Live report a cura di Luca Paron
Reduci dal discreto successo ottenuto con “Endgame”, disco dell’anno scorso che ne ha riportato in alto il nome e la reputazione, i Megadeth di Dave Mustaine e, nuovamente, Dave Ellefson, tornano in Italia con la scusa di celebrare il ventennale di “Rust In Peace”, per un trittico di date in strutture di media dimensione. Se paragonate alle venue di qualche annetto fa, probabilmente c’è ancora da lavorare parecchio per ritornare agli “antichi fasti”, ma la band pare motivata e l’entusiasmo dei fan pervenuti non lascia dubbi sul posto d’onore che gli americani ancora occupano nel cuore dei metalkid italici. Ottima idea anche completare il bill delle serate con due glorie del bel paese come Sadist e Labyrinth: i primi da poco sul mercato con “Season In Silence” e i secondi in procinto di rilasciare il secondo capitolo di “Return To Heaven Denied”. Si spengono le luci, delirio in sala, cala il sipario…
SADIST
Ogni volta che si assiste a uno show dei nostrani Sadist la domanda che prima tra tutte salta in mente è la seguente: “Ma quante braccia ha Tommy Talamanca?”. Usa forse una terza appendice spirituale che crea tramite la meditazione ascetica? O forse e più semplicemente alcune parti del suo corpo (ad altezza tastiera…) sono dotate di funzioni precluse a noi comuni mortali? Se la disquisizione rimane aperta e il dubbio sull’argomento resta, l’unica cosa certa è che Trevor, Tommy e soci spaccano di brutto come sempre, riproducendo fedelmente quanto proposto su disco con perizia e partecipazione. Partenza a razzo con i primi quattro pezzi del nuovo album, poi i classici “Sometimes They Come Back”, “Tribe” e “Christmas Beat” oltre alla meno intensa “Tearing Away”. La folla è in delirio e a gran voce chiede il bis, ovviamente non possibile per ragioni di tempo, ma i liguri hanno lasciato il segno ancora una volta.
LABYRINTH
La band non ce ne voglia ma… Avete presente i Bee Hive? Ok, mancano del tutto capelli blu cotonati, cori da teenager in piena fase ormonale e spandex rosa schocking, ma quelle camicie al vento su petti perfettamente depilati fanno tanto pop ’80! Solo una sensazione personale, perché nella pur breve durata dell’esibizione (trenta minuti, meno dei Sadist. Come mai così poco?), trovano comunque spazio le risalenti “Chapter 1” e “In The Shade”, gli estratti da “Return…” come “Moonlight” e “New Horizons” e la nuovissima “A Change”, dritta dritta dal nuovo cd in uscita a giugno e qualitativamente sulla falsa riga dei pezzi del primo capitolo. Peccato che, come detto, la pur buona prestazione, e diremmo ottima sui pezzi di “Return…”, sia durata troppo poco per infiammare gli animi dei presenti. Da risentire con un set più sostanzioso.
MEGADETH
Che megaDave si sia innervosito quando è arrivato all’Estragon e ha visto come non si trattasse di un bel palazzetto ma solo di un club sotto un tendone, per quanto capiente? Chi lo può sapere. Se è successo, complimenti al suo (non rinomato) self-control e alla band intera, che ha fornito una prova pazzesca lungo tutte le 19 canzoni suonate. Si sapeva che il fulcro dello show sarebbe stato l’intero “Rust In Peace”, che usciva giusto venti anni fa e che ogni fan aspettava con l’acquolina in bocca: eseguito a metà scaletta, senza praticamente pause, ha infatti mandato in visibilio totale l’intera audience, con pezzi probabilmente eseguiti per la prima volta in questo tour. L’intesa col figliol prodigo Ellefson forse è ancora da ritrovare appieno, mentre la divisione delle parti chitarristiche col soprannaturale Chris Broderick (tanto di cappello!) è stata pressoché perfetta (se fossimo cattivi citeremmo qualche disattenzione su “A Tout Le Monde”, ma non lo facciamo…). Detto che se non c’è stato sold out, poco è mancato, e che fuori dall’Estragon fanno la peggior piadina che essere umano possa mangiare (per Dio! Cacciate quel baracchino!), i presenti hanno potuto anche beneficiare dei soliti immancabili classici elargiti dai Megadeth: in ordine sparso le varie “Wake Up Dead”, “In My Darkest Hour”, “Sweating Bullets, “Symphony Of Destruction” e “Peace Sells” non hanno fatto prigionieri, e anche l’accoppiata d’apertura di “Endgame” composta da “Dialectic Chaos” e “This Day We Fight!” si è fatta onore. La coda di “Holy Wars… The Punishment Due” chiude nel migliore dei modi un ottimo concerto, dopo il bis consistente in “Trust” e nella citata “Peace Sells”, accontentando tutti e lasciando la speranza che nel 2012, quando saranno vent’anni anche da “Countdown To Extinction”, la celebrazione continui…
SETLIST
1. Dialectic Chaos
2. This Day We Fight!
3. Wake Up Dead
4. In My Darkest Hour
5. Holy Wars… The Punishment Due
6. Hangar 18
7. Take No Prisoners
8. Five Magics
9. Poison Was the Cure
10. Lucretia
11. Tornado of Souls
12. Dawn Patrol
13. Rust in Peace… Polaris
14. Headcrusher
15. Sweating Bullets
16. A Tout Le Monde
17. Symphony Of Destruction
Encores:
18. Trust
19. Peace Sells