07/10/2024 - ROTTING CHRIST + BORKNAGAR + SETH @ Locomotiv Club - Bologna

Pubblicato il 12/10/2024 da

Report di Bianca Secchieri
Fotografie di Enrico Dal Boni

La stagione concertistica sta – dopo i festival estivi e un po’ di riposo – riprendendo a gonfie vele: impossibile non presenziare a questa seconda tappa italiana (dopo quella di Moncalieri la sera precedente) di un tour europeo che riunisce sullo stesso palco tre band validissime, dalla carriera tanto lunga quanto interessante.
Tre modi diversi di intendere il metal estremo e di sviluppare un sound personale, dal black metal magniloquente e tradizionale dei francesi Seth a quello contaminato da death, elementi gotici e storia antica dei greci Rotting Christ – presenti in veste di headliner – passando per le evoluzioni viking-folk e la scrittura progressive dei norvegesi Borknagar.
Un piatto ricchissimo, che infatti attira un pubblico folto ed entusiasta proveniente da tutto il nord-est come dalla Toscana e non solo, nonostante la scomodità del lunedì, tanto che la data bolognese – come già diverse altre – è andata completamente sold-out nel corso della serata.
Quando arriviamo – alle 19:00 in punto – nel parco antistante al locale c’è già una piccola coda di partecipanti. Lo ‘scoglio’ è il rinnovo della tessera per accedere al circolo, risolto comunque in maniera snella dai (ben) quattro addetti cassa, grazie ai quali riusciamo ad entrare per tempo e guadagnarci un posto con una visuale privilegiata.
Quello che segue è il racconto di tre show memorabili, graziati da suoni adeguati se non ottimi, per una serata che si è rivelata certamente meritevole di una trasferta.

La band di Bordeaux in apertura attacca puntualmente poco dopo le 19:30, un orario purtroppo un po’ infausto ma necessario a poter concludere l’evento entro un orario accettabile per chi viene da fuori Bologna. Il rovescio della medaglia è appunto che durante le prime canzoni dei SETH il pubblico è ancora abbastanza rado (ad eccezione delle prime file) e i francesi si ritrovano a suonare davanti ad una sala mezza vuota; la cosa non scompone minimamente i transalpini, che passano immediatamente all’attacco: avevamo già avuto modo di vedere in azione la band pochi mesi fa, sempre in terra felsinea, quindi eravamo preparati ad uno show intenso, e le nostre aspettative sono state confermate.
I Seth hanno alle spalle una storia travagliata, fatta di grande instabilità di line-up e una produzione che negli anni 2000 è stata buona ma non eccelsa, caratterizzata da dischi ‘nella media’ ma poco incisivi, sempre nel ricordo del debutto-capolavoro “Les Blessures De L’âme”, uscito nell’ormai lontano 1998.
E proprio alla luce di questo storico ‘difficile’, quello compiuto negli ultimi anni da Heimoth (tastiere e chitarre) e Alsvidd (batteria), gli unici due membri originari, si può definire un mezzo miracolo: nel 2021 infatti i Seth, forti di una formazione rinnovata a sei elementi, tornano alla scuderia Season Of Mist e ricominciano a cantare in francese; l’album che ne scaturisce, “La Morsure Du Christ” è un gioiello ispiratissimo e feroce, cui fa seguito il recente “La France Des Maudits”, un’altra ottima prova.

In sede live i francesi si focalizzano proprio sui lavori più nuovi e sul vecchio debut, con i due diversi corsi della band messi in connessione dai brani “Hymne Au Vampire (Acte I)” e “Hymne Au Vampire (Acte III)”, tratti rispettivamente da “Les Blessures De L’âme” e “La Morsure Du Christ”. E ancora “Métal Noir”, la canzone che mette in musica l’orgoglio della band per essere stata tra le primissime formazioni di black metal francese: c’è un’epicità dal sapore tragico e malinconico che trasuda da queste note, che è tra le principali caratteristiche del gruppo.
Altro pezzo molto intenso è “La Destruction Des Reliques”, che insieme a “Et Que Vive Le Diable !” si riconferma uno degli episodi più riusciti dell’ultimo nato, nuovamente capace di trasmettere gli echi di quella grandeur francese dai toni decadenti tipici dell’anima dei migliori Seth.
Intanto nel corso dei circa tre quarti d’ora a disposizione del gruppo il locale si va via via riempiendo: il pubblico inizia a serrare i ranghi e si dimostra carico e partecipe, favorevolmente colpito dalla proposta dei musicisti aquitani, benché il grosso dei presenti sia stato certamente richiamato dai due nomi più blasonati in cartellone.
La band appare in ottima forma, e in particolare segnaliamo la performance del frontman e cantante Saint Vincent, che appare ancora una volta perfettamente a suo agio sul palco con indosso un ricco mantello ecclesiastico – rosso bordato d’oro – replica fedele di quello indossato dalla figura mortifera ritratta sulla copertina di “La France Des Maudits”.
Il cantante, incappucciato, veste abilmente i panni del frontman, registrando al contempo una prova vocale di tutto rispetto e rivelandosi convincente nello scream vero e proprio come nelle parti più pulite, esattamente come su disco.
I suoni purtroppo sono buoni ma non eccellenti, non rendendo completamente giustizia alla complessità delle trame sonore, che avrebbero beneficiato di un pelo di nitidezza in più, soprattutto per far emergere al meglio le tastiere.
In ogni caso la performance della band è notevole e godibilissima, tanto che il nostro solo rammarico è di non aver potuto ascoltare un set più esteso.

Cambio di palco e di atmosfere: i norvegesi BORKNAGAR, co-headliner dei Rotting Christ, salgono sul palco alle 20:30 in punto davanti ad una sala finalmente completamente piena, e lentamente – ma inesorabilmente – danno vita a qualcosa di unico.
Naturalmente ci rendiamo conto che gli ultimi dischi rilasciati dalla band di Bergen non hanno trovato il favore di tutti, e che diversi tra i vecchi fan sono rimasti indifferenti – quando non delusi – dal progressivo allontanamento dal black metal epico e gelato delle origini.
Ma se il debutto omonimo e il seguente “The Olden Domain” restano delle autentiche pietre miliari del genere, più o meno tutta la carriera della band guidata dal terzetto composto da Øystein Garnes Brun (chitarra), Lars Are ‘Lazar’ Nedland (tastiere e voci) e del cantante e bassista ICS Vortex (al secolo Simen Hestnæs) è assolutamente degna di attenzione, ovviamente al netto delle sacrosante preferenze personali.
La triade composta da “Winter Thrice”, “True North” e “Fall” è quella attorno alla quale si concentra la scaletta di questo tour, il cui focus è quindi tutto sull’ultimo periodo discografico, con due sole eccezioni: “Dauden”, ripescata dal brumoso e inarrivabile debutto omonimo e “Colossus”, tratta da “Quintessence”.
Proprio quest’ultimo pezzo è il solo trait d’union che collega l’esibizione del 2024 a quella di ben dieci anni prima, ancora impressa nella nostra memoria. Rispetto ad allora oltre alla sostituzione dello storico chitarrista Jens F. Ryland (fondatore dell’Inferno Festival), l’assenza più evidente è quella di Andreas ‘Vintersorg’ Hedlund (Otyg, Vintersorg), che per quasi vent’anni ha prima sostituito e poi affiancato ICS Vortex dietro al microfono, occupandosi essenzialmente delle harsh vocals, per poi lasciare la band nel 2019.
A partire da quella data è dunque principalmente Hestnæs a dividersi tra scream e voci pulite, sebbene con il contributo prezioso di Lazar e del secondo chitarrista Jostein Thomassen, che sfoggia occasionalmente uno scream profondo e ruggente, come in “The Rhymes Of The Mountain”. Dobbiamo osservare che – nonostante il sicuro apprezzamento verso l’apporto di Vintersorg – l’attuale assetto funziona egregiamente, permettendo maggior compattezza sul palco.

I Borknagar di oggi sono quindi ancora – se non più che in passato – perfettamente a fuoco, e portano a casa una prestazione esemplare: i suoni risultano molto migliorati rispetto alla prova dei Seth, e permettono di godere appieno delle molte sfumature che caratterizzano i brani proposti: “Up North” e “Voices” hanno così una resa da brividi, con le voci cristalline di ICS Vortex e Lazar che si intrecciano e trasportano i presenti lontano, tra i fiordi ghiacciati.
L’atmosfera che i musicisti di Bergen riescono a creare è davvero suggestiva, e cattura anche alcuni tra i più scettici e ‘puristi’; l’attenzione tra il pubblico è massima, e la sala ormai gremita segue rapita una band capace di restituire raddoppiate le emozioni che sa trasmettere su disco, in un equilibrio perfetto di tecnica e sudore, fuoco della passione e neve gelata della Scandinavia, delle cui magiche atmosfere la musica dei Borknagar è impregnata.
A tal proposito dimostrano appieno il proprio potenziale anche le nuovissime arrivate “Nordic Anthem”, col suo incedere tribale che fa rivivere qualcosa della fierezza delle antiche popolazioni vichinghe, la trascinante “Moon”, con i suoi riff di chitarra irresistibili, e “Summits”, il pezzo più duro e al contempo sperimentale tra gli estratti da “Fall”.
La chiusura di un’esibizione perfetta sotto praticamente tutti i punti di vista è affidata a “Winter Thrice”, esemplare nel suo mix di scrittura progressive, suggestioni folk e metal estremo. Chapeau.

Borknagar setlist:
Nordic Anthem
The Fire That Burns
The Rhymes Of The Mountain
Up North
Voices
Colossus
Moon
Summits
Dauden
Winter Thrice

L’ultimo cambio palco si svolge tutto sommato velocemente: tutti i gruppi in scaletta hanno utilizzato una scenografia decisamente minimale, suonando semplicemente davanti ad un telone sul quale sono state proiettate immagini che riprendono le copertine degli album, via via che gli estratti si susseguivano, e i ROTTING CHRIST non fanno eccezione.
La band dei fratelli Tolis è accolta al suo ingresso da un comprensibile boato di folla: i greci sono degli habitué del nostro Paese, e il loro seguito è nutrito e caloroso (si vedano le prime file, dove viene sventolato uno striscione con il logo della band dipinto a mano, come si vedeva più spesso qualche anno fa).
Inutile dire che i quattro ateniesi ricambiano e restituiscono l’affetto del pubblico; la loro è – come sempre – una prestazione prima di tutto ‘di cuore’, motivo per il quale è impossibile non apprezzare e rispettare questi musicisti, anche laddove la stanchezza si fa sentire, ovvero nella seconda parte del set. Sakis, onesto e spontaneo fino al midollo, non ne fa mistero, comunicando al pubblico la lieve difficoltà attraverso la mimica del volto, mostrando più volte la lingua come quando si è stanchi ed accaldati.
È quasi certamente per questo che dall’encore viene tagliata “The Sign Of Prime Creation”, solitamente eseguita nel corso di questo tour: peccato, ma questa piccola delusione non va in ogni caso ad inficiare l’impressione generale, che resta intensa e granitica.

Ma andiamo con ordine: tanto cuore, dicevamo, ma anche muscoli, sudore e tecnica. L’ultima volta che avevamo visto la band in azione era stato pochi mesi prima del disastro sanitario che ha congelato per un bel po’ tutte le esibizioni live; rispetto ad allora la line-up è la stessa, con la differenza che all’epoca i due session, Kostas Heliotis e Kostis Foukarakis – rispettivamente bassista e chitarrista – erano degli assoluti novellini, mentre oggi hanno alle spalle alcuni anni di live con il colosso ellenico.
Proprio il loro apporto è risultato molto importante, soprattutto nelle backing vocals a rinforzo di Sakis, che come sempre dà tutto se stesso: il frontman appare sorridente e grintoso, sebbene (come detto) non proprio al top della forma fisica.
Nonostante questo, la band non rinuncia a proporre l’usuale cover dei Thou Art Lord “Societas Satanas”, in omaggio a questo progetto che il cantante porta avanti dai primi anni ‘90 insieme all’ex Necromantia George Zacharopoulos. Il motivo l’ha spiegato lo stesso Tolis in occasione della recente intervista pubblicata sul nostro portale, ovvero portare dal vivo un po’ di questa formazione, che non ha mai fatto tour.
È un romantico il leader ateniese, eppure picchia duro: “Societas Satanas” è il momento più thrashaggiante e tirato, e scatena l’inevitabile mosh, con un accenno di wall of death.

Più in generale, per quanto riguarda la scaletta, i Rotting Christ scelgono di dare parecchio spazio ad “Aealo”, al superbo “Κατά τον δαίμονα εαυτού” e all’ultimo uscito, quel “Pro Xristou” che ha fatto storcere il naso a molti fan di lunga data. Va detto che, almeno in sede live, le melodie di “Like Father, Like Son”, con il suo incedere granitico e solenne, e i cori malinconici di “The Apostate” fanno la loro figura, e ci indicano le caratteristiche del nuovo corso della band, più votato ai tempi medi, all’epicità, e alle suggestioni cinematografiche (non a caso l’intro del concerto è ancora una volta affidato al tema del film “300”).
I momenti migliori della serata però sono altri, dalle sferzate maligne di “In Yumen-Xibalba” alle suggestioni etniche di “Aealo” al riff irresistibile che sostiene “…Pir Threontai”, per non parlare della bellezza dei vecchi classici, si vedano le maligne “Non Serviam” e “The Sign Of Evil Existence”, che purtroppo è stata l’unica canzone tratta dal gioiello del black metal ellenico “Thy Mighty Contract”.

Da questo punto di vista la presentazione del tour quale celebrativo dei trentacinque anni di carriera dei greci avrebbe potuto far pensare – e magari sperare – in una setlist più sbilanciata verso gli album più vecchi (possibilmente con qualche chicca) ma è anche vero che la discografia dei fratelli Tolis è estremamente lunga e ampia, mentre il minutaggio a disposizione è per ovvi motivi limitato.
È anche vero che, con un album appena uscito da promuovere, un set totalmente old-school era francamente impensabile. Peccato solo non aver incluso niente dal periodo più gotico, quello di “Triarchy Of The Lost Lovers” e “A Dead Poem”, per intenderci, ma come già detto purtroppo il tempo è tiranno.
In ogni caso la prestazione dei Rotting Christ è rovente come la temperatura nel locale, che sembra alzarsi ulteriormente man mano che i Nostri macinano i propri brani. Non mancano il consueto invito di Sakis a supportare la scena locale, nè le sue proverbiali bestemmie in italiano, ma al di là di queste piacevoli note di colore i greci si dimostrano compatti e tellurici, con un’eccellente prova di tutti i musicisti, in primis il drumming implacabile di Themis.
Il concerto si chiude con l’incedere ferale e quasi animalesco di “Noctis Era”, altro brano dotato di riff assassini, che oggettivamente sono ciò che più manca alle ultime composizioni.
Per quanto ci riguarda una prova impressionante, ed un arrivederci al prossimo appuntamento.

Rotting Christ setlist:
Aealo
Vetry Zlye
Demonon Vrosis
Kata Ton Daimona Eaytoy
Like Father, Like Son
The Apostate
…Pir Threontai
Elthe Kyrie
The Sign Of Evil Existence
Non Serviam
Societas Satanas
In Yumen-Xibalba
Grandis Spiritus Diavolos
The Raven

Encore:
Noctis Era

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