Report a cura di William Crippa
Fotografie di Francesco Castaldo
Arriva in Italia il tour degli amatissimi Sabaton a supporto del recente “The Last Stand”, a conti fatti uno dei top album del 2016. Assieme agli svedesi, sempre autori di prestazioni clamorose e capaci di numeri notevoli quando si parla di fan, una coppia di veri assi, ovvero gli storici Accept di Wolf Hoffmann e Mark Tornillo, sempre apprezzatissimi nel nostro paese, ed i Twilight Force, ‘next big thing’ in ambito power ed appena apprezzati sul palco dei Sonata Arctica. Al nostro arrivo il locale è già pieno e l’attesa per le esibizioni è forte e concreta. Il pubblico è molto vario, si passa dal metallaro stagionato al ragazzino adolescente, e non è difficile indovinare dalle magliette sfoggiate per quale band ogni fan stasera è presente, Accept o Sabaton. Il palco è già pieno di materiale scenico e colpisce il vedere la batteria e le tastiere dei Twilight Force relegate in un angolo, tanto che non è difficile indovinare in quanto spazio la band di apertura si esibirà. Arrivano presto le 19:30 e le luci si spengono per l’inizio della serata.
TWILIGHT FORCE
Un’occasione persa, ecco cosa è stata questa data italiana per i Twilight Force. Limitata in pochissimo spazio a causa delle scenografie di Accept e Sabaton già montate sul palco (spesso scambiandosi posizione i membri del gruppo si urtavano tra loro) e penalizzata da un suono non ottimale, la band svedese perde tutta la sua credibilità, scatenando risa e sorrisini tra il pubblico, ed apparendo poco più che un gruppo di clown in costume medievale. Eppure chi li ha visti qualche mese fa sulle assi dell’Alcatraz a supporto dei Sonata Arctica ricorda bene di che incendiarie performance Chrileon e compagni sono capaci. La presentazione da parte del cantante ‘We are Twilight Force and we play adventure metal’ alza più un boato di scherno che altro, eppure il sestetto di Falun ce la mette tutta per infiammare la venue, presentando i migliori brani a repertorio. Oltretutto, guardandoci attorno, non ci è sembrato di notare qualcuno che conoscesse la band se non per sentito dire, ad eccezione di due ragazzine scalmanate armate di spade finte all’estremo sinistro del palco. A fine esibizione giusto qualche applauso di rito e cortesia e poco più. Peccato, davvero un’occasione persa; da rivedere in condizioni più favorevoli.
ACCEPT
Giungono rapidamente le 20.30 e viene scoperta l’imponente scenografia degli Accept, davvero degna di un tour da headliner. “Stampede” e “Stalingrad” dal nuovo corso introducono al meglio lo show, ma è con “Restless And Wild” che si solleva il primo vero boato di approvazione nel locale. Moltissimi presenti sono qui solamente per i tedeschi e non fanno mancare il proprio supporto alla band. “London Leatherboys” colpisce duro, introdotta dal solo basso di Baltes, così come la recente “Final Journey”, che scatena un gran mosh ed un grandioso coro nella sua parte classicheggiante. Il gruppo è in grande spolvero, partendo dai nuovi innesti, Uwe Lulis alla chitarra e Christopher Williams alla batteria, ma sono Hoffmann e Baltes i veri mattatori, capaci da soli di tenere in pugno il pubblico; e Tornillo? Be’, dal vivo di voce non ne ha propriamente da vendere, fatto risaputo, ma ci prova e qualche volta ci riesce, e questo i fan lo apprezzano. “Princess Of The Dawn” manda la venue in visibilio, prima che una furiosa “Fast As A Shark” annichilisca tutto il Live. Il tempo a disposizione degli Accept è limitatissimo, ma mancano ancora una coppia di assi da lanciare, ed il primo risponde al nome di “Metal Heart”, con grandi cori a supporto del pezzo. “Teutonic Terror” è un vero muro d’acciaio, ma nulla a confronto della conclusiva “Balls To The Wall”, vero inno di ogni metallaro che si rispetti, che viene cantata a squarciagola da un pubblico ormai impazzito di gioia. Gli Accept come sempre hanno fatto gli Accept, con una prestazione assolutamente maiuscola, chitarre taglienti ma capaci di creare un muro sonoro spaventoso ed una sezione ritmica assolutamente terremotante. Ai Sabaton l’arduo compito di non essere da meno.
SABATON
Finalmente viene scoperto il palco degli headliner, maestoso davvero. Le aste dei microfoni sono sostituite da fucili ai quali sono appesi elmetti militari, granate e piastrine, ed in secondo piano una serie di barriere antiproiettile con l’enorme pedana della batteria a forma di tank al centro dello stage. Parte la cover di “In The Army Now” dei Bolland & Bolland, una delle bonus track di “Carolus Rex”, con due figuranti travestiti da soldati sminatori che fingono di setacciare il palco in cerca di ordigni, angle tirato forse troppo per le lunghe. Finalmente si abbassano le luci, e l’intro “The March To War” porta alla catchphrase attesa ‘Alright Milano, we are Sabaton, we play heavy metal and this is ‘Ghost Division’!’, che apre ufficialmente il concerto. Concerto che si tinge immediatamente di tinte epiche, quando Joakim Broden invita tutti all’urlo tipico degli spartani, quell’Uh-ah Uh-ah che introduce la grandiosa “Sparta”, opener di “The Last Stand”, per lasciare spazio poi a “Blood Of Bannockburn”. È il momento di presentare l’ultimo innesto nella band, il corpulento chitarrista Tommy Johansson, che con il cantante dà vita ad un siparietto agghiacciante, dimostrando una buona conoscenza della lingua italiana e delle parolacce tricolori; al chitarrista viene offerto di scegliere il brano seguente, e la scelta cade su “Swedish Pagans”, iniziata propo da Tommy in solitaria. In rapida sequenza senza alcuna sosta arrivano le recenti “The Last Stand”, “Carolus Rex” e, dal classico “Art Of War”, “Union (Slopes Of St. Benedict)”. Il pubblico impazzisce letteralmente ed i cori all’indirizzo della band arrivano con grande generosità ogni qualvolta l’azione sul palco si interrompe, anche se solo per pochi istanti. La formazione svedese dal canto suo è solida e compatta e suona alla grande, ma non manca di intrattenere con pose e versacci i fan; va segnalato un Joakim Broden ingrassato ed appesantito, non particolarmente in forma dal punto di vista vocale ma sempre estremamente mobile sullo stage, impegnato continuamente a correre a destra e sinistra per aizzare la venue. “The Lion From The North” è apprezzatissima e cantata a pieni polmoni dai presenti, così come “The Lost Battalion” e “Far From The Fame”, con un pubblico che mostra di essere davvero preparato e di conoscere il testo di ogni singolo brano proposto. Viene portata sul palco una tastiera e scatta un altra gag tra Broden e Johansson, nuovamente in italiano, che si conclude in grasse risate quando il chitarrista parte con l’esecuzione di “Una Canzone D’Amore” degli 883; il momento invece è serio visto che la canzone in arrivo è nientemeno che “The Final Solution”, brano tristissimo sull’Olocausto, eseguito dalla band in versione acustica. Il tutto torna in caciara quando Broden imbraccia la chitarra ed annuncia l’inizio del tributo a Michael Jackson, eseguendo il riff di “Beat It”, per virare poi a “Resist And Bite”. ”Night Witches” e “Winged Hussars” portano alla pausa. L’encore si apre con l’attesissima “Primo Victoria”, che con “Shiroyama” e “To Hell And Back” porta alla conclusione del concerto, con i Nostri che si radunano a centropalco per la foto di rito. Che dire per concludere? Al solito musicalmente grandi, grandissimi Sabaton, capaci di infiammare ogni volta i fan, anche se gli angle simpatici sono apparsi fin troppi e troppo sciocchi, complice l’ottima conoscenza della lingua italiana del nuovo chitarrista; soprattutto non è sembrato opportuno il calo di tensione in prossimità di “The Final Solution”, vero climax di intensità nello show. I brani dal nuovo album sono apparsi solidi ed in linea con la precedente produzione, anche se si nota sempre un certo gap tra i pezzi tratti da “Carolus Rex” e quelli presi dagli altri album. Da ricordare, concludendo, anche l’ennesima grande performance degli Accept e la delusione per l’occasione persa dai Twilight Force.