Report a cura di Roberto Guerra
Oggi, dopo un po’ di tempo dall’ultima volta, parliamo semplicemente di heavy metal nudo, puro e inossidabile, con una particolare attenzione rivolta a quello più old school, di provenienza tipicamente britannica, dei leggendari Satan. Si tratta di una band ritenuta tra le più sottovalutate di quella che era la famosa New Wave Of British Heavy Metal, caratterizzata in questo caso da una formazione ancora insieme nonostante i tanti anni passati dal periodo d’oro dell’heavy metal made in UK. Insieme a loro, troviamo ben due realtà provenienti dalle fredde terre svedesi: con vent’anni esatti di carriera sulle spalle, i Ram rappresentano l’ospite speciale previsto per la serata, mentre saranno invece i meno navigati Screamer a dare il via alle danze in quel dello Slaughter Club di Paderno Dugnano. Naturalmente, in una serata di questo tipo non può mancare una postazione, decisamente ben fornita, in cui acquistare cd e vinili nell’attesa di poter udire i primi granitici riff di chitarra previsti per un gig in cui non mancheranno le sorprese, così come qualche lieve delusione dovuta a motivazioni più o meno varie. Buona lettura!
SCREAMER
Attivo da più o meno una decina d’anni, questo quintetto di defender può vantare ben tre full-length già disponibili sul mercato, nonché un numero non indifferente di apparizioni all’interno di bill di eventi dedicati alle proposte di genere heavy metal più o meno giovani. L’inizio del loro concerto, con il brano “Demon Rider”, appare più interessante di quanto fosse possibile aspettarsi, tanto da far rimanere letteralmente spiazzati molti dei presenti grazie a un songwriting essenziale e piuttosto derivativo, ma anche dannatamente esaltante e d’impatto, nonostante alcune leggerezze di esecuzione in fase solista. La striscia positiva prosegue con “Adrenaline Distractions” e “Slavegrinder”, anche se col maturare dello show si inizia a percepire un progressivo appiattimento della formula, col conseguente risultato di giungere alle battute finali con ben pochi spunti accattivanti identificabili. Si potrebbe dire che sia stato commesso un errore relativamente diffuso tra le band magari dotate di buone capacità, ma ancora sprovviste di quel piglio necessario a spiccare all’interno del sottobosco: ovvero l’aver sparato tutte le cartucce migliori nella prima metà della setlist, finendo col ridurre la seconda a un puro e semplice proseguimento poco efficace di quanto ben seminato all’inizio. Nonostante ciò, un discreto applauso non si può negare a questi ragazzi, che comunque dimostrano di avere passione e di amare davvero ciò che fanno; ci auguriamo che, in futuro, ciò possa portarli ad ingranare una marcia in più rispetto al livello attuale appena discreto. Noi, comunque, un dischetto glielo abbiamo comprato lo stesso.
Setlist:
Demon Rider
Adrenaline Distractions
Slavegrinder
Lady of the Night
Monte Carlo Nights
Ride On
On My Way
Phoenix
Highway Of Heroes
Can You Hear Me
RAM
In maniera quasi opposta rispetto a chi è venuto prima, il concerto dei connazionali Ram non parte proprio nel migliore dei modi: con una “Awakening The Chimaera” un tantino intasata e caratterizzata da dei volumi decisamente non ben calcolati. Per fortuna la situazione viene aggiustata piuttosto rapidamente, in tempo per l’esecuzione delle note “Flame Of The Tyrants” e “On Wings Of No Return”, due degli estratti più apprezzati di questa formazione nord europea a base di pelle, acciaio e espressioni furenti. Il corpulento frontman Oscar Carlquist incarna infatti il tipico di esempio di frontman heavy metal serio e concentrato nella propria interpretazione, con ben poco spazio lasciato ai sorrisi e all’ironia adottata da molti colleghi, anche se non si può certo dire che manchi l’interazione col pubblico. Mettendo da parte una presenza scenica che può piacere o meno, musicalmente bisogna dire che lo show dei Ram si mantiene su livelli di esaltazione davvero altissimi, con un susseguirsi di brani ispirati, fomentanti e ad alto contenuto metallico; su tutti citiamo le adrenaliniche “Eyes Of The Night” e “Sudden Impact”, insieme alle più oscure “Gulag” e “The Usurper”. Dopo l’ignorantissima “Infuriator”, i Ram si congedano consapevoli di aver fornito uno spettacolo tirato e divertente, perfettamente in linea con quello che una heavy metal band di serie A dorebbe fornire. Ora, tutti pronti per un viaggio in Inghilterra!
Setlist:
Awakening the Chimaera
Flame of the Tyrants
On Wings of No Return
Gulag
Return of the Iron Tyrant
Eyes of the Night
The Usurper
Sudden Impact
Machine Invaders
Infuriator
SATAN
Con un inizio metallico e fiammeggiante a base di “Trial By Fire” e “Blades Of Steel”, fanno il loro ingresso sul palco dello Slaughter Club gli headliner della serata, come sempre rappresentati dal carismatico frontman Brian Ross. La risposta del pubblico, nonostante qualche leggerissimo problema di equalizzazione sonora, soprattutto nelle file più distanti, appare sin da subito coinvolta e adeguatamente partecipe; pur raffreddandosi lievemente in concomitanza dei numerosi estratti dall’ultimo album “Cruel Magic” e in generale dal periodo più recente della band britannica. Era piuttosto prevedibile che le attenzioni maggiori fossero tutte per i richiami a quel capolavoro indiscusso che è ancora oggi “Court In The Act”, anche se certe richieste pressoché continue da parte di alcuni membri del pubblico si sarebbero potute anche evitare. Nessuno può sostenere che a livello esecutivo ci sia chissà che cosa da criticare, dato che l’intera line-up dei Satan appare decisamente in serata e dotata di una dose di grinta che potrebbe fare invidia a una band di ventenni; lo stesso Brian Ross riesce ancora a sfruttare al meglio il proprio timbro, da sempre focalizzato su delle tonalità medie accattivanti e ben interpretate. Per quanto riguarda la presenza scenica ci sarebbe da fare un discorso a parte: la simpatia del suddetto frontman non si può mettere in discussione, così come la sua peculiare aura da uomo inglese tutto d’un pezzo, anche se saremmo ipocriti a non riconoscere l’eccessiva lunghezza di certe pause, così come di alcuni sproloqui che farebbero invidia persino a Joey De Maio, facendo risultare l’intera esibizione un po’ troppo frammentata e diluita a suon di parole e discorsetti vari. Ciò nonostante, il coinvolgimento derivato dalla scaletta odierna risulta percepibile durante ogni singolo estratto: in particolare l’encore, composto dall’accoppiata “Heads Will Roll” / ”Kiss Of Death” e dalla conclusiva “Alone In The Dock”, permette a chiunque di concludere la serata in bellezza, nonostante il più di un occhio chiuso per la questione delle pause parlate. Poco altro da scrivere, dato che comunque stiamo parlando di heavy metal, il che dovrebbe già essere sufficiente per ritenere degne di ben più di un’attenzione serate come questa, soprattutto in compagnia di una band che, nonostante la carriera piuttosto scostante, rimane comunque parte integrante di un vero e proprio fenomeno di culto.
Setlist:
Trial by Fire
Blades of Steel
The Doomsday Clock
Twenty Twenty Five
The Devil’s Infantry
Into the Mouth of Eternity
Break Free
Ophidian
Siege Mentality
Cruel Magic
Incantations
Legions Hellbound
Testimony
Heads Will Roll
Kiss of Death
Alone in the Dock