A cura di Claudio Giuliani
L’ultima data del tour dei Rotting Christ si svolge a Roma, una città che greci come Sakis e compagni sentono vicina culturalmente, artisticamente e storicamente. La stanchezza accumulata in 18 date sparse per l’Europa sarà sicuramente tanta, ma l’ultima esibizione sul palco prima del rientro a casa è sempre speciale, carica di adrenalina come e forse più rispetto ai primi show della tournée. Così è a Roma dove solamente un sovraffollamento di date (e per lo show dei greci anche una sovrapposizione) non consente che l’Init sia colmo per l’esibizione dei Rotting Christ. A questo va aggiunto anche il non esaltante manipolo di gruppi spalla che hanno preceduto l’esibizione dei greci: almeno un’altra band capace di movimentare qualche fan in più avrebbe giovato all’audience generale. Lo show è iniziato nel tardo pomeriggio; noi siamo giunti quando avevano terminato la prova i gruppi locali (Darkend e Riul Doamnei) e toccava ai greci Daylight Misery aprire le danze.
DAYLIGHT MISERY
Quando entriamo nel locale hanno da poco cominciato i greci Daylight Misery. La prima impressione – non abbiamo mai ascoltato prima d’ora il gruppo – è che ci si trovi di fronte a dei giovani Rotting Christ. E forse non sono stati scelti a caso come gruppo spalla del tour. Il pubblico non gratifica la pur buona esibizione dei nostri che si muovono su coordinate assimilabili facilmente ai primi lavori degli headliner della serata. I brani sono tutti lenti, cadenzati, con molte venature doom dalle tinte oscure, come a metà fra il gotico e il black metal. Alla fine, la mezz’oretta di concerto dei Daylight Misery scorre via velocemente, segno che gli ellenici hanno qualcosa di valido da dire in ambito musicale. Un piacevole intrattenimento, quello che si chiede di fatto ad un buon gruppo di supporto.
OMNIUM GATHERUM
I finlandesi Omnium Gatherum sono degli onesti mestieranti del death melodico, band sulla scia del filone che gli Amorphis aprirono tanti anni or sono. Sebbene anche a Roma abbiano trovato un nugolo di fan pronti a sostenerli, il gruppo non è riuscito a convogliare tutto il pubblico sotto al palco. Il death degli Omnium Gatherum, su cui il cantante, abile a dimenarsi e a cercare di instaurare un feeling con il pubblico per l’intera durata dello show, grugna e urla a piacimento, coinvolge buona parte dei presenti e tutto sommato risulta godibile ai più. Le canzoni non decollano però, né quando il gruppo pesta pesantemente (a livelli thrash metal) sull’acceleratore, né quando preferisce i tempi lenti. Un bel brindisi di vodka sul finir dell’esibizione ci strappa un sorriso; manca poco all’esibizione degli headliner che potevano scegliere sicuramente qualche gruppo migliore come compagni di viaggio. Ma forse va bene così: l’attenzione e le energie del pubblico saranno tutte per loro.
ROTTING CHRIST
Come potrebbe non aprirsi il concerto se non sulle note di “Aealo”? La prima canzone dell’omonimo album violenta fin da subito l’attenzione del pubblico. Il ritmo è selvaggio, incessante, spezzato dalle melodie che il combo greco adopera per donare epicità alle sue composizioni. Neanche il tempo di rifiatare ed ecco “Eon Aenaos”, altro pezzo strepitoso estratto dal’ultimo Lp del gruppo. Proprio da quest’ultimo vengono estratti numerosi capitoli. Infatti sulla setlist troviamo ben presto “Dub-Sag-Ta-Ke”, brano battagliero, il quale non sfigurerebbe come colonna sonora di una battaglia, e “Fire Death And Fear”, un pezzo dominato da una sezione ritmica molto coinvolgente. Le nuove musiche sono alternate con altre che hanno fatto la storia del gruppo come “King Of A Stellar War” e come l’invocazione “In Domine Sathana”. Dal precedente album “Theogonia” – altra perla della discografia degli ellenici – vengono proposte “Phobos’ Synagogue” e ovviamente la velocissima “The Sign Of Prime Creation”. I Rotting Christ sono bravissimi nelle canzoni dal ritmo indiavolato ma si dimostrano maestri anche a basso regime di giri quando ad esempio le note di “Athanatoi Este” (presente sull’album del 2004 “Sanctus Diavolos”) catalizzano l’attenzione verso Sakis, capace di ipnotizzare col suo screaming sulla fantastica melodia di base. Anche per i greci è tempo di brindisi con la crew che porta sul palco un vassoio carico di shot di Vodka. Sakis prende il suo ma furtivamente lo deposita su una cassa, preferendo all’alcol un sano integratore salino. Si riparte con la brutalità di “Trasform all Suffering Into Plagues” (dall’album “The Mighty Contract”) prima che il concerto si chiuda con “Noctis Era” – ultima canzone estratta da “Aealo” – che vede Sakis chiedere l’aiuto del pubblico per rendere ancora più maestoso il ritornello. I quattro abbandonano il palco, ma non esiste che se ne vadano senza aver eseguito “Non Serviam”. Così è e dopo qualche altro minuto di verbo ellenico, con Sakis a cantare buona parte del brano con tanto di elmo, il sipario si chiude. Il tour dei greci è terminato. Ora è tempo di riposo, di ricaricare le batterie e di cominciare a pensare di fare ancora meglio di “Aealo”, se possibile.