caro a Botch e primi Converge, i Gaza frullano mille generi estremi (evidenti anche certe virate sludge-doom) con gran disinvoltura, abbattendosi sulla folla con una ferocia inaudita. Il frontman più volte scende dal palco e aizza i fan, che di certo non hanno bisogno di ulteriori incitamenti, e quel che ne viene fuori è una bolgia infernale senza esclusione di colpi. Senza ombra di dubbio, questo è l’ambiente più consono al gruppo: palco piccolo, nessuna transenna, pubblico a ridosso dei musicisti e, soprattutto, suoni curati e potentissimi. Un’esperienza da vivere.

TRAP THEM

Si rimane su alti livelli con i Trap Them, che negli USA sono delle vere macchine da tour, mentre in Europa non hanno ancora avuto modo di esibirsi con frequenza. Si vede subito che il gruppo è molto motivato e felice di essere riuscito a tornare nel Vecchio Continente. Si stenta a riconoscere il frontman Ryan McKenney con i capelli corti, ma bastano i primi brani del set a rassicurarci: è sempre lui, pergiunta più incazzato che mai! L’ultima fatica dei nostri, “Darker Handcraft”, sta ottenendo ovunque risultati lusinghieri, quindi non stupisce che la sua tracklist venga riproposta quasi per intero, con le fantastiche “Slumcult and Gather” e “Scars Align” a far la parte del leone. Dal canto nostro, ci esaltiamo soprattutto con la cadenzata “Mission Convincers”, tratta dall’altrettanto fortunato “Seizures in Barren Praise”, che il gruppo propone verso la fine. Davvero imponente il tiro di questa canzone, che viene interpretata da tutta la band – e, in particolare, dal bassista Stephen LaCour – con un trasporto incredibile; a tratti sembra quasi che i nostri siano in preda a una crisi epilettica! Ci vuole dunque poco affinchè il pubblico si esalti e risponda con la stessa energia: pochi gli stage-dive, ma un pogo massiccio e incessante, che premia tutti gli sforzi dei quattro statunitensi. Assistiamo allo show da un lato del palco e il colpo d’occhio è davvero notevole!

ROTTEN SOUND

Quando giunge il turno degli headliner, si capisce come una fetta del pubblico fosse giunto all’Underworld soprattutto per gustarsi i Trap Them. All’attacco di “The Effects”, la sala risulta comunque piuttosto piena, ma certamente mancano all’appello qualche decina di persone rispetto alla performance immediatamente precedente. La band finlandese comunque non pare farci alcun caso… stiamo parlando di gente con anni di esperienza alle spalle, abituata a esibirsi ovunque e in qualsiasi situazione. I quattro arrivano sul palco e inseriscono il pilota automatico: point, click, grind! È un vero macello e come al solito si perde il conto dei brani proposti, perchè vengono suonati a gruppi di due/tre, senza alcuna interruzione. Ovviamente Keijo Niinimaa trova il tempo di fare due chiacchiere con i fan e di ringraziare le altre band della serata, ma si tratta di un paio di minuti all’interno di uno show di quasi quaranta. “Intensità” è la parola d’ordine e poche altre formazioni della scena grind sanno come mettere in pratica tale principio tanto quanto i Rotten Sound. La cadenzata “Choose” apre il vuoto fra le prime file, su “Targets” si arriva ai calci volanti, mentre “Western Cancer” semplicemente polverizza tutto e tutti. Ancora una volta, fa un figurone il batterista Sami Latva, capace di combinare velocità elevatissime e un groove davvero spiccato… cosa rara in questo campo. Insomma, si tratta dell’ennesimo gran concerto dei Rotten Sound. Una vera garanzia di qualità, sia in studio che sulle assi di un palco.

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