È lunedì sera, la temperatura è crollata, piove e in città suona il classico “nome importante”: Serj Tankian che riempie l’Alcatraz fino al sold out. La scelta di chi scrive però è meno ovvia ma non difficile: chi ha già visto dal vivo i Royal Republic non vede l’ora di tornare a vederli appena possibile! In questo modo sono arrivati metà dei presenti e, dall’esito della serata al Tunnel, siamo sicuri che tutti faranno il possibile per trascinare qualcun altro al prossimo giro…
KOPEK
A scaldare gli animi, infreddoliti dopo un’attesa all’ingresso più lunga del previsto, ci pensa il power trio irlandese dei Kopek: tra rock alternativo e post grunge, la loro performance è impeccabile, esaltata dalla prova vocale di un frontman minuto ma con tanta grinta. Ci sembrano un po’ fuori posto, a dire il vero, soprattutto perché i fan dei Royal hanno voglia di ridere, ballare e divertirsi; attività ricreative impossibili da attuare al ritmo lamentoso della formazione.
ROYAL REPUBLIC
C’è grande attesa nei 20 minuti di cambio palco, anche perché i gallesi non sono riusciti ad intrattenere proprio tutti. Riusciranno i Royal Republic a gestire un concerto di piena durata, ora che “Save The Nation” è nei negozi ed esiste il materiale necessario da cui attingere? Diminuiranno i siparietti dedicati al cabaret? Il tour incessante avrà addomesticato la loro indole viscerale ed esagitata? Il concerto parte a grande velocità, come abbiamo avuto modo di sperimentare in passato. Poche interruzioni, tanta energia e scambi col pubblico ridotti al minimo. Anche la teatralità dei quattro sembra quasi incatenata nel veloce rincorrersi dei brani, come se da contratto la band avesse dovuto suonare tutti i pezzi a loro disposizione. I timori insomma cominciano a concretizzarsi quando, una volta caldi, ‘i reali’ mettono in folle, scatenando tutta la loro simpatia. Cominciamo col dire che i pezzi nuovi rendono quanto i vecchi e le iniziali “Save The Nation” e “You Ain’t Nobody” spazzano via ogni dubbio. La band tiene in scacco il locale senza soluzione di continuità, dimostrando di essere spontanea e non costruita. Solo sui 3/4 si ricicla un giochetto per coinvolgere il pubblico, il resto del cabaret è inedito e fa esplodere tutti in sonore risate. I Royal Republic divertono e, attenzione attenzione, si divertono, al contrario della moltitudine di musicisti che tira a campare e sale sul palco per timbrare il cartellino. Questo, non ci stancheremo mai di ripeterlo, è il primo motivo che li rende irresistibili e prima o poi anche l’Italia se ne renderà conto. Per farvi un esempio, lo spezzone acustico che inizia con “Walking Down The Line” è reso irresistibile dal frontman, che convince il pubblico a scatenarsi nel ballo di coppia e diventa eccezionale quando 3/4 della formazione abbandonano lo strumento e si prodigano in una versione vocale di “Addictive”, divertentissima e sensazionale (cercatela su YouTube!). Più l’atmosfera si scalda, più le versioni delle irresistibili “Tommy Gun”, “Underwear” e “Everybody Wants To Be An Astronaut” salgono e smuovono, mentre Adam raccoglie reggiseni e consacra sè stesso come nuovo idolo dei presenti. La setlist vola, l’uscita per gli encore diventa anch’essa un siparietto e pure il congedo diventa un arrivederci, con l’invito ad un afterparty aperto al pubblico nel vicino Rock’N’Roll pub. Non stiamo parlando di metallo, ne siamo consapevoli, ma siamo convintissimi che i Royal Republic possano essere un’alternativa eccellente davvero per tutti e siano in grado di oscurare tantissimi nomi blasonati sotto diversi punti di vista. Fatevi un favore, scopriteli!