22/10/2007 - Rush @ Datchforum - Milano

Pubblicato il 31/10/2007 da
A cura di Alessandro Corno
 
 
Spettacolari, estrosi, semplicemente geniali. Chi li conosce bene sa quanto unici siano i Rush, da poco ritornati sul mercato con il nuovo e ottimo “Snakes And Arrows”. Una delle più grandi rock band di sempre è passata per la seconda volta in Italia e lo ha fatto con autorità, dando vita ad un grande show sia dal punto di vista musicale che da quello scenico. Ma vediamo nel dettaglio come sono andate le cose…

RUSH

Sono le diciannove circa quando davanti al Datchforum di Assago una silenziosa e tranquilla folla si accoda davanti ai cancelli di entrata. L’atmosfera è abbastanza sobria e non si rivive certo il clima da stadio che c’è ogni qual volta gli Iron Maiden mettono a ferro e fuoco il palazzetto meneghino. Età media sopra i trentacinque anni, rocchettari d’altri tempi, gente appena uscita da uffici e fabbriche ma anche metalhead e qualche giovanissimo. Solo alcuni esempi ma che lasciano intendere quanto variegata sia la base dei fan dei Rush. Dopo un’ora abbondante di attesa davanti alla cassa accrediti arriva finalmente il momento di entrare. All’interno del forum non c’è ancora tanta gente e l’occasione è buona per accaparrarsi un posto sulla tribuna alla destra del palco. Da subito evidenti le buone dimensioni sia di quest’ultimo che dell’impianto luci e amplificazione. L’attesa cresce e lentamente la gente occupa tutti posti a sedere e tre quarti della platea, mentre l’anello superiore del palazzetto rimane chiuso per via della non esagerata affluenza. Alle nove di sera spaccate, le luci si spengono di colpo e su tre megaschermi alle spalle del palco viene proiettato un video con tanto di sottotitoli in italiano e che vede i membri stessi della band impegnati in un esilarante clip che fa da introduzione alla magnifica “Limelight”. Un inizio in grandissimo stile con uno dei migliori pezzi dello sconfinato repertorio della band canadese la quale, manco a dirlo, appare in forma smagliante. Curiosissima come sempre la “scenografia” fatta di dinosauri in miniatura e bamboline nella zona occupata da Alex Lifeson e nientemeno che dei forni con dei polli arrosto per quella di Geddy Lee. Seguono la lunga “Digital Man” ed “Entre Nous” sulla quale il trio si rende protagonista di una fenomenale parte strumentale che vale un boato del pubblico. Neil Peart è sempre un batterista senza rivali e, come il resto del gruppo, abbina una tecnica immensa ad un altrettanto notevole gusto. E dobbiamo dire che la forza dei Rush sta proprio nella capacità di scrivere canzoni dall’altissimo tasso tecnico, imprevedibili, mai scontate ma allo stesso tempo cariche di feeling e passione. Inevitabile quindi che dopo pochi minuti i fan vengano rapiti dalle emozioni che questi brani riescono a suscitare. Il palco si tinge di luci viola per “Mission” con un Geddy Lee che, impegnato anche alle tastiere, impressiona sia sugli acuti che sulle parti più atmosferiche. Seguono la più hard “Freewill”, la strumentale “The Main Monkey Business” e l’altrettanto nuovissima “The Larger Bowl”. A questo punto è ben evidente come lo spettacolo sia curatissimo anche dal punto di vista visivo, con immagini ricche di doppi sensi e significati più o meno nascosti proiettate sugli schermi a mo’ di videoclip, un lavoro di grande spessore artistico. Dopo “Secret Touch” Geddy annuncia un pezzo da Hemispheres, sale un’ovazione e parte “Circumstances”, seguita da “Between The Wheels” e “Dreamline” sulla quale si accende un impressionante gioco di luci fatto di laser verdi riflessi da specchi posizionati sulle assi del palco. Dopo un quarto d’ora di intervallo il trio rientra alla grande con una serie di ottimi pezzi dall’ultimo disco dai quali spiccano la stupenda “Far Cry” e l’emozionante “Workin’ Them Angels” con le note di un bouzouki suonato da Alex. Geddy ringrazia più volte il pubblico, il quale non può che rispondere a suon di applausi e grida. Il tempo scorre veloce tra brani come “Natural Science” e “Witch Hunt”. Uno dei momenti più attesi è senza dubbio il solo di Neil Peart, come al solito impressionante al comando della sua batteria che a metà assolo ruota di 180 gradi e permette a Neil di incantare con un drumkit elettronico. Ci si avvia verso la fine con un’acclamatissima “The Spirit Of Radio” che vede anche l’ingresso di un tizio vestito da pennuto intento a cucinare i polli alle spalle di Lee. Un filmato con i personaggi di South Park introduce “Tom Sawyer” e la soddisfazione si stampa sulle facce dei presenti. La band saluta tutti, ben conscia del fatto che nessuno si schioda dalla propria sedia. Dopo pochi istanti il gruppo rientra per il gran finale con “One Little Victory”, “A Passage To Bangkok” e l’immancabile “YYZ”. A questo punto, a circa tre ore dall’inizio, le luci del palco si spengono sul serio e ci si avvia verso l’uscita tra i commenti di fan a dir poco soddisfatti, anche se resta qualche rimpianto per l’assenza di brani storici come “2112” o “Working Man”. Un concerto memorabile e difficilmente descrivibile offertoci da una band che ha saputo e sa ancora mettere la tecnica al servizio della musica, dell’arte. Assolutamente insostituibili.
SETLIST:

Setlist 1:

Intro
Limelight
Digital Man
Entre Nous
Mission
Freewill
The Main Monkey Business
The Larger Bowl
Secret Touch
Circumstances
Between The Wheels
Dreamline

Intervallo

Setlist 2:

Intro
Far Cry
Workin’Them Angels
Armor And Sword
Spindrift
The Way The Wind Blows
Subdivisions
Natural Science
Witch Hunt
Malignant Narcissism
Drum Solo
Hope
Distant Early Warning
The Spirit Of Radio
Tom Sawyer
One Little Victory
A Passage To Bangcock
YYZ

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